I raggiri del CETA


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Il grande raggiro del CETA (e il futuro dell’Unione Europea)

FONTE FAILEDREVOLUTION (BLOG)
Con l’imminenza del voto presso il parlamento Europeo sul trattato UE-Canada noto come CETA e i potenziali diverbi riguardo alla sua ratifica che potranno susseguirsi nei vari parlamenti nazionali UE, il CETA continua ad attirarsi pesanti critiche. Dando uno sguardo più da vicino al testo dell’accordo, e a recenti dichiarazioni mirate a rassicurare i critici e ottenere appoggio alla sua realizzazione, mostrano che le preoccupazioni rispetto al CETA sono ben fondate. Oltre i tentativi di pubbliche relazioni da parte del governo Canadese e della Commissione Europea atti a venderlo come un trattato progressista, il CETA resta ciò che è sempre stato: un attacco alla democrazia, ai lavoratori e all’ambiente. Sarebbe un enorme errore ratificarlo.
L’osservatorio Europeo delle multinazionali
Su ambo i lati dell’Atlantico, il Trattato Comprensivo su Economia e Commercio (CETA) tra UE e Canada, è altamente controverso. Il numero record di 3,5 milioni di persone in giro per l’Europa hanno firmato una petizione contro il CETA e il suo accordo gemello, il TTIP (Patto Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti). I sindacati Europei e Canadesi, come anche gruppi di consumatori, gruppi ambientalisti, o di salute pubblica, nonchè le piccole e medie imprese, rifiutano l’accordo. Dubbi di legittimità costituzionalerispetto al CETA sono stati sollevati in Germania e Canada e la compatibilità dei controversi privilegi per investitori stranieri previsti dal CETA con la legislazione UE sarà probabilmente oggetto di giudizio da parte della Corte Europea di Giustizia.
Punti chiave:
 
  • In giro per l’Europa, più di 2100 governi locali e regionali si sono dichiarati zone franche TTIP/CETA, spesso con delibere multipartisan. Anche i parlamenti si sono p reoccupati per il CETA, ad esempio in Belgio, Francia, Slovenia, Lussemburgo, Irlanda, Paesi Bassi.
  • Nei mesi recenti, per lanciare un’ancora di salvataggio alla possibilità di ratificare il CETA, i responsabili istituzionali per i commerci in Canada e in Europa si sono lanciati in piena modalità propagandistica. Hanno presentato il CETA come “un accordo spiccatamente progressista”, i detrattori della’accordo sono stati dipinti come “hooligans del commercio”, che “vivono in una realtà post-fattuale”, che “gettano benzina su preoccupazioni e paure, che non hanno alcuna relazione con il testo del CETA”. Il più dei media si sono uniti a tifare CETA, sostenendo che “molte delle critiche, che potevano essere giustificate rispetto al TTIP, non si applicano al CETA”. Quando il governo Vallone, dopo 70 ore di consultazioni pubbliche su argomento CETA in sede del parlamento, ha deciso di non appoggiare la ratifica del CETA, i commentatori dei media hanno condannato il fatto come “basato su una generica opposizione alla globalizzazione, che si gioca principalmente sulle emozioni e perlopiù ignora i fatti”.
  • L’ultima trovata pubblicitaria dei sostenitori del CETA è una moltitudine composta di 39 dichiarazioni varie che accompagnano il testo dell’accordo.Tali testi sono studiati per mitigare preoccupazioni tra i socialdemocratici, i sindacati e il pubblico in generale preoccupato che il CETA minacci i servizi pubblici, il lavoro, gli standard ambientali e che metta a repentaglio la stessa possibilità per i governi di legiferare nel pubblico interesse.Ma in realtà tali dichiarazioni non fanno nulla per aggiustare le pecche del CETA. Le dichiarazioni di accompagnamento al testo del CETA sono piene quanto il testo medesimo di affermazioni equivoche e depistanti che eludono i problemi chiave dell’accordo. CETA è in realtà un clamoroso attacco alla democrazia, ai lavoratori e all’ambiente.
