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Solo Alesina e Giavazzi non se ne sono accorti

I (troppi) falsi miti di Alesina e Giavazzi su spesa e debito. E sul Giappone

Alberto Alesina e Francesco Giavazzi hanno scritto un editoriale sul Corriere a favore dell’austerità, citando come esempio da non seguire il Giappone, che ha un enorme debito pubblico come noi. Vorremmo sommessamente e citando dati e fatti, farli educatamente a pezzi.

C’è chi pensa che l’unico modo per far quadrare i conti sia lasciare crescere il debito pubblico. Il debito, dicono, è un falso problema, uno spauracchio inventato per imporre l’austerità. Citano il Giappone … ma moltiplicare di oltre tre volte il debito non è servito ad evitare una stagnazione peggiore della nostra … In questo trentennio il reddito giapponese è salito in media dell’1 per cento l’anno, mezzo punto meno che nei Paesi dell’euro dove il debito pure è aumentato, ma di soli 20 punti (dal 65 all’85 per cento). Da quando è nato l’euro il Giappone è cresciuto in media dello 0.7 per cento contro l’1.3 nell’ area dell’euro”.
Il reddito procapite dei giapponesi non ha mai smesso di aumentare e supera quello dei tedeschi.
Questo aumento del reddito è continuato nonostante il Giappone abbia debito pubblico al 230% contro il 60% della Germania. Alesina e Giavazzi affermando che il Giappone è in una “stagnazione peggiore della nostra” a cosa di preciso si riferiscono?
Il Giappone è cresciuto…” , il riferimento è al PIL totale: un trucco molto usato per falsare i dati. Come si sa il PIL dipende molto dall’aumento della popolazione, cioè dall’immigrazione e dalla natalità. Se la popolazione aumenta di 50 milioni di persone come in USA negli ultimi 30 anni il PIL aumenta di più, se invece la popolazione rimane costante, come in Giappone, dove non c’è immigrazione e la natalità è bassa aumenta meno. Per il cittadino americano o giapponese o italiano però è rilevante il reddito pro-capite, cioè il suo reddito. Il fatto che arrivino altri milioni di persone e in questo modo il PIL complessivo del paese aumenti di più, non migliora la condizione personale della famiglia media.
Il Giappone è il paese OCDE con la disoccupazione più bassa di tutti (intorno al 3%) e se si guarda la disuguaglianza sociale risulta sempre quello dove è minore (reddito mediano, percentuale della ricchezza che va al top 10% più ricco rispetto al resto ecc.). Per cui non solo il reddito medio procapite dei giapponesi è aumentato, ma la situazione è anche migliore di quello che indica la statistica del reddito pro capite, che è un reddito medio, perché la distribuzione del reddito in Giappone è la più equilibrata del mondo industriale e tutti i giapponesi hanno un lavoro. La maggioranza dei giapponesi sta meglio rispetto alla maggioranza degli americani e dei tedeschi, percheé in quei paesi la distribuzione del reddito è più disuguale.
Il motivo per cui, apparentemente, il debito in Giappone non è un problema è che esso è tutto detenuto da residenti, in gran parte dalle Poste, dalla Banca centrale e da altre istituzioni di quel Paese. È quindi, in fondo, una partita di giro regolata dallo Stato che ne determina i prezzi. Non c’è spread in Giappone per il semplice fatto che non c’è un mercato nel quale i titoli pubblici si confrontano con quelli di altri Paesi.
Qui si dimentica di dire che anche in Italia quando c’era la lira Bot e Btp erano detenuti al 90% da residenti italiani e però i tassi di interesse erano molto alti e sopra l’inflazione anche di 4 punti percentuali mentre in Giappone i tassi sono sempre vicini a zero e pari o inferiori all’inflazione da venti anni circa.
Come mai allora i giapponesi controllano il loro debito pubblico e noi no? Perchè loro risparmiano di più e quindi possono ricomprarsi il loro debito pubblico?
