La grancassa della propaganda governativa

Finite le ferie, lo “sconfinamento day” ci dice che l’Italia è nella merda. Ma il governo ha la ricetta

Di Mauro Bottarelli , il 34 Comment
 

Che mattinata strana. Come avrete notato dal numero di articoli con cui vi ho tritato i coglioni, non ho fatto le ferie. Semplicemente, non potevo permettermele. Quindi ho passato la mia estate milanese incollato a computer e tv, non perdendomi un singolo tg o talk di approfondimento. Eppure, stamattina mi sono sentito un alieno appena sbarcato sulla Terra da Marte. L’estate era cominciata con il governo fibrillante su due temi: gli sbarchi di massa dei migranti e la manovra economica d’autunno, ovvero la famosa quadratura dei conti pubblici al netto della bacchetta sempre pronta dell’UE e del giogo delle clausole di salvaguardia da non far scattare, aumento dell’IVA in testa. Insomma, non stavamo benissimo.


E adesso? Cazzo non sbarca più nemmeno la nave di Capitan Findus per consegnare i bastoncini! Siamo il caput mundi della legalità e del rigore nautico, manco l’Australia è così blindata. Miracoli libici. Ma di questo abbiamo parlato molto e avremo ancora modo di parlare. I conti pubblici e lo stato dell’economia, invece, meritano un approfondimento immediato, perché proprio stamattina sono arrivate due notizie bomba al riguardo. Andiamo con ordine partiamo dalla prima. Sapete cosa potrebbe attenderci, infatti? Una decontribuzione del 50% per i primi due o tre anni per tutti i giovani neoassunti a tempo indeterminato, “poi una riduzione dell’aliquota contributiva di quattro punti, dal 33 al 29%, due a favore del lavoratore, due per le imprese, e per sempre”. Me cojoni! E’ la proposta per la prossima manovra economica del vice ministro dell’Economia, Enrico Morando, a detta del quale cui si può legare il supersconto sull’assunzione dei giovani, a un regime contributivo più leggero per il futuro: “Sarebbe – spiega in una intervista al “Corriere della Sera” – il completamento naturale del Jobs Act e del piano avviato dal governo Renzi per la riduzione della pressione fiscale su imprese e lavoratori, con il taglio dell’Irap, dell’Ires e gli 80 euro per i lavoratori dipendenti”.

Ma non basta: “Considerata anche la decontribuzione iniziale al 50%, dopo quattro anni il costo complessivo sarebbe di oltre 4 miliardi. E salirebbe con l’ampliamento della platea dei lavoratori cui si applica la nuova aliquota. Ma aiuterebbe le imprese, porterebbe più soldi in tasca ai lavoratori e ridurrebbe il cuneo fiscale in pochi anni a livello di quello tedesco”. Alla domanda se una crescita dell’1,5% è realistica, Morando osserva: “Non è impossibile. Ma soprattutto sarà determinante la velocità di ingresso nel 2018. Quella può incidere sulle dimensioni della manovra”. Dalle parte di via XX Settembre gira roba buona, non c’è che dire. Ma dove cazzo trovate i soldi, se fino a metà luglio non c’erano risorse nemmeno per pagare il carburante dei canadair, mentre mezza Italia bruciava? E non basta, perché è tornato alla ribalta anche il famoso bonus per i pensionati – da calibrare fra i 40 e gli 80 euro al mese -, anch’esso da contemplare nella manovra ma, guarda caso, avversato proprio dallo stesso Morando, a detta del quale occorre concentrarsi sui giovani. Non la pensano così Confindustria, sindacati e ala renziana del PD: quindi, stanno già litigando, alla faccia della manovra della svolta.

Ma non basta, perché sempre stamattina l’ISTAT ha certificato che ad agosto è migliorata la fiducia dei consumatori e delle imprese italiane, passando da 105,6 a 107 punti, scostamento che la porta al livello più alto a partire da dieci anni fa, prima della crisi, a giugno 2007 (quando era 109,6). Anche l’indice dei consumatori è in aumento da 106,9 a 110,8 punti con tutte le componenti del clima in crescita. Il clima economico e quello personale passano, rispettivamente, da 123,1 a 128,1 punti e da 101,6 a 105,6; il clima corrente sale da 106,3 a 109,3 e il clima futuro aumenta da 108,4 a 114. Per quanto riguarda le opinioni sull’andamento dei prezzi al consumo, l’ISTAT registra un aumento sia della quota di individui che ritengono i prezzi aumentati negli ultimi 12 mesi sia di quella di coloro che si aspettano un incremento nei prossimi 12 mesi.

Complessivamente, la fiducia dei consumatori tocca il massimo livello dalla fine dello scorso anno (a dicembre 2016 era sempre a 110,8 punti). Per le imprese, “si conferma andamento positivo della manifattura, in una fase di forte espansione, mentre continua ad esserci un andamento oscillatorio per gli altri settori”. Insomma, il paradiso degli unicorni. Soprattutto, a livello di aspettative inflazionistiche. Perché allora nel suo discorso a Jackson Hole, Mario Draghi ha parlato di tutto, dal rischio protezionismo all’alpinismo estremo fino all’annosa disputa fra pancetta e guanciale, pur di non toccare l’argomento inflazione e, quindi, tapering del QE? Capiscono tutto all’ISTAT e un cazzo all’Eurotower?