I raggiri del CETA
Primo raggiro: Il CETA protegge i diritti dei lavoratori
La Commissione Europea tesse le lodi delle presunte “forti regole in materia di protezione dei diritti dei lavoratori”. Ma in realtà non c’è pressochè nulla del genere nel CETA. Il Capitolo 23, su commercio e lavoro, è pieno di buone intenzioni, ad esempio “Le parti non devono esimersi dal sostenere e mettere pienamente in pratica la loro disciplina in materia di lavoro e i propri standard al fine di incoraggiare commercio o investimenti” (articolo 23.4.3). Ma nessuna penalità è prevista sotto il CETA se uno degli Stati Europei, il Canada o una multinazionale che opera in entrambi i paesi viola questo proposito.
I sindacati Europei e Canadesi hanno proposto un protocollo che renda le prescrizioni in materia lavoristica del CETA effettivo vincolo legale. Il problema è molto importante per essi poichè temono che il CETA possa mettere a rischio gli standard lavorativi (dal momento che i datori di lavoro possono più facilmente spostare capitali dove gli standard legali sono bassi e scarsamente rispettati nella prassi). L’esistente esperienza con precedenti capitoli in materia di lavoro privi di vincolo legale presenti in altri accordi commerciali UE (ad esempio quelli con la Colombia o la Corea) mostrano chiaramente che la Commissione Europea non ha mai agito nè messo in pratica alcunchè, nemmeno in caso di violazioni dei diritti del lavoro di massima gravità ben documentate dai movimenti.
La scarsa considerazione per i diritti del lavoro nel CETA può avere serie implicazioni. Molti parti dell’accordo metterebbero seriamente a repentaglio i diritti che i lavoratori e sindacati hanno conquistato con fatica: Le regole per i pubblici appalti interne al CETA potranno portare a contenziosi legali nei casi in cui le autorità pubbliche vincolano le loro pratiche d’acquisto a criteri sociali quali ad esempio il rispetto del salario minimo o il rispetto degli accordi collettivi; I privilegi conferiti agli investitori esteri per mezzo del CETA potranno condurre a costosi contenziosi legali contro gli Stati se non intervengono a fermare scioperi di durata prolungata o quando le regioni decidessero ad esempio di imporre dei livelli di personale minimo per turno in ospedali o case di riposo. L’indebolimento delle legislazioni nazionali e locali potrebbe configurare nuovi ostacoli di fronte agli sforzi per assicurarsi che i soggetti privati prestatori di servizi rispettino le regole delle discipline sul lavoro.
Il CETA molto probabilmente avrà tra i suoi effetti anche significative perdite di posti di lavoro. Secondo uno studio del Settembre 2016 dell’università Tufts, ci sarebbe una perdita totale di 232.000 posti di lavoro. Questo avrebbe come riflesso di deprimere gli aumenti salariali e per il 2023 si registrerebbero salari medi di 1776€ per il Canada e tra 316€ e 1331€ per i paesi dell’Unione Europea, a seconda di quale stato membro in particolare e in relazione agli scenari di proiezione senza CETA. I ricercatori prevedono anche un politicamente pericoloso incremento del’ineguaglianza dal momento che benefici e guadagni dal CETA andrebbero tutti ai possessori di capitali, non ai lavoratori.
Queste previsioni riflettono l’esperienza di precedenti accordi di libero scambio come il North American Free Trade agreement (NAFTA): sull’argomento si veda il parere della confederazione sindacale Statunitense AFL-CIO. Dunque, piuttosto che proteggere i lavoratori, come viene sostenuto dai “tifosi” del CETA, l’accordo promuove ricchezza e potere per i pochissimi a spese proprio dei lavoratori. Non ne ottengono niente tranne qualche manciata di retorica buonista senza effetto. Le affermazioni aggiuntive e le piccole modifiche di contorno non fanno nulla per cambiare la sostanza.
Secondo raggiro: Il Ceta fa bene all’ambiente
Secondo la Commisione Europea, il CETA contiene “regole stringenti per la promozione dell’ambiente”. Ma le salvaguardie contenute nel testo del CETA sono deboli. Come per quanto riguarda il capitolo sul lavoro, il capitolo 22 sullo sviluppo sostenibile e il capitolo 23 su commerci e ambiente contengono eufemismi su uno “sviluppo sostenibile dei commerci” o su “regole per la  protezione ambientale che favoriscano i commerci” e via discutendo. Ma proprio come nel caso del capitolo sul tema lavoro, le direttive ambientali del CETA non possono essere messe in pratica imponendo sanzioni commerciali o altre penalità economiche, come multe, qualore fossero violate.
