In attesa dello shock!?

La Grecia è salva! Ma nessuno parla di Deutsche Bank. Sicuri vada tutto bene? Fregatura in vista?


Vediamo di chiarire una cosa. Spero, una volta per tutte. Nell’articolo di ieri ha suscitato molto scandalo la mia frase relativa al fatto che servirà un altro Mario Monti per salvare il Paese da un destino greco. Allora, trattasi di ironia. Ovvero, non è che io pensi che Mario Monti ci abbia salvato da una deriva di tipo ellenico ma temo che, una volta precipitata la situazione sui mercati (tipica prima fase di allarmismo), questa sarà la narrativa che la stampa e la politica mainstream venderanno al pubblico per fargli ingoiare l’ennesima medicina amara della tecnocrazia al potere. Per quanto io adori il Tirolo, mi fa cagare anche il loden, per cui proprio cascate male se ora volete affibbiarmi anche il titolo di montiano ad honorem. Spero che così sia chiaro.


Altra questione è quella relativa alla continua accusa di pessimismo cosmico a fronte di una nuova stagione di governo che, quantomeno, ha il merito di aver spazzato via determinate e paludate logiche politiche, sedimentate e cristallizzate nel DNA di questo Paese. Allora, ognuno vede e legge le cose come vuole. Voi lo chiamate pessimismo, catastrofismo. Io lo chiamo realismo. Vi faccio un esempio di una banalità infinita ma che penso sia, proprio per questo, efficace: quando e se avrete tempo, andate a rileggere il grosso dei commenti al mio articolo di ieri sera. Non c’è una, dico una, critica circostanziata rispettivamente ai DATI e alle CIFRE che ho proposto: quindi, siamo nel campo delle interpretazioni. E del tifo dichiaratamente di parte, siamo chiari. Che va benissimo, ci mancherebbe ma che manca di distacco, almeno quanto io manchi di ottimismo.

Tra “va tutto male” e “tutto fantastico” ci sono molte sfumature e tonalità, il problema è che nel mio modo di pensare la prima visione del mondo è quantomeno cautelativa, una sorta di antidoto al vizio generale dell’azzardo morale, che vale sui mercati come nella politica o nella vita: insomma, meglio essere preparati al peggio. Se invece va meglio, tutto di guadagnato. Quando invece ci si culla eccessivamente su aspettative troppo alte, il rischio di cadere e farsi male diventa alto. Molto alto. E qui non si tratta di speranze politiche o aspirazioni ideali, qui si tratta della tenuta di un intero sistema e di chi, eventualmente, ne sopravviverà al crollo. Non so se mi spiego.
Guardate qui,

sta tornando la vecchia moda del radicalismo islamico come grande motore della disinformazione e del plagio di massa. Brutto segno, significa che occorre sviare l’attenzione da altro. E qui il messaggio non è solo chiaro, è ai massimi livelli: quello in preparazione sarebbe stato, di fatto, il Big Bang di tutti gli attentati mai compiuti in Europa, peggio di Londra o Madrid, peggio del Bataclan. Qui si parla di arma chimica, il terrore maggiore possibile, l’elemento destabilizzante per antonomasia, la “red line” per dirla in ambito siriano. E per una volta, c’è un elemento di verità. Perché in effetti in Germania c’è una bomba innescata. Ma è questa,


ovvero quell’arma di distruzione di massa chiamata Deutsche Bank, la vera spina che sta disintegrando alle fondamenta la tenuta dell’eurozona. Il resto sono palle, crisi dei migranti inclusa. E se già il dato relativo alla ratio assets/PIL (aggiornato ai dati dello scorso marzo, quindi affidabilissimo) dovrebbe essere sufficiente a farci capire come la Germania, in queste ore, stia giocando la partita della sua stessa sopravvivenza, questo
mette tutto in prospettiva:

stando a dati regolatori resi noti il 7 maggio ma ripresi solo l’altro giorno, meritoriamente, da Bloomberg, nel corso del primo trimestre di quest’anno un gruppo di traders del gigante tedesco è incorso in una perdita giornaliera pari a 12 volte il livello di VaR predeterminato dagli analisti della banca. Avete idea di cosa significhi? Ieri Deutsche Bank ha perso un altro sonoro 3% in Borsa e sono certo che non è finita qui, per il semplice fatto che trattasi di un boccone di carne sanguinante troppo goloso per il mercato degli squali. Casualmente, in pieno periodo di instabilità politica tedesca, quindi con l’assoluta necessità per la Merkel di mantenere la notizia il più possibile lontana da occhi e orecchie dell’opinione pubblica. Almeno fino al voto in Baviera di ottobre.

