I nuovi dogmi dell’austerity


 
Imu, Iva e le altre buone nuove.
La manovrina di Padoan va bene, ma a patto che si alzino i livelli di austerity nel 2018. Questo è il commento della Commissione europea in merito alle manovre di politica economica operate dal Governo Gentiloni. Un consiglio decisamente non richiesto, visto che sono anni che il Paese va avanti sfiancato dalle politiche di austerità imposte dall’Unione Europea. Poco tempo fa le richieste di Bruxelles erano quelle di mettere mano alle pensioni, cambiare le regole su assunzioni e licenziamenti, abolire le province e liberalizzare i servizi pubblici. Oggi si può dire che l’Italia ha svolto il compitino, ubbidendo a chi, a suo tempo, aveva speso i suoi consigli non richiesti. Le raccomandazioni di primavera firmate da Bruxelles, che andranno poi confermate in autunno, prevedono che l’Italia per il prossimo anno dovrà portare a uno sforzo di bilancio “robusto”, senza però entrare nel merito delle cifre.
La Stampa riporta che la Commissione indicherà già nel dettaglio alcune misure concrete da prendere:reintroduzione dell’Imu sulla prima casa (ma solo per le famiglie sopra un certo reddito), riforma del catasto, ampliamento dell’obbligo di fatturazione e di pagamento elettronici. Le ultime nello specifico sono politiche atte ad aumentare la tracciabilità delle transazioni economiche, ed anche qui il modello da perseguire è quello del Nord Europa dove nei Paesi Scandinavi, ma non solo, è usuale pagare quasi tutto con il bancomat o carta, anche le piccolissime cifre, tanto che il contante sembra essere destinato a sparire. È inutile sottolineare quanto questo sfavorisca nettamente la tutela della privacy, perché basterà accedere ad un conto bancario per scoprire ogni spostamento e azione di un qualsiasi individuo, cosa che in parte già avviene.



               Jean-Claude Juncker – Presidente della Commissione Europea

Per quanto riguarda la reintroduzione dell’Imu, c’era da aspettarselo. L’imu, o vecchia Ici, rimaneva l’unica tassa non più corrisposta in Italia, una chimera. Tanto che era sorto il dubbio che se la fossero dimenticata, ma a quanto pare non è così. La proprietà della prima casa è un fatto culturale in Italia, un elemento sacro, una tradizione che è difficile da ritrovare nel resto del mondo. Siamo fra i maggiori possidenti di prime case, questo perché costruirsi e comprare la propria prima casa è sempre stato elemento di tradizione e consuetudine. Una sicurezza per sé e per la propria famiglia, un obiettivo alto da raggiungere. Nella società usa e getta, le case si vendono, si comprano e soprattutto si affittano, tutto è un mercato e quello immobiliare è uno dei più redditizi. Quando non converrà più possedere la prima casa, se ancora non è così, rimarranno solo i palazzinari con i loro affitti altissimi e i loro enormi profitti, nelle metropoli di tutto il mondo questo processo è già iniziato. Non è difficile trovare a Parigi o a Londra affitti minimi da 1500 euro o 1400 sterline per monolocali da 30 mq. E inoltre, di magnati partiti dal mercato immobiliare ce ne sono molti, il neoeletto presidente degli Stati Uniti Donald Trump è uno di questi. In tutti i modi ci risiamo con il “ce lo chiede l’Europa” ormai una litania che dal Governo Monti in avanti, sentiamo ripetere senza sosta per tutte quelle decisioni politiche mal digerite e mal accettate dagli italiani. Come se non bastasse poi Bruxelles inviterà a ridurre la spesa pubblica; a breve arriveremo al punto in cui non ci sarà più nulla da tagliare. Tutto questo perché da qui a ottobre bisognerà trovare tra i 5 e i 10 miliardi.

Non è da escludere anche la richiesta di un aumento dell’Iva, quella rimandata da Renzi in favore delle elezioni. C’è da aspettarsi quindi una grande campagna elettorale all’insegna del “meno Europa” per poi ritrovarci nuovamente a pagare tasse su tasse imposte dalle solite raccomandazioni non richieste. E pensare che la pressione fiscale italiana è tra le più alte d’Europa. Sommando la componente tributaria a quella contributiva siamo al 64,8% più di ventiquattro punti percentuali in più della media europea (40,6%). Con la grandissima differenza che, a parità di pressione fiscale, siamo comunque il Paese con meno servizi d’Europa. Paragonare le politiche sociali francesi o tedesche o addirittura scandinave, a quelle italiane, renderebbe sicuramente la drammatica situazione più chiara agli occhi di tutti. Se ad esempio, come in Danimarca, in cambio di una pressione fiscale del 60%, si avesse per tutti gli studenti universitari italiani un assegno mensile di 800 euro a fondo perduto, per tutta la durata dell’università, certo che si pagherebbero le tasse ben più volentieri. Questo è solo un esempio ma se ne potrebbero fare molti altri. La realtà è che gli italiani non hanno ben chiara la situazione sotto gli occhi e sono imbeccati dalla stampa che riporta solo gli slogan del politico di turno decontestualizzandone l’argomentazione e svuotandone il significato. Un grande passo da fare per la comprensione della situazione della politica economica italiana si può fare andando a vedere PIIGS, un film italiano e indipendente sull’austerity che da quattro settimane è ancora nelle sale di tutta italia. Se ne scriveva qui anche in tempi non sospetti.

 PIIGS trailer ufficiale

Continuare a mettere la testa sottoterra subendo in silenzio le politiche imposte dall’UE ci porterà verso una fine inesorabile e intontirsi convincendosi che si stia avendo crescita di Pil e occupazione quando la verità è che si tratta di una crescita talmente bassa da risultare ridicola servirà ancora meno. Quello che è utile invece è cominciare ad informarsi seriamente quantomeno per prendere coscienza della precarietà dello Stato italiano.

di Flaminia Camilletti - 25 maggio 2017 

http://www.lintellettualedissidente.it/italia-2/i-nuovi-dogmi-dellausterity/ 

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