I diritti che il CETA conferisce agli investitori potrebbero risultare in ingenti spese legali e lunghi e macchinosi processi iniziati da multinazionali che inquinano qualora i governi forzassero a chiudere, o semplicemente tentassero di regolamentare ad esempio miniere la cui estrazione risulta inquinante, o di ridurre l’impego di combustibili fossili inquinanti; le liberalizzazioni del settore agricolo previste dal CETA e le labili protezioni per alti standard di produzione alimentare darebbero una nuova spinta a un già esistente modello industriale di produzione agricola che sta praticamente devastando il pianeta. Dal momento che il CETA si propone di incoraggiare il volume dei commerci, maggiore produzione e estrazione, l’emissione di gas serra è ben probabilmente destinata ad aumentare.
In breve, la retorica a favore dell’ambiente che si va cucendo intorno al CETA è vuota e senza senso. Altro non è che un tentativo di dare una mano di pittura verde a un accordo che in verità pone serie minacce all’ambiente e ai tentativi di trovare misure adatte e risolutive per salvare il pianeta dal disastro climatico.
Terzo raggiro: I diritti che il CETA conferisce agli investitori salvaguardano il diritto di regolare e proteggere l’ambiente, la salute, l’interesse pubblico in generale
Secondo la Commissone Europea il CETA “assicura la protezione dell’ambiente mentre, al tempo stesso, mette al primo posto la capacità dei governi di legiferare nel pieno interesse pubblico, inclusi casi nei quali tali regole hanno un impatto sugli investimenti esteri“. Il punto critico assente in tale affermazione è che, mentre le parti in causa preservano il diritto di regolare la materia, le regolazione deve essere entro i confini stabiliti dalle regolazioni e obblighi accettati sottoscrivendo il CETA. Il capitolo 8 del CETA “sugli investimenti” contiene ampi e sterminati diritti “sostanziali” conferiti agli investitori esteri che sono una costante degli accordi commerciali di cui già si ha esperienza, proprio quei privilegi che sono stati causa di innumerevoli assalti legali da parte degli investitori contro gli Stati, incluse impugnazioni contro le salvaguardie per la salute, l’ ambiente e altri temi di pubblico interesse. Con tale conferimento di diritti alle multinazionali, molti attacchi legali-speculativi avrebbero luogo come conseguenza diretta del CETA.
“Il CETA non darà luogo a uno scenario in cui gli investitori esteri sono favoriti rispetto agli investitori nazionali” (articolo 6a) Ma il CETA consente soltanto agli investitori esteri di bypassare la competenza e la giurisdizione dei tribunali locali e citare direttamente in giudizio intere entità statali in tribunali paralleli, all’industria nazionale e men che mai ai singoli cittadini viene elargito cotanto privilegio.
“Il CETA mette in chiaro che ogni compensazione dovuta a un investitore sarà basata su una determinazione oggettiva da parte del tribunale e non sarà in ogni caso maggiore alla perdita subita dall’investitore” (articolo 6b) Si può leggere come una garanzia che l’investitore saranno soltanto risarciti per soldi già spesi per un progetto. Ma invece la disciplina generale prevalente è di computare i “profitti attesi ” come parte integrante delle “perdite subite dall’investitore”. Questo significa che i tribunali istituiti ad hoc dal CETA possono ordinare agli stati di pagare importi praticamente illimitati come compensazione, incluse le stime dei futuri guadagni attesi dall’investitore e “andati perduti” (come ad esempio nel caso della Libia alla quale è stato ordinato il apgamento di 900 milioni di $ come compensazione di “mancati profitti” per un progetto turistico, nonostante l’investitore aveva investito soltanto 5 milioni di $ e la costruzione non era nemmeno mai partita). Quindi, piuttosto che salvaguardare il diritto di legiferare nell’interesse pubblico, che sarebbe quanto sostengono i proponenti del CETA, il CETA forzerà piuttosto i legislatori a pagare per poter imporre regole, che siano in materia di salute, ambiente, o di ogni altro ambito di pubblico interesse.
