Come si fa a credere ancora a quanto ci dicono, d'altronde?

SPY FINANZA/ I nuovi messaggi in codice tra gli Usa e la Cina

La guerra in Siria non scoppierà e quel che fa terrore ai mercati è la fine del regime pressoché globale di Qe, se la Cina non immetterà liquidità nel sistema, dice MAURO BOTTARELLI
LapresseLapresse
Passiamo alla smentita preventiva, perché qui la situazione sta prendendo proprio una brutta piega. Ieri, al termine dell'ultima tornata di consultazioni, il presidente della Repubblica ha detto chiaro e tondo che il Paese necessita - in fretta - di un governo nel pieno delle sue funzioni, intimando ai partiti di mettere da parte veti e pregiudiziali. Altrimenti, la prossima settimana sarà lui a muovere la pedina in grado di sbloccare l'impasse istituzionale. Non ho idea di quale mossa possa trattarsi, non sono un politologo, né un quirinalista. E, se devo essere sincero, nemmeno mi interessa più di tanto, visto che sapere quale sia l'importanza che riconosco alla democrazia parlamentare dei vari Stati nei processi decisionali in un mondo globalizzato e interconnesso: rasente lo zero. Quindi, incarichino pure chi vogliono, non sarà certo il prossimo esecutivo a cambiare i destini - già segnati - del Paese. 
Perché parlavo di smentita preventiva: perché fra le urgenze elencate dal Capo dello Stato a conferma dell'urgenza che si arrivi alla formazione di un governo che legiferi c'era anche la situazione siriana. Io capisco Mattarella, nessuno può fargli una colpa del forzare la mano, visto i personaggi con cui si trova a trattare, ma l'inquilino del Quirinale è uomo troppo intelligente per non sapere che in Siria non succederà proprio nulla. Al massimo, quattro razzi su qualche deposito o caserma debitamente svuotati prima, titoli dei giornali per tre giorni e poi si tornerà alla solita manfrina. Guerra commerciale, dazi, Russiagate. Come si fa a credere ancora a quanto ci dicono, d'altronde?
Donald Trump ha cambiato idea almeno dieci volte in tre giorni, ha twittato tutto e il contrario di tutto, ha minacciato razzi sulla testa dei russi e poi incolpato del cattivo rapporto con Mosca il procuratore Mueller, ha negato di aver pagato la pornostar Stormy Daniels e poi, tanto per rafforzare i dubbi riguardo la sua bipolarità, ha reso nota la sua intenzione di far rientrare gli Usa nel Tpp, l'accordo commerciale del Pacifico, dopo esserne usciti solo lo scorso anno: ma siamo su Scherzi a parte o cosa? Scateni una guerra commerciale contro la Cina e mezzo mondo, denunciando dumping di ogni genere e poi rientri nell'accordo sul commercio che avevi bollato solo dieci mesi fa come il peggiore mai stipulato dagli Usa? E questo sarebbe l'uomo più potente del mondo, l'interlocutore obbligato a livello globale? 
L'ho scritto ieri e lo ripeto: solo due lustrascarpe come la May e Macron potevano cascare in pieno nell'ennesima pantomima globale, la prima perché disperata dalla necessità di coprire, pressoché contemporaneamente, il fallimento del Brexit (preparatevi, in tal senso, al ritorno sulla scena in grande stile di Tony Blair, gran cerimoniere del prossimo, secondo referendum sul tema) e il pasticciaccio brutto del caso Skripal, l'avvelenamento dell'ex spia russa e di sua figlia che, con il passare dei giorni, assume contorni di credibilità pari a quelli dell'attentato con armi chimiche a Douma. La May rischia, tutto sta a capire quanto a determinati poteri serva un cambio di guida politica a Westminster in questo momento o non sia più strumentalmente utile mantenere ancora un po' in sella un'anatra zoppa e ricattabile come l'attuale premier: regime change fra le due democrazia-sorelle in autunno, con voto anticipato in Gran Bretagna ed elezioni di mid-term il 4 novembre negli Usa? Non è da escludere. 
Emmanuel Macron, dal canto suo, vuole ricalcare le orme di Sarkozy in Libia, ponendosi immediatamente al servizio della Casa Bianca e, addirittura, millantando di avere le prove della responsabilità di Assad per l'uso di agenti chimici: anche lui, a livello interno, deve depotenziare non solo gli scioperi che da oltre una settimana stanno paralizzando il Paese, tra ferrovie e università, ma anche una riforma costituzionale che oltre a tagliare il numero di membri all'Assemblea nazionale, punta a introdurre una quota di proporzionale. Per un francese, magari gollista rigido, praticamente come bestemmiare in chiesa. E, non a caso, il buon Macron ha aperto alla Chiesa cattolica, sperando in una sponda mai sfruttata troppo dalla politica francese: risultato? Massacrato da destra come da sinistra per attentato alla laicità dello Stato: è peggio di Gatto Silvestro e Will Coyote messi insieme, non ne azzecca una nemmeno per sbaglio. 
