Il fato?

Muore Kohl, vola Amazon: cosa ha voluto dirci il fato? Di non credere ai paradisi a portata di mano

Di Mauro Bottarelli , il 11 Comment
 

Certo, tra la presunta morte di Al-Baghdadi e quelle reali della Grenfell Tower di Londra, la dipartita di Helmut Kohl non ha forse ricevuto gli onori e gli spazi che meritava. Una cosa, però, è certa: per tutti quanti con lui se ne va, non solo il padre della riunificazione tedesca ma anche uno statista in senso classico, qualcuno che con il suo modo di fare politica finirà dritto nei libri di storia. E fin qui, poco da eccepire. Stonano però i peana in suo onore da parte di chi, sempre parlando di politica con la P maiuscola, quando è chiamato a definire la figura di Bettino Craxi utilizza con spregio il termine “latitante”. Helmut Kohl, in tal senso, ha soltanto avuto un salvacondotto ma il suo curriculum presenta una macchia enorme, molto simile a quella dell’ex segretario socialista: finanziamento illecito al partito.


Solo che in Italia era in atto la grande rivoluzione per via giudiziaria decisa da chi aveva capito che Andreotti e Craxi non erano più alleati affidabili, vedi Sigonella e la politica verso il mondo arabo, quindi occorrevano le forche – non in piazza ma nelle redazioni dei giornali -, mentre in Germania si poteva derubricare tutto. Fu proprio Angela Merkel, di cui Kohl è stato mentore, a garantire un’onorevole uscita di scena al padre nobile della riunificazione: abbandona il partito e ti verrà evitata la gogna e la vergogna del processo. A Bettino Craxi questo non fu concesso, andò in esilio e lì vi morì, coperto dal pubblico ludibrio dei manettari che non sanno riconoscere una storia da la Storia.

Sia chiaro, politicamente Bettino Craxi era lontano anni luce da me, la mia non è la difesa d’ufficio che mettono in campo i tanti ex socialisti sparsi un po’ ovunque per l’arco parlamentare (molti dei quali nelle file post-comuniste, supremo sfregio per la memoria del loro un tempo osannato leader) ma una constatazione storica e politica. Certo, Helmut Kohl ha riunificato la Germania, un atto talmente epocale da tramutare le tangenti e i finanziamenti illeciti in polvere ma resta una domanda, ancorché sia ancora presto per poter trarre bilanci con un profilo chiaro: a quale prezzo è stata ottenuta quella riunificazione? Con quali finalità? E chi l’ha resa possibile, tramutandola quasi immediatamente in vantaggio geopolitico? Forse, gli stessi che hanno deciso di chiudere i conti con Craxi e Andreotti e spalancare le porte a quel museo degli orrori chiamato Seconda Repubblica. E poi, perché tanti osanna – al netto del rispetto per la morte – per l’uomo che ha creato le condizioni per un’egemonia tedesca con tanto di leader inamovibile, lo stesso status contro cui la gran parte degli italiani pontifica?

Quello che segue è un estratto del discorso tenuto da Bettino Craxi all’Assemblea nazionale del PSI, il 1 giugno 1984 a Roma: “..A volte la Germania sembra lavorare per indebolire l’ Europa. L’asse franco-tedesco è un grave errore. Sarò pacato ma sono abituato a chiamare gatto, il gatto. Kohl si muove a piccoli passi, con cose dette e non dette. Esca allo scoperto perché l’Italia, la sua macchina economica, si è agganciata alla ripresa internazionale e questo sembra dar fastidio ai tedeschi. Il nostro governo non può tollerare il lavorio, il tramestio, il manovrio. Se chi lavora nell’ ombra non uscirà allo scoperto saranno dunque i socialisti a denunciare il pericoloso duopolio che danneggia e danneggerà in futuro il resto d’Europa. Il recente accordo tra Francia e Germania mette a rischio gli intenti e il benessere di tutti, in favore di una super-nazione nel cuore del continente. Pensare ad un’ Europa costruita su un asse franco-tedesco sarebbe un grave errore e provocherebbe reazione, disaffezione e alla fine distacco dalle altre nazioni”. Non suona nulla alle vostre orecchie?
Davvero il crollo di quel Muro e la riunificazione della Germania, prodromo alla dissoluzione dell’Unione Sovietica che comincerà solo l’anno dopo, possono essere ascritti alla categoria politica dello spontaneismo sovranista oppure, esattamente come Tangentopoli, siamo di fronte a un’operazione eterodiretta, i cui frutti sono stati decenni di asservimento tedesco, quindi europeo, agli interessi USA nell’area, addirittura parossistico durante l’amministrazione Obama? Nel suo libro “Der deutsche Goldrausch” (Munchen, 2012, pagina 1999), Dirk Laabs riporta le parole di un cittadino di Lipsia intervistato dall’emittente televisiva NDR nel 1991: “Se Erich Honecker è responsabile dei morti per il Muro, Helmut Kohl è responsabile dei disoccupati che si impiccano”. Certo, la gente non rischia più di farsi ammazzare per passare il Muro e scappare a Ovest, certo c’è formale democrazia, certo non c’è più la Stasi: ma, al netto dei soldati e delle spie, la libertà regalata da Kohl al suo popolo, può dirsi oggi reale libertà? Se Facebook diventa la nuova Stasi, c’è da gioire? Certo, i social non ti possono arrestare. Per ora. Perché già possono segnalarti, bannarti, renderti di fatto un soggetto “attenzionato”. E poi collaborano con la polizia e le agenzie di intelligence, oltre a profilarti e trasformarti nel consumatore che questo mondo vuole, più che nel cittadino che credi di essere.