Quarto raggiro: Il CETA protegge i servizi pubblici essenziali come assistenza medica e acqua
Probabilmente la più grossa minaccia ai servizi pubblici giunge dai vastissimi diritti concessi agli investitori stranieri previsti dal capitolo 8 del CETA. Mentre Canada e Unione Europea (con tutti gli stati membri) hanno inserito un numero di eccezioni per i pubblici servizi e senzioni nel CETA, nessuna di queste si applica però alla menzionata regolazione sui contenziosi legali Stato-investitori (capitolo 8 sezione F) nè si applicano ai più pericolosi standard imposti a protezione degli investitori, come l’esproprio (capitolo 8.12) e giusto ed equo trattamento (8.10). Ciò rende la possibilità di regolare delicati settori dei servizi pubblici come istruzione, acqua, salute, welfare e pensioni proni a ogni genere di esose rivendicazioni da parte degli investitori. I governi potrebbero ritrovarsi a dover pagare milioni di compensazioni a detti investitori esteri. Le decisioni sarebbero prese esclusivamente da una assemblea di arbitratori mossi dal profitto (non giudici indipendenti come sostenuto) basate sul garantire gli estremi privilegi concessi dal CETA agli investitori (sopra le stesse costituzioni nazionali, che in larga parte sono atte a moderare e controbilanciare gli abusi derivanti dalla concentrazione di proprietà) e potranno includere compensazioni basate sulla mera aspettativa di futuri profitti (cosa praticamente mai prevista da nessuna costituzione esistente). A fronte di un tale incalcolabile rischio, i governi potrebbero ritrovarsi totalmente impossibilitati a conferire la gestione dei servizi essenziali al pubblico, o se hanno tali intenzioni a vedersi costretti a ritirarle, anche quando appare chiaro che passate privatizzazioni si sono rivelate totali fallimenti. Ciò potrebbe arrestare la cerscente tendenza alla ri-municipalizzazione delle forniture idriche (Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Ungheria), reti elettriche (Germania e Finlandia) trasporti pubblici (Regno Unito e Francia) come pure il discusso ritiro di alcune clamorose privatizzazioni fallite delle quali caso esemplare è il sistema sanitario pubblico Britannico (NHS, National health service) allo scopo di rendere il settore sanitario meno orientato dal profitto.
In breve, il CETA limitra in modo netto la capacità di creare, espandere, riformare e regolare i servizi pubblici. Questa è una minaccia diretta ai diritti essenziali quali accesso all’acqua, salute, energia, nonchè una minaccia di peggioramento delle condizioni lavorative nei settori connessi. Sostenere che il CETA protegge i servizi pubblici senza cambiare in nulla il testo degli accordi che di fatto lavorano per realizzare il contrario è pia illusione, nella migliore delle ipotesi.
Quinto raggiro: Il CETA istituisce una corte indipendente per arbitrare dispute tra Stati e investitori
Sotto il CETA, i contenziosi legali tra Stati e investitori sarebbero decisi da un tribunale di tre arbitratori ideologicamente pro-profitto con diretti interessi nella questione. A differenza dei normali giudici tali figure non avrebbero una compensazione salariale fissa, ma sarebbero pagati caso per caso, con 3000$ al giorno (articolo 8.27.14, paga standard per arbitraggio in materia d’investimenti). In un sistema unilaterale dove soltanto gli investitori possono denunciare ciò da luogo a un forte incentivo sistemico per gli arbitratori ad allinearsi a questi ultimi, dal momento che finchè il sistema paga per gli investitori, più cause e quindi più soldi arriveranno agli arbitratori.
Gli sono ulteriori ovvi difetti che rendono il tribunale degli investimenti istituito dal CETA prono ad essere tutt’altro che equo. Non si può fare ricorso contro chi saranno i membri assegnati a giudicare e non ci sarà nessun conflitto impugnabile in caso di giudici che arbitrano su più casi allo stesso tempo o dal loro essere allo stesso tempo avvocati delle multinazionali in altri contenziosi (8.30.1). Quindi si verrebbe a creare un ristretto club di avvocati degli investitori che possono fare di tutto per allargare il loro business a piacimento, incoraggiando gli investitori a intentare cause e interpretando le regole in modo estensivo in modo da allargarne il più possibile il campo d’applicazione. I criteri di selezione per tali membri del tribunale escludono ogni conoscenza legale al di fuori di quella del club, diritto d’impresa, ossia aree meno dominate da interessi commerciali ma probabilmente più rilevanti vista la natura d contenziosi, quali potrebbero essere diritto amministrativo, diritto del lavoro, diritto dell’ambiente (28.27.4).