Mattarella non ha certo questa urgenza, ma nell'immaginario collettivo e politico, l'ipotesi e l'immagine di un Paese senza guida - se non un Gentiloni a mezzo servizio - di fronte a missili Cruise e Tomahawk che svolazzano a poche centinaia di chilometri da Roma potrebbe risultare efficace per mettere un po' di pepe al fondoschiena dei duellanti per Palazzo Chigi. Glielo auguro, perché ieri l'ho visto provato, ma diciamola tutta: la guerra non ci sarà, state pure tranquilli. E, come immagino, se la questione si tramuterà in un braccio di ferro per l'istituzione di nuovi equilibrio geopolitici nell'area, magari con la mediazione Onu, il parere dell'Italia non sarà certo vincolante. Anzi, temo che non sarà proprio richiesto (e visto chi potrebbe diventare premier, meglio così per tutti, siriani in testa, i quali dopo sette anni di guerra non meritano anche le attenzioni di Salvini e Di Maio). Ma serve che la gente percepisca il rischio: serve per affrettare le nascite di governi, serve per distrarre da condizioni economiche reali tutt'altro che rosee, serve per dimenticarsi del fatto che la famosa Commissione d'inchiesta sul sistema bancario alla fine si è tradotta in nulla, serve per avere l'appiglio accessorio del rischio terrorismo, sempre connesso come consequenziale quando l'Occidente si muove militarmente in scenari mediorientali. Serve l'ansia, la paura e anche l'isteria collettiva, nei casi più gravi. 
Un esempio? Ricordate gli arresti di domenica scorsa a Berlino, i sei amici di Anis Amri, l'attentatore ucciso a dicembre 2016 a Sesto San Giovanni, arrestati perché volevano vendicare il loro sodale (un po' tardivamente, direi), ammazzando civili inermi a colpi di machete fra il pubblico della maratona che era in corso nella capitale tedesca? Grandi titoli, panico nei tg: sapete come è finita? Rilasciati lunedì mattina, dopo poche ore di fermo, per insufficienza di prove: riscontri sulla stampa? Zero, come gli arrestati di Tangentopoli quando poi venivano assolti. E il bello è che ci avevano detto che gli arresti erano stati a colpo sicuri, perché i sei erano seguiti e pedinati da tempo! E sei costretto a rilasciarli il giorno dopo per insufficienza di prove!?! Ancora una volta, viene da chiedersi se sia la realtà, oltretutto formalmente drammatica e molto seria visto l'argomento o Candid Camera. 
A me dispiace anche smontare sistematicamente le versioni ufficiali e le narrative allarmistiche o trionfalistiche dei media "autorevoli", ma non è colpa mia se la realtà è talmente testarda che, prima o poi, riesce sempre a fare capolino. Volete sapere quale sarà la balla condivisa di oggi? Attribuire alla guerra commerciale in atto i brutti dati emersi ieri relativamente all'economia cinese. Guardate questi grafici, i quali ci mostrano come l'export di Pechino a marzo abbia registrato un inatteso -2,7% su base annua contro le attese addirittura di +11,8%, mentre il deficit commerciale cinese è risultato essere di 4,98 miliardi di dollari, il primo caso di deficit da febbraio 2017 e in netta contrazione sia rispetto alle attese del mercato di un surplus di 27,5 miliardi che del dato di febbraio, un roboante 33,75 miliardi di surplus. 
E quale sarà la narrativa generale? Tutta colpa di Donald Trump, il quale con la sua scelta di scatenare una guerra commerciale globale a colpi di dazi farà deragliare la straordinaria, coordinata e sincronizzata ripresa globale vissuta dalle economie fino a un trimestre fa. Balle. Sapete perché la Cina ha visto inabissarsi il suo export? Perché prima del dato di marzo si sono inabissate le letture degli indici PMI delle principali economie importatrici dei beni del Dragone, il quale sta pagando il peggioramento delle condizioni generali - leggi la scelta della Fed e il fatto che anche la Bce, formalmente, dovrebbe dare un taglio alla monetizzazione del debito entro fine anno - e non certo la scelta della Casa Bianca. Il problema è che dire la verità presupporrebbe smentire l'intero storytelling della ripresa globale, talmente decantato da esperti e professoroni di vario titolo su giornali e nei talk-show da scatenare un'ondata di figure di palta senza precedenti. E, soprattutto, il rischio di una perdita pressoché totale di fiducia da parte dei cittadini nell'informazione ufficiale, oltre che nei governi e nelle istituzioni come le Banche centrali: e in periodo di fake news come alibi per qualsiasi nefandezza, ci manca solo che la gente cominci ad abbandonare del tutto l'informazione ufficiale per cercare risposte altrove, dove l'indipendenza non è un optional. 
Per questo occorre nascondere i guai interni di May e Macron, accettare il fatto che in Italia serva un governo forte e in carica ufficialmente per affrontare il rischio di escalation in Siria - me lo vedo Di Maio a un vertice sul tema che terrorizza Trump e Putin con la sua retorica ferma e risoluta -, ma anche nascondere al mondo che l'economia non sta affatto bene come ci hanno detto, anzi. In America le bancarotte retail sono aumentate del 63% su base annua, uno sterminio, come ci mostra il grafico. 
 
