La matematica non è una disciplina democratica

IL VENERDì DEI MERCATI: il giorno dopo

Le dichiarazioni inerenti al DEF hanno scatenato su Piazza Affari un forte ribasso, chiudendo a -3,72%.
A perder maggiormente (c’era da aspettarselo) sono state le “big” del comparto bancario: in testa BPM col -9,43%, a seguire Intesa -8,44%, BPER -8,34%, UBI -7,84% e Banca Generali -7,17%.  Bene Saipem (+0,68%) ed il comparto STAR con Gefran (+3,21%). Male Astaldi, che lascia sul terreno un brutto -29,82% per via della presentazione della domanda di concordato preventivo, schiacciata dal peso di EUR 4,5 mld di debiti.
Effettuando un’analisi dell’indice negli ultimi 5 anni e mezzo (I/2013 – 28/IX/2018), si possono notare cali consistenti dell’indice con la (solita) mancanza di manifestazioni e/o locuste nei campi:
Senza dimenticare che Renzi, in un suo libro, voleva proporre un rapporto deficit/PIL de 2,9% per 5 anni ed anche qui non si videro manifestazioni e lutti nelle piazze del Bel Paese. Ma cos’è questo rapporto? È la quota di spesa statale NON coperta dalle entrate fiscali. Ovviamente, non potendo più coprire il disavanzo con l’emissione di titoli coperti dalla Banca di Italia (cosa che avviene allegramente in Giappone, in USA, in Polonia…), i soldi destinati a ripagare queste uscite sono destinati a reperirsi nel mercato, con conseguente aumento dei tassi sui titoli di Stato. Tutto questo aumenta il debito pubblico, ma non è insostenibile come in molti dicono, buttando la colpa sullo spread.

A proposito, cos’è lo spread? Ce lo dice Topolino:

Ma intacca i mutui a tasso variabile? No, in quanto i mutui a tasso variabile sono legati all’EURIBOR, il tasso al quale le banche dell’Eurosistema si scambiano tra di loro il danaro. Ovviamente, varia la temporalità del tasso di riferimento: può essere mensile, trimestrale, semestrale, annuale… dipende dalla tipologia del contratto di mutuo stipulato con l’istituto di credito. Di seguito, la media dei tassi storici Euribor 2018:
I BTP10Y rendono il 3,12%, con spread sul Bund (0,48%) a 2,6530% (o 265,30 pt) ed i vari tassi EURIBOR, qui sopra riportati, sono in costante discesa dal 2015. Così come afferma Roberto Anedda (direttore marketing di MutuiOnline.it) “l’aumento dello spread, unico indicatore economico che al momento risente della situazione politica, non è una variabile direttamente collegata con i tassi dei mutui (…) non incide sui tassi”.
Infine: stando all’art. 126 par. 2 e 3 TFUE ed al Protocollo n°12 sulla Procedura per Disavanzi Eccessivi, il rapporto fra disavanzo e PIL dev’essere AL DI SOTTO del 3%. La matematica non è una disciplina democratica e politicamente corretta, pertanto 2,4% < 3%. Tradotto: 2,4% è minore del 3%, pertanto a norma di legge. O meglio, di trattati internazionali.
Fonti:
AMECO, ECB, Tradingeconomics, Investing.com, Borsaitaliana, Mutuionline, Euribor.it, TFUE, Protocollo n° al TFUE
https://scenarieconomici.it/il-venerdi-dei-mercati-il-giorno-dopo/


IL WALL STREET JOURNAL: COMPRATE TITOLI ITALIANI, ANCHE PER VEDERE IL BLUFF



Il Wall Street Journal è un media espressione della finanzia più dirette e più cinica. Oggi vi è comparso un interessante articolo a firma di Jon Sindreu che invita, senza tanti giri di parole, a “Vedere”  il bluff dell’Italia ed investire nei suoi titoli. L’autore afferma, senza giri di parole:
“Until support for the euro crumbles, here’s a rule of thumb for longer-term investors: If any eurozone bonds yield much more than Germany’s, buy them.”
“Fino a che l’appoggio all’euro non cade, c’è una regola semplice per gli investitori di lungo  termine: se un titolo rende più dei Bund tedeschi, compralo”
Il discorso dell’autore è semplice: lo spread NON rappresenta i rischi di default del debito, ma di break up, se no dovrebbe prezzare allo steso modo tutti i titoli periferici, come anche Francia Spagna e Portogallo , che , tra l’altro, presentano, o hanno presentato recentissimamente, deficit simili o più ampi. In realtà lo spread prezza la possibilità o meno di rottura dell’euro, ma dato che la pubblica opinione italiana è ancora pro euro , ed aggiungiamo noi non è scritto da nessuna parte che il governo voglia uscire dall’euro, il problema non c’è e titoli di stato ed azionari italiani sono un ottimo affare.

Ora anche quello che è stato considerato, superficialmente e, consentitemelo, stupidamente come un governo anti euro si muove con l’unica politica, quella espansiva e per la crescita , che può effettivamente salvare l’euro, e questo inizia ad essere capito. Il rischio di uscita non viene dal governo italiano, ma da un potere politico europeo accecato da una comunicazione italiana distorta, che presenta un governo anche troppo moderato come composto da un mix di fascisti e di leninisti. Si tratta solo di un banale giochetto politico, ma chi saprà leggere i numeri e la loro realtà potrà fare degli ottimi affari, anche sul mercato del debito pubblico. Certo il rischio di Eurobreak è legato allo scetticismo della popolazione italiana: se crescesse questo evento sarebbe più probabile e non colpirebbe solo l’Italia, ma anche altri paesi. Però prendere a pesci in faccia  chi voglia applicare politiche sociali e mostrare una stupida rigidità non è il miglior modo per aumentare l’appoggio popolare alla moneta unica. Il problema non è l’Euro, ma i politici che lo governano.
 https://scenarieconomici.it/il-wall-street-journal-comprate-titoli-italiani-anche-per-vedere-il-bluff/

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