Numeri che parlano da soli

Che cosa ci dice il collocamento ok del Btp a 50 anni

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Il Mef ha annunciato il collocamento, tramite un sindacato di banche, di 5 miliardi del nuovo BTP a 50 anni, scadenza marzo 2072 e tasso al 2,17%: il titolo ha ricevuto ordini per 64 miliardi. Mentre il Recovery Fund… Il corsivo di Giuseppe Liturri

 

Il ministero dell’Economia ha annunciato questo pomeriggio l’emissione ed il collocamento, tramite un sindacato di banche, di 5 miliardi del nuovo BTP a 50 anni, scadenza marzo 2072 e tasso al 2,17%. Tale titolo ha ricevuto ordini per 64 miliardi.

Ordini per 66 miliardi sono arrivati anche per il BTP a 7 anni, emesso per 7 miliardi al tasso del 0,36%.

Sono numeri che parlano da soli e raccontano una storia che dovrebbe essere normale: quella di uno Stato, seconda potenza manifatturiera d’Europa, che accede ai mercati finanziari sfruttando l’abbondanza di liquidità e la fame di rendimenti.

È facilmente prevedibile che una quota consistente di quei titoli finiranno nei prossimi giorni in portafoglio alla BCE/Bankitalia, altrettanto affamate di titoli pubblici da acquistare nell’ambito del programma PEPP, che 

Il Mef ha annunciato il collocamento, tramite un sindacato di banche, di 5 miliardi del nuovo BTP a 50 anni, scadenza marzo 2072 e tasso al 2,17%: il titolo ha ricevuto ordini per 64 miliardi. Mentre il Recovery Fund

Il ministero dell’Economia ha annunciato questo pomeriggio l’emissione ed il collocamento, tramite un sindacato di banche, di 5 miliardi del nuovo BTP a 50 anni, scadenza marzo 2072 e tasso al 2,17%. Tale titolo ha ricevuto ordini per 64 miliardi.

Ordini per 66 miliardi sono arrivati anche per il BTP a 7 anni, emesso per 7 miliardi al tasso del 0,36%.

Sono numeri che parlano da soli e raccontano una storia che dovrebbe essere normale: quella di uno Stato, seconda potenza manifatturiera d’Europa, che accede ai mercati finanziari sfruttando l’abbondanza di liquidità e la fame di rendimenti.

È facilmente prevedibile che una quota consistente di quei titoli finiranno nei prossimi giorni in portafoglio alla BCE/Bankitalia, altrettanto affamate di titoli pubblici da acquistare nell’ambito del programma PEPP, fino a marzo 2021 ha visto acquisto di titoli italiani per 157 miliardi, di cui 21 nell’ultimo bimestre.

A fronte di questa imponente ed immediata disponibilità finanziaria utilizzabile, senza condizioni di sorta e senza presentare piani la cui gestazione sta richiedendo mesi, la spesa per investimenti del nostro Paese è invece impiccata ad un farraginoso e lentissimo strumento che va sotto il nome di Recovery Fund o Next Generation UE (NGEU). Annunciato a maggio 2020, concordato tra i leader europei a luglio, ed ora perso nelle nebbie di un laborioso processo di ratifica da parte dei Parlamenti dei 27 Stati membri. Con la Germania momentaneamente bloccata dalla propria Corte Costituzionale e la Polonia che rischia una crisi di governo.

Denaro, quello del NGEU – che arriverà tardi (se arriverà) ed è caratterizzato da enormi complessità burocratiche e procedurali e condizionato al rispetto di regole macroeconomiche ormai vecchie e recessive come il Patto di Stabilità – che ha un costo per il nostro Paese nettamente superiore al pur esiguo tasso di interesse che pagheremo per rimborsare i prestiti alla UE o ai contributi che verseremo alla UE dopo il 2027 per rimborsare i sussidi.

Un costo, al confronto del quale il 2,17% del Btp a 50 anni senza condizioni sembra un regalo.

di 

… Il corsivo di Giuseppe Liturri 

https://www.startmag.it/economia/che-cosa-ci-dice-il-collocamento-ok-del-btp-a-50-anni/

I TITOLI DI STATO ITALIANI CONTINUANO AD ANDARE A RUBA: PERCHÉ IL GOVERNO NON LI COLLOCA?