Berlino non ha mai vissuto una crisi strutturale come l’attuale dal Secondo Dopoguerra, meglio prenderne atto e questo spiega anche l’atteggiamento schizofrenico della Merkel nelle ultime settimane: un po’ con la Russia un po’ con gli USA, sì a Nord Stream ma anche al rinnovo delle sanzioni contro Mosca, pronta a tramare con Macron contro l’Italia in sede UE e poi protagonista della telefonata di mediazione con Conte alla vigilia del pre-summit di domenica sui migranti. I tedeschi stanno impazzendo, per il semplice motivo che per la prima volta non hanno il controllo assoluto della situazione. Voi credete che il governo di Berlino, inteso come le forze (anche straniere e finanziarie) che realmente reggono i fili del destino tedesco, anche inteso come timoniere di una certa idea di UE, possa permettersi di perdere questa battaglia? Pensate davvero che non useranno qualsiasi mezzo, qualsiasi trucco? E noi cosa contrapponiamo, il “governo del cambiamento”? O davvero pensate che arriveranno le truppe di Trump in nostra difesa in nome dell’internazionalismo populista?
Guardate qui,


potere del calendario: quando si arriva al famoso ritorno della Grecia a camminare con le sue gambe, di fatto sintesi per allocchi dell’assunto per cui la Troika fa bene come l’antibiotico o la chemio? Adesso, nel momento più drammatico in assoluto per l’esistenza stessa dell’eurozona. E lasciamo stare che per arrivare a questo momento il buon Tsipras si sia comportato come un Mario Monti qualsiasi e la Grecia sia socialmente a pezzi, la notizia che deve passare – e che sta passando – è che Atene, grazie al trio FMI, UE e BCE ora è guarita, sta bene. Evviva la Troika! Proprio adesso, un timing perfetto, quasi come quello della crisi dei migranti e dei bambini piangenti al confine fra USA e Messico: e preparativi, perché come dimostrano queste ore, il Mediterraneo per un po’ si trasformerà in una zuppa di barconi e navi di ONG di ogni risma, un volume di fuoco mai visto per fiaccare la linea oltranzista del Viminale e far saltare il tappo dei malumori grillini al riguardo.

E poi, io sarò anche eccessivamente sospettoso ma non vi siete resi conto che quello che appare come il nuovo cavaliere bianco dell’UE, Emmanuel Macron, ogni qualvolta il cosiddetto populismo che tanto dice di odiare e combattere sembra andare in crisi, vedi l’ondata emotivo-mediatica sulla questione migranti, arriva puntuale a rinverdirne i fasti e garantirne simpatie? La sparata di ieri contro i populisti che sono la lebbra dell’UE, di fatto un attacco frontale al governo italiano, già definito “vomitevole” da un suo sgherro, cosa ha ottenuto, se non far incazzare anche il più critico degli italiani verso l’esecutivo Lega-M5S? Ora, per quanto Emmanuel Macron possa essere un idiota, alle sue spalle ci sono forze che non lo sono: se si comporta così, se è dove si trova, c’è un motivo. Quale? Magari, alzare a dismisura il livello dello scontro, portare la pentola a pressione chiamata eurozona al punto di esplosione, creare il casus belli per qualcosa di realmente drastico. Che può servire a mille utilizzi, come il coltellino svizzero.

Far proseguire il QE senza dover dare troppe spiegazioni a Bundesbank e opinione pubblica (anche perché, in quel modo forse si tamponerebbe la crisi Deutsche Bank, correndo ai ripari attraverso la fusione con quell’altro cesso chiamato Commerzbank), arrivare a un’UE a due velocità, addirittura con due valute, nei fatti, una per l’area core e l’altra per i cosiddetti PIIGS dell’area del Mediterraneo, spingere i tedeschi verso l’impossibile, ovvero la mutualizzazione del debito in ambito europeo. Chi lo sa dove può portarci una crisi sistemica che veda davvero la gente spaventata dall’idea che al mattino seguente, aprendo l’internet banking, ci si trovi con il conto congelato o ri-denominato in un’altra moneta con tasso di cambio degno dell’inflazione venezuelana: a scatenare una bank-run che costringa a controlli sul capitale stile Cipro ci vuole poco, vi assicuro, se si creano le precondizioni giuste. E, francamente, i ne vedo tutti i prodromi in questa crisi dei migranti, assolutamente ad orologeria rispetto ai numeri da invasione di 2015, 2016 e 2017: se c’è un periodo storico in cui non esisteva emergenza e, anzi, si poteva tentare un accordo strutturale con la Libia era questo.