No, il problema è che le elezioni siciliane del prossimo novembre stanno caricandosi di un potenziale politico a livello nazionale che nessuno si attendeva, quindi – come da sempre accade – l’Istituto nazionale di statistica si tramuta nella grancassa della propaganda governativa. Perché, al netto delle cazzate, può anche essere vero quell’aumento dell’indice di fiducia ma c’è qualcosa che non convince di fondo. Come è possibile – con l’export che fa da traino – avere tutto quell’entusiasmo con l’euro a 1,18 sul dollaro e in traiettoria di overshooting, soprattutto al netto delle tensioni geopolitiche negli USA e del dibattito sempre più teso sul rischio shutdown per il limite di debito? Secondo, guardate questi grafici:




a mantenere in vita le aziende italiane – e molte di quelle europee – è soltanto il programma di acquisto di bond corporate della BCE stessa, nient’altro. Vi pare possibile avere bond junk italiani che pagano rendimenti inferiori al Treasury USA pari durata? Vi pare normale avere in pancia alla Banca centrale un controvalore di bond junk italiani che nemmeno un hedge fund? Vi pare normale finanziarsi a quelle cifre risibili e pagare quegli yield da barzelletta? Certo, finché la BCE fa da mantello ma il fatto che Draghi abbia bellamente rimandato ogni annuncio sull’eventuale tapering del programma di acquisto al board dell’Eurotower di settembre, ignoarando volontariamente le attese per il discorso di Jackson Hole parla chiaro. Così come la placida reazione dei mercati all’accaduto in Wyoming lo scorso fine settimana: con la Bank of Japan che ha già spostato da marzo 2018 a marzo 2019 il timing per il raggiungimento del 2% di inflazione, come cazzo potrà la BCE smettere di comprare? Quindi, mercati sul velluto. Nonostante questo,

ovvero un bel rallentamento dell’unico driver reale di Wall Street, i buybacks resi possibili dalla politica della FED che ora cominciano a patire la scelta di alzare i tassi (ancora per poco).
Infine, al di là dei numeri che sbugiardano governo e ISTAT, stamattina presto sono andato in banca per delle incombenze. Era l’apertura e nella filiale deserta risuonavano le telefonate dei vari desk: ferie finite, primo giorno di rientro alla lavoro, tregua non più valida. Mi sono ritrovato in pieno “sconfinamento day”, telefoni bollenti per chiedere ai correntisti il rientro da cifre francamente ridicole ma posto in essere con una determinazione che fa capire quanto siano nella merda le nostre banche, quindi la nostra economia. Il prologo della chiamata era gentile, quasi confidenziale: come sono andate le vacanze, tutto bene a casa, bla bla… Poi, la ferale notizia: non c’è possibilità di attendere una settimana per quel rientro promesso prima delle ferie, occorre fare subito. Magari passando in filiale per trovare una soluzione.

Altrimenti, è centrale rischi. Anche per 100 euro, se serve. L’Italia reale è questa. E attenzione, perché come scrissi in un articolo a luglio, pur di andare in ferie sempre più italiani si erano rivolti a finanziarie private, quindi oltre ai conti con la banca dove si detiene il conto corrente, ci sarà anche un bel RID mensile – media 300 euro – per il prestito al consumo: stiamo diventando americani, campiamo di debito come vogliono governo, banche e finanziarie. E, oltretutto, come gli americani non ci rendiamo nemmeno conto di cosa sia l’inflazione reale e quella nominale. Peggio ancora, quella percepita. Uscito dalla banca, poi, gli ausiliari della sosta – di fatto, i kapà dei vigili urbani – erano ovunque, sembravano uno sciame impazzito, un vero e proprio rastrellamento in stile nazi, intento a multare qualsiasi cosa fosse fuori posto anche solo di un millimetro.

Anche in questo caso, la tregua estiva dell’Italia di Facebook che si fa i selfie con il piatto di branzino è terminata, il Comune deve fare cassa e tu pagare. Ma stiamo benissimo, lo dice l’ISTAT. E poi il governo moltiplica le risorse e garantirà pane e figa per tutti, altro che austerity. Sulla strada di casa, pausa al bar per caffè e sigarette. Vuoto. Eppure è incastonato nella posizione che qualunque gestore vorrebbe: fra un cantiere e la sede di una grande azienda di consulting. “Non lo sai che fine agosto e settembre sono i “mesi della schiscetta” dopo le ferie? Vengono per il caffè del mattino, per le sigarette ma a pranzo il cibo lo portano da casa, per risparmiare e usare i ticket di agosto per fare la spesa. Qualcuno, viene a bere il caffè dopo pranzo ma non certo come nei mesi normali”, mi conferma il barista, vera cartina di tornasole dello stato dell’economia, altro che l’ISTAT.

Tranquilli, va tutto bene: lo dice il vice-ministro Morando, lo conferma l’Istituto di statistica. Chissà com’è, mi fido di più delle chiamate terroristiche dei bancari per i rientri e delle schiscette che della narrativa ufficiale. Ma chi se ne frega, per qualche giorno tutti hanno avuto i loro 15 minuti di notorietà marina o montana su Facebook, non si sono sentiti poveri come il sottoscritto. Ora, godetevi le telefonate di banca e finanziarie. Tanto, il colpo finale che smetterà di farvi soffrire ve lo darà il governo in sede di DEF, magari con una ritoccatina all’IVA. Se poi saltasse una scadenza sul super-derivato…
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