Le famiglie giapponesi anche oggi detengono solo il 12% circa dei titoli giapponesi, mentre le famiglie italiane ne detengono anche loro direttamente un quota simile, ma poi hanno molti altri Btp e Bot, senza accorgersene per così dire, perché detengono molti fondi comuni italiani che sono zeppi di titoli italiani. Bankitalia ha stimato che le famiglie italiane detengano direttamente e indirettamente il 30% del debito pubblico di più delle famiglie giapponesi, perché i fondi comuni giapponesi non comprano titoli giapponesi dato che rendono zero. I tassi di interesse sono tenuti a zero o quasi in Giappone da venti anni, e in pratica è la Banca Centrale la compratrice che fissa il rendimento e il prezzo dei titoli sul mercato per cui il costo del debito è sempre sotto l’inflazione e anzi proprio zero da anni ora.
Vogliamo imitare il Giappone e lasciar crescere anche noi il debito, nonostante non sia servito a nulla in quel paese, anzi probabilmente ne abbia ostacolato la crescita? Farlo è certamente possibile. L’Italia non ha un debito estero netto perché i prestiti che Stato e aziende private hanno contratto fuori dall’Italia sono compensati da altrettanti titoli esteri acquistati dalle famiglie e dalle nostre banche. Basterebbe azzerare queste posizioni – cioè vendere i titoli esteri che possediamo e ricomprarci i Btp detenuti all’estero – per diventare il Giappone. A quel punto potremmo permetterci di aumentare la spesa pubblica e al tempo stesso ridurre le tasse, lasciando crescere il debito.
Bisogna forzare le famiglie italiane a comprare BTP, come se i giapponesi avessero usato i loro soldi per comprare i loro titoli? Bisogna aumentare il debito? In realtà, il 60% del debito pubblico giapponese è stato ricomprato sul mercato con yen stampati dalla Banca Centrale, con il famoso programma di “Quantitative Easing”, il termine inglese inventato non da Draghi ma proprio dai giapponesi negli anni ’90, che significa “aumento della quantità” (di denaro) e nasconde il semplice fatto che si stampano soldi, ma soldi che si possono usare solo per ricomprare titoli, non per comprare lavatrici, auto o pagare una cena.
Alesina e Giavazzi non vogliono dire da dove prende i soldi la Banca Centrale giapponese che ha comprato il 60% del debito pubblico giapponese sul mercato, perché altrimenti dovrebbero dire che “li stampa”, li crea dal nulla: non sono soldi dei risparmi giapponesi, ma soldi creati con il computer della Banca Centrale che aggiunge degli zero al suo saldo.
Neanche uno yen del bilancio della Banca Centrale, viene da tasse o da risparmi o costituisce un debito, sono sempre tutti soldi “stampati” (elettronicamente), su cui non si pagano interessi a nessuno e che la Banca Centrale non deve restituire a nessuno.
Questo è il piccolo segreto che Alesina e Giavazzi cercano di tenere ben nascosto, dando l’impressione che il debito pubblico i giapponesi se lo comprino con i loro soldi, cioè soldi di pensioni, risparmi e altro denaro che hanno accumulato. I giapponesi stampano denaro in modo massiccio e con buoni risultati, tanto da infastidire i nostri economisti votati all’austerità, per i quali bisogna sempre indebitarsi con il mercato finanziario e alla fine aumentare le tasse perché il denaro deve essere sempre un debito che va restituito.
Il Giappone è un paese con debito pubblico quadruplo della Germania e doppio del nostro, e non se ne preoccupa. Dal 1995 le tasse non aumentano, mentre da allora noi non facciamo che aumentarle. Il Giappone ha disoccupazione zero e un reddito pro capite tra i più alti al mondo e dimostra una cosa semplicissima: emettere moneta invece che emettere debito, è una politica che funziona. Solo Alesina e Giavazzi non se ne sono accorti.
Paolo Becchi e Giovanni Zibordi
Fonte: https://paolobecchi.wordpress.com
su Libero, 27/04/2019

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