Riguardo alle chiare problematiche riguardanti la procedura di elezione degli arbitratori e palesi dubbi sulla loro indipendenza economica, il più grande sindacato tedesco di magistrati e pubblici accusatori ha sollevato domande a questa corte degli investimenti (nota con l’acronimo ICS: investment court system) per come essa è inclusa nel CETA e proposta per l’accordo gemello TTIP: “Nè la procedura promossa per l’elezione dei giudici degli interessi nè le loro qualifiche sono compatibili con i requsiti internazionali che definiscono l’indipendenza delle corti”, i giudic hanno così dichiarato in una loro esternazione del Febbraio 2016, l’associazione Europea dei magistrati ha esternato simili dubbi.
Nessuno sano di mente metterebbe la firma su un accordo che si copre dietro dichiarazioni generiche che sono sistematicamente contraddette dalle sue disposizioni effettive, che sono quelle che realmente decidono cosa avrà luogo come conseguenza. ma la Commissione UE pare stia proprio cercando di fare questo: indurre parlamento Europeo e parlamenti nazionali a ratificare un accordo internazionale che legherà per sempre le nostre società a costrizioni varie sulla base di sole vaghe promesse di eventualmente migliorare i suoi aspetti controversi in futuro.
Sesto raggiro: Il CETA garantirà gli standard di protezione delle persone e dell’ambiente
Il capitolo 12 in materia di legislazioni nazionali impone a Canada e UE nella totalità dei suoi stati membri e annessi e connessi governi regionali e locali a adottare procedure di conferimento di licenze e autorizzazioni “il più semplici possibile” per le multinazionali (art. 12.13.7), salvo che le complicazioni siano giustificate a mezzo di dettagliate relazioni. L’impegno a rendere il processo di approvazione di, ad esempio, un nuovo reattore nucleare, un gasdotto, uno stabilimento di trasformazione alimentare o una banca “più semplice possibile” ha ottime possibilità di abbassare gli standard di controllo e garanzia. Ad esempio le misure legali per controllare le transazioni finanziarie e la gestione del rischio raccomandate dal Comitato di Basilea per la supervisione bancaria sarebbero già considerate una violazione del capitolo 12. Non c’è nulla nel testo del CETA che controbilancia il criterio di semplificazione con altri valori che una società potrebbe ben avere a cuore come ad esempio assicurarsi che un gasdotto di cui si propone la costruzione non distrugga l’ambiente e che il parere delle popolazioni residenti sia dovutamente tenuto in conto.
Prendiamo il caso dei rifiuti elettronici. Nle 1998, una proposta da parte della Commissione Europea sostenuta anche dal parlamento Europeo includeva piani per bandire sostanze pericolose nei rifiuti elettrici. Attraverso un processo di dialogo basato sulla cooperazione nell’ambito del CETA, responsabili dell’amministrazione USA e lobbysti delle multinazionali hanno attaccato la proposta, riferendosi ai suoi profili di limitazione dei commerci trans-atlantici. Nel 2002 quando tale direttiva sui rifiuti fu approvata, la sostanza che regolava le sostanze pericolose fu considerevolmente indebolita e ridotta. C’è voluto un ricorso da parte del governo Danese e del parlamento Europeo per bandire nuovamente dai commerci Europei una particolare sostanza pericolosa che l’originale testo proponeva di bandire ed era stata in seguito riammessa nel testo corretto dopo le obiezioni, e ciò dieci anni dopo la proposta originale di bandirla. Questo è il potere degli accordi in cui gli interessi privati sono ammessi alla pari agli interessi nazionali su un piano di presunta cooperazione.
In definitiva anzichè garantire standard ambientali, sociali o sanitari il CETA nella sua interezza rappresenta una seria minaccia di smarrire questi standard, risulta inoltre in un pesante sovraccarico sui regolatori e potenzia di molto il ruolo dei lobbysti delle società multinazionali nella formulazione delle leggi, mettendo potenzialmente a repentaglio non solo la possibilità di produzione di leggi eque e necessarie, ma proprio la possibilità stessa delle nostre democrazie.
Fonte: http://failedevolution. blogspot.it
Link: http://failedevolution. blogspot.it/2016/11/the-great- ceta-swindle.html
17.11.2016
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CONZI

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