I TITOLI DI STATO ITALIANI CONTINUANO AD ANDARE A RUBA: PERCHÉ IL GOVERNO NON LI COLLOCA?

Le manifestazioni in tutta Italia di imprenditori e liberi professionisti ci stanno dicendo una cosa ben precisa: gli aiuti dello Stato sono insufficienti.

I dati che confermano l’inadeguatezza dell’intervento statale

E in effetti dall’inizio dell’emergenza sanitaria ad oggi il quadro del Paese che emerge dai dati dell’ISTAT è impietoso. Più di 70.000 aziende hanno chiuso i battenti nel 2020 e si prevede che quasi 20.000 di queste non riapriranno più.

Per i dipendenti la situazione è ancora più grave perché nell’ultimo anno quasi un milione di persone sono diventate disoccupate. Questo avviene nonostante il blocco dei licenziamenti e a dispetto delle promesse dell’ex Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. L’assenza di sostegno adeguato da parte dello Stato è dovuta ad una reale scarsità di risorse oppure si tratta di una deliberata scelta politica?

I titoli di Stato italiani vanno a ruba

Per rispondere potrebbe essere interessante osservare le aste dei titoli di Stato italiani, quel meccanismo che permette al Paese di raccogliere soldi sul mercato. Soldi che poi dovrebbero servire proprio per interventi pubblici come il sostegno alle imprese.

Bene, dal 5 gennaio ad oggi si è registrata una domanda per i titoli di Stato italiani, Btp che vanno dai 7 ai 50 di scadenza, per un totale di quasi 400 miliardi di dollari. Una domanda importante che certifica come gli investitori internazionali ritengano i nostri titoli molto affidabili ed appetibili, oltre a ritenere l’Italia un Paese in piena capacità di solvenza verso i creditori.

Tuttavia a fronte dei 400 miliardi richiesti, il Dipartimento del Tesoro italiano ha proceduto ad una collocazione dei titoli decisamente timida. Da gennaio ad oggi sono stati collocati Btp per un valore di appena 45,5 miliardi, che equivalgono ad appena l’11% della domanda ricevuta.

E tale andamento è stato confermato anche nell’asta più recente, quella del 7 aprile, durante la quale sono stati richiesti 130 miliardi di euro, ma il Tesoro ne ha collocati solo 12.

L’occasione persa da parte del Tesoro italiano

Certo è quasi impossibile che un asta di titoli di Stato porti alla vendita di tutto quanto viene richiesto dal mercato. Ci sono tanti fattori da considerare, come per esempio un’offerta per i Btp ritenuta inadeguata da parte del Tesoro italiano.

Tuttavia non si può non considerare la costante tendenza a centellinare queste possibili entrate in un momento in cui i soldi in circolo possono fare la differenza per il futuro di un’azienda o di un lavoratore.

Inoltre il Dipartimento del Tesoro dovrebbe considerare la particolare congiuntura storica che permette oggi ai titoli italiani di essere così appetibili sul mercato e che potrebbe non durare a lungo.

La grande richiesta dei Btp è infatti in parte anche dovuta al programma straordinario di acquisto dei titoli di Stato da parte della BCE. In pratica l’istituto di Francoforte sta comprando importanti quote dei debiti pubblici dei Paesi membri, favorendo così la diminuzione dello spread e la conseguente appetibilità dei titoli italiani. Questo programma però non sarà eterno e una sua prossima conclusione potrebbe causare la fine della corsa ai Btp.

I motivi dietro alla timidezza del MEF

Perché quindi il Dipartimento del Tesoro sceglie così di non sfruttare pienamente questa situazione?

Forse perché si preferisce aspettare le risorse del Recovery Fund, se mai arriveranno, piuttosto che fare da sé, o forse perché si vuole applicare quella ricetta economica che Draghi ha espresso in un documento del Gruppo dei 30 e che porterà alla fine dei sostegni per quelle imprese che non saranno riuscite a riadattarsi al nuovo contesto economico.

In ogni caso i pochi sostegni alle imprese, l’abbandono dei liberi professionisti e i posti di lavoro persi sembra siano il risultato di una precisa scelta politica. E allora sarebbe giusto che di fronte alle ondate di proteste gli autori di questa scelta si assumano pubblicamente la loro responsabilità.

https://www.byoblu.com/2021/04/08/i-titoli-di-stato-italiani-continuano-ad-andare-a-ruba-perche-il-governo-non-li-colloca/ 

 

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