Stanno bluffando

L’Italia può vincere la guerra all’Europa


Martedì sera Bloomberg ha scritto: «I populisti in Italia scoprono il bluff della Ue», ripresentando il budget dell’Italia tale e quale, senza nessuna riduzione del deficit pubblico indicato al 2,4% che la Ue voleva invece tenere all’1,8%. È un mese che scriviamo su questo giornale la stessa cosa: la Ue non ha nessuna carta in mano contro il governo, sta bluffando pensando che i nostri si sarebbero lasciati intimidire dal rialzo dei tassi sui Btp. Ma negli ultimi giorni si sono moltiplicati sulla stampa estera gli editoriali e le analisi a sostegno della manovra (debolmente) espansiva del governo italiano. Paradossalmente trovi l’allarmismo solo in Italia e nella Commissione europea e la riprova ora viene dal ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz che ha detto al canale finanziario Cnbc: «Bisogna comprendere le ragioni dell’Italia» nel fare questo piccolo deficit «per sostenere il reddito di chi non trova lavoro da anni» (cioè il reddito di cittadinanza). Lo spauracchio dello spread questa volta non funziona, perché, la situazione è completamente diversa da quella del 2011 in quanto anni di massicci acquisti di miliardi di titoli pubblici da parte della Bce hanno schiacciato i rendimenti del debito a zero o sottozero in gran parte d’Europa.
SPINTA AGLI ACQUISTI
Il fatto che l’Italia ora si ritrovi a pagare un 3,3% sui Btp a lunga scadenza è in realtà qualcosa che può spingere investitori sia italiani che stranieri a comprarli. Perché nel resto d’Europa ricevi zero e in America ricevi il 3% e rotti, ma con inflazione vicina al 3% e un deficit che sta esplodendo a 800 miliardi di dollari l’anno (altro che i 40 mld l’anno dell’Italia). Oggi i titoli di stato italiani sul mercato sono detenuti per un 30% da stranieri, ma per un altro 30% da Bce, Bankitalia e Banche italiane e infine per un 40% (850 miliardi circa) da fondi, fondi pensione, assicurazioni, poste italiane, cioè dalle famiglie italiane ma senza accorgersene, in modo indiretto.
Un rendimento dei Btp al 3,3% come quello attuale («lo spread»!) non ha nessun effetto su Bce, Bankitalia e banche italiane e invece può indurre sia esteri che istituzioni finanziarie che gestiscono il risparmio degli italiani a comprarne, dal momento che nel resto del mondo non ottengono nessun rendimento!
Lo sappiamo che molti commentatori agitano lo spettro delle povere banche italiane con 370 miliardi di Btp a bilancio che ora soffrirebbero perdite e poi aumentano i mutui. Ma sono tutte balle. Finora i mutui sono variati in media, come mostra anche il Sole24Ore, dello 0,1% cioè invece di un 1,7% magari pagherai un 1,8%. Gli americani oggi sul loro classico mutuo a 30 anni tasso fisso pagano il 4,8% medio, senza che nessuno parli di un’emergenza nazionale. In tutto il mondo quest’anno c’è stato un leggero aumento dei tassi di interesse su mutui e crediti e in Italia siamo ancora a livelli molto bassi. Le banche poi in realtà possono proteggersi dallo “spread” (aumento dei tassi e calo del valore dei Btp) con un sistema molto semplice: spostare i Btp a bilancio dal “conto di trading” in cui vengono segnate le oscillazioni di prezzo al “conto di titoli tenuti alla scadenza” in cui invece si segna solo il prezzo iniziale (il titolo alla scadenza viene rimborsato alla pari).
SPOSTAMENTO CONTABILE
Quatte quatte ora le banche hanno cominciato ad effettuare questo spostamento contabile, che impedisce loro di speculare (fare “trading”), ma in cambio le protegge dal dover segnare perdite a fine anno se i Btp scendono di valore sul mercato. Il governo anzi dovrebbe tramite Bankitalia costringerle a tenere tutti i Btp nel conto “titoli detenuti fino alla scadenza” in modo da evitare speculazioni e anche perdite di bilancio fittizie. A pensarci bene, con questo semplice trucco contabile (del tutto lecito e adottato nella maggioranza dei paesi del mondo vedi America, Cina o Giappone), elimini il problema dello spread per le banche.
Per lo Stato ci sono, è vero, da pagare 6 miliardi di interessi in più l’anno, ma sono uno 0,4% del Pil, una cifra piccola e andranno probabilmente a investitori italiani che a questi livelli dei tassi preferiranno magari i Btp ai prodotti del risparmio gestito bancario che gli stanno facendo solo perdere soldi. In conclusione, sono passati già quasi tre mesi di crisi dello spread e come avevamo scritto si sta rivelando un bluff che Salvini fa bene a smascherare. La Ue aveva solo la carta dello spread da giocare e questa volta non ha funzionato.

Paolo Becchi e Giovanni Zibordi
Fonte: https://www.liberoquotidiano.it/
15.11.2018

Qualcuno ci spiega questa differenza?

Un analista attento e storico autore di SE – sempre molto preciso in fatto di numeri e statistiche – ci segnala una strana anomalia dei dati ISTAT del commercio estero del terzo trimestre, il trimestre del PIL stagnante a 0.
Il dato Istat degli scambi commerciali italiani con la Germania per settembre 2018, incrociato con il dato di Destatis DE mostra una discrepanza di 330 milioni di euro. Per Destatis infatti il disavanzo bilaterale Italia-Germania nel mese di settembre 2018 è di 564,620 milioni, per Istat di 893,147 milioni.
L’export italiano verso la Germania in settembre è in calo dell’1,3% per Istat, mentre per Destatis è aumentato del 13,7% sempre rispetto a settembre 2017.
Estendendo la verifica a tutto il 2018 nel periodo gen-feb abbiamo una differenza tra ISTAT e Destatis di ben 1.598,603 milioni a nostro favore, ovvero a miglioramento del saldo commerciale tra i nostri due paesi (e un incremento del PIL di circa 0,1%).
Qui la tabella ISTAT:
E qui le tabelle Destatis:
Discrepanze dei dati ISTAT che ritroviamo in misura inferiore anche per il commercio bilaterale con gli USA. ISTAT riporta nel mese di settembre un -8,6% del nostro export verso gli USA, mentre il report US Census mostra un aumento del 5,7% delle importazioni dall’Italia.
Sempre confrontando il dato YTD, da gen-set 2018, ISTAT dà un surplus di 18,362 miliardi di euro, mentre US Census riporta un surplus di 22,711 miliardi di dollari, che al cambio medio pesato 2018 di 0,843137 USD/EUR equivale a 19,148 miliardi di euro.
Una differenza di +790 milioni di euro della bilancia commerciale ancora a favore dell’Italia, ossia in miglioramento del nostro surplus (e quindi del PIL).


Pur tenendo conto delle diverse metodologie la differenza è insolita e rilevante per il calcolo del PIL. Ricordiamo infatti che un aumento delle esportazioni si traduce in un pari aumento del PIL secondo la formula:
Y(PIL)=C+I+G+(X-M)
C = consumi delle famiglie
I = investimenti privati
G = spesa pubblica
 X = esportazioni
M = importazioni
Ovviamente ci limitiamo a rilevare le discrepanze illustrate, certi che qualcuno (in Italia o Germania) saprà fornire una spiegazione assolutamente convincente.

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