Nel 1992, davanti al tribunale di Berlino, il padre della DDR, Erich Honecker, si difesa in questo modo: “…giunto alla fine della mia vita, ho la certezza che la Rdt non è stata costituita invano. […] Un numero sempre maggiore di persone dell’Est si renderà conto che le condizioni di vita nella Rdt li avevano deformati assai meno di quanto la gente dell’Ovest non sia deformata dal capitalismo e che nelle scuole i bambini della Rdt crescevano più spensierati, più felici, più istruiti, più liberi dei bambini delle strade dominate dalla violenza della Repubblica Federale. I malati si renderanno conto che nel sistema sanitario della Rdt, nonostante le arretratezze tecniche, erano dei pazienti e non oggetti commerciali del marketing dei medici. Gli artisti comprenderanno che la censura, vera o presunta, della Rdt non poteva recare all’arte i danni prodotti dalla censura del mercato. […] Molti capiranno che anche la libertà di scegliere tra CDU, SPD, FDT è solo una libertà apparente”. Sbagliava? Forse. Ripensate però alle presidenziali e al primo turno delle legislative francesi, riflettete di nuovo e datevi una nuova risposta.
Direte voi, cosa c’entra Amazon? C’entra perché il destino non gioca a dadi e il fatto che Helmut Kohl, la cui agiografia si sostanzia con la personalizzazione ontologica di un mondo nuovo e più libero, sia morto nel giorno in cui il gigante dell’e-commerce abbia deciso di compiere il grande passo nel “mondo reale” dei consumi, deve farci riflettere rispetto al modello a cui stiamo aprendo le porte. Totalmente. Acriticamente. Aprioristicamente. Proprio come abbiamo fatto con la caduta del Muro. E cosa ha fatto Amazon ieri? Ha scommesso sui supermercati biologici e lanciato una nuova rivoluzione nel settore delle vendite al dettaglio. Il colosso di Jeff Bezos ha pagato 13,7 miliardi di dollari in contanti per Whole Foods, confermando la volontà di conquistare il mercato alimentare e di farlo a colpi di negozi “tradizionali”. La mossa, giunta a sorpresa, ha portato a questo risultato in Borsa

per i rivali di Amazon e Whole Foods: Wal-Mart ha perso oltre il 6%, Supervalu è arrivato a cedere il 17% e Target il 9,7%. Ma Amazon rappresenta anche questo.

Dunque, Amazon ( che anch’io utilizzo, lo ammetto) scende sulla terra. E come lo farà, visto che parliamo di un mercato, quello degli alimentari, che vale 600 miliardi di dollari, caratterizzato da consumatori che ancora preferiscono scegliere di persona la frutta e la verdura? Con i 460 punti vendita di Whole Foods negli Stati Uniti, in Canada e in Gran Bretagna, Amazon si trova “a un’ora o mezz’ora di distanza” da milioni di persone e quindi – afferma Bain & Company – nella posizione di offrire consegne a domicilio quasi immediate.