E, per favore, non diamo tutta la colpa ad Amazon e all'e-commerce. Il mondo sta prendendo atto che la minaccia più grande di tutte, si sta avvicinando a grandi falcate: la fine del regime pressoché globale di Qe, altro che terrorismo, minaccia nucleare iraniana o nordcoreana, repressione di Assad o quant'altro. Se Pechino non ricomincia a inondare il sistema di liquidità, vedrete che le situazioni come quella in Siria aumenteranno a dismisura, perché si passerà al regime di guerra asimmetrica e perpetua: quantomeno, si riattiverà a forza quattro il warfare, in attesa della stamperia del Dragone e del ritorno in grande stile della Fed in modalità monetizzazione del debito. 
Anche perché, al netto del budget 2019, il Tesoro statunitense ha messo in preventivo una quantità di emissioni senza precedenti, per finanziarlo: e chi comprerà quella carta da parati, se i tassi aumenteranno e la percezione di rischio li seguirà, magari amplificata da un bell'impeachment di Donald Trump prima del voto di medio termine? La Cina. Ma Washington non ha dichiarato guerra commerciale a Pechino, almeno ufficialmente? Non diciamo idiozie, perché come mostra questo grafico che mi pare il caso di riproporre, se Pechino volesse giocare duro, metterebbe in ginocchio l'industria tech Usa - quella che vede già oggi i suoi titoli azionati schiantarsi quasi quotidianamente - in una settimana, tagliando l'export di "terre rare", le componenti fondamentali di smartphone, pc ma anche missili e caccia. 
E sapete cosa bloccherà a livello di export verso gli Stati Uniti la Russia se Washington proseguirà con le sanzioni che stanno schiantando rublo e Borsa? Di titanio, materiale fondamentale e imprescindibile per il ciclo produttivo di un'azienda da nulla che risponde al nome di Boeing. Ancora non siete convinti? Guardate questi grafici, il primo dei quali ci mostra come il deficit di budget Usa sia letteralmente esploso, mentre gli altri due ci mostrano una strana dinamica del rendimento del decennale statunitense, rispetto alla politica dei tassi della Fed e all'andamento di Wall Street: cosa potrebbe voler dire? Che la Cina ha cominciato a vendere titoli di Stato Usa, così per mandare un segnale. Sveglia!

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2018/4/14/SPY-FINANZA-I-nuovi-messaggi-in-codice-tra-gli-Usa-e-la-Cina/816302/

Commenti