Stranamente, si è passati all’estremo opposto, ovvero alla crisi istituzionale e istituzionalizzata dell’intera eurozona, con addirittura i paesi dell’Est e l’Austria che fanno blocco a sé. A chi fa comodo che non si arrivi a una stabilizzazione della situazione libica, nei fatti inevitabile se l’Europa trattasse in maniera diretta (e stanziando fiumi di soldi) con Tripoli e Bengasi, facendo finalmente parlare fra loro i due doversi governi? Rifletteteci. Per quanto sia stupido Macron, non lo sono i suoi padrini. Sembra quasi uno scherzo del destino: ci ha tratto maggior beneficio dal cosiddetto “salvataggio” della Grecia? Le stesse banche tedesche e francesi che, proprio per l’esposizione eccessiva a quel debito, stavano saltando. E oggi chi è in merda? Deutsche Bank, ovvero statutariamente la Germania e quelle banche francesi ancora strapiene di debito italiano, a differenza di quelle teutoniche che l’hanno già in gran parte scaricato nel 2011. Per quanto paiano litigare, Parigi e Berlino prima si garantiranno la sopravvivenza e solo poi lotteranno davvero fra loro per decidere chi comanderà.
Ma serve qualcuno da sacrificare per arrivare a quell’obiettivo e quel qualcuno si chiama Italia, piaccia o meno: guardate qui,




l’inevitabile sta concretizzandosi, per quanto possa non piacervi ammetterlo. Chi romperà per primo: Matteo Salvini quando avrà capito di aver capitalizzato abbastanza, drenato al massimo consenso o Luigi Di Maio per il motivo opposto e per salvare la sua già precaria leadership del Movimento? Beppe Grillo tace, Roberto Fico no, seppur prendendo posizione anti-Salvini non sui migranti ma sul caso Saviano. Tutti segnali, chiari per chi vuole coglierli. Come il messaggio del ministro Tria all’Eurogruppo: “Per il governo italiano, l’euro non è in discussione”. E i conti vanno tenuti in ordine, altro che deficit. Ma, contemporaneamente, lo spread sale. E Claudio Borghi, fresco di nomina a capo Commissione, così come l’altro esperto anti-euro leghista Alberto Bagnai, sentenzia: “L’uscita dall’euro non è nel programma di governo ma sarebbe una cosa positiva”.

Non vi pare strano che entrambi siano stati nominati a capi della Commissione, qualcuno non ha voluto che finissero in posizioni così apicali proprio per dar fuoco alla miccia? La corda comincia a tirarsi sempre di più, qualche filo comincia a strapparsi. Giorno dopo giorno, goccia dopo goccia. In attesa dello shock, il quale piaccia o meno, dovrà arrivare. Ci sono da salvare i sistemi bancari francese e tedesco, un’altra volta. E un’altra volta la Grecia diventa notizia del giorno, per magnificare le virtù taumaturgiche della Troika. Voi non ci vedete niente dietro, non intravedete un piano chiaro per l’Italia, stando anche al trappolone sulle emissioni del nostro debito pubblico a lungo termine post-QE di cui vi ho parlato ieri, l’80% delle quali – per non mandare fuori giri il costo del servizio – dovrà essere assorbito da investitori privati o istituzionali stranieri a partire dal 2019? Se è così, beati voi, ammiro e invidio sinceramente il vostro ottimismo.


Io non riesco ad averne così tanto. Anzi, non ne ho proprio più. Certo, a questo punto vale la pena tentare lo strappo, tanto non c’è niente da perdere ma vi chiedo e mi chiedo: davvero pensate che la formale unità politica di questa compagine di governo, al netto dei già palesi scricchiolii e dei malumori, reggerà l’impatto del gioco sporco che inevitabilmente stiamo per subire, a partire da un possibile attacco speculativo in agosto? Io no. E se non combattere equivale a perdere, combattere non stando tutti dalla stessa parte, equivale a essere letteralmente distrutti. Poi, ognuno la pensi come vuole e speri in ciò che vuole. Siamo in democrazia. Per adesso, almeno.
Di Mauro Bottarelli , il 195 Comment

Sono Mauro Bottarelli, Seguimi su Twitter! Follow @maurobottarelli

Commenti