L’acquisizione, la maggiore della storia di Amazon, è un’operazione che “trasforma non solo le vendite al dettaglio degli alimentari ma le vendite al dettaglio in generale. Le implicazioni vanno ben al di là del settore alimentare”, metteva in evidenza Moody’s. A preoccupare le rivali delle due società non sono tanto le consegne ma la possibilità che con Amazon alle spalle e grazie alla sua spinta deflazionistica, Whole Foods possa abbassare i prezzi divenendo meno elitaria e più competitiva. Insomma, il rischio è quello di una guerra al ribasso dei prezzi.
Beh, un bene per i consumatori. Certo ma per essere consumatore occorre essere anche un lavoratore, ovvero portare a casa uno stipendio che ti garantisca potere d’acquisto. Altrimenti, Amazon può anche vendere i pomodori che ti salutano quando li guardi ma resteranno soltanto un oggetto da guardare, per quanto più a buon mercato di quello di altre catene. E qual è il modello Amazon che potrebbe presto prendere piede nel mercato alimentare, ovvero nel mondo dei consumi di tutti i giorni di beni che non avevano finora una dimensione virtuale e on-line? Ce lo mostra questo video:
Introducing Amazon Go and the world’s most advanced shopping technology
a Seattle, già oggi, ci sono due supermercati di Amazon dove non si entra: si fa la spesa in Rete e la si ritira nel parcheggio. Amazon impiega sì oltre 200mila persone a anche 45mila robot, i quali solo un anno fa erano però 30mila. E cosa ha contribuito a creare Amazon nel mercato dei consumi USA, voce che ancora oggi pesa per il 70% del Pil? Questo,








ovvero una rivoluzione totale: non chiudono più solo i piccoli negozi, i punti vendita delle grandi marche retail ma anche i malls, i mega centri commerciali che impiegano migliaia di persone. Il mondo sul modello di Amazon, comodissimo e super-efficiente, non ha bisogno di tutta quella gente per prosperare. Anzi, con i progressi della robotica e dell’automazione (oltre che dell’information technology) ne avrà sempre meno. La comodità di un libro o un paio di scarpe recapitate a casa comodamente, al netto delle condizioni di lavoro degradanti dei dipendenti del gigante USA, valgono un esercito di disoccupati in più? O vogliamo che il mondo diventi un’enorme catena di montaggio?
Forse non tutti lo sanno ma in soli sei anni Amazon ha anche erogato prestiti alle piccole e medie imprese per 3 miliardi di dollari: il prestito arriva in 24 ore e, in caso di insolvenza, l’azienda impegna la merce per rivalersi. Amazon non influenza il mondo, Amazon sta diventando il mondo: quanto accaduto ieri è il prodromo di una rivoluzione economica e dei consumi pari, per intensità e magnitudo, al crollo di quel Muro che abbiamo festeggiato senza chiederci quale ordine sarebbe subentrato a quello garantito per quaranta anni da quei mattoni che erano al tempo stesso simbolo di repressione ma anche di stabilità, di Guerra Fredda ma anche di quella deterrenza che ha garantito, lei sì, settanta anni di pace, altro che l’Europa intesa prima come comunità e poi come Unione. Infine, Amazon è l’editore del “Washington Post” e la campagna che quel giornale, affiancato dal “New York Times” del miliardario messicano Carlos Slim, sta ponendo in essere sul cosiddetto Russiagate ci fa capire come il colosso degli acquisti on-line sia già, di fatto, soggetto politico attivo, negli Stati Uniti come nel mondo.

Amazon, poi, finanzia la corsa allo spazio e sta studiando un sistema di consegne sulla Luna. Non serve scomodare né Aldous Huxley, né George Orwell per capire dove stiamo andando. Attenti a non commettere con la rivoluzione capitana da Jeff Bezos lo stesso errore compiuto con quella governata e voluta da Helmut Kohl. Perché se per voi progresso è un drone che vi consegna a casa un set di coltelli entro un’ora dall’acquisto on-line, allora gioite pure. Se invece siete ancora esseri umani e non consumatori asserviti, cominciate a preoccuparvi. E a rimpiangere il Muro. Ovunque esso fosse, nel cuore di una città o nella porta che si apre stridendo del droghiere sotto casa.
Sono Mauro Bottarelli, Seguimi su Twitter! Follow @maurobottarelli

Commenti