Cavallette alle porte per il Regno Unito?


Altro che il Brexit, la Germania ha un ben altro problema. Ed Erdogan potrebbe aggravarlo molto



Mentre i media autorevoli dedicano tutta la loro attenzione all’attacco da operetta dell’alcolizzato lussemburghese contro Nigel Farage, forse occorrerebbe prestare maggiore attenzione all’atteggiamento di Angela Merkel verso la vicenda Brexit. Tutti infatti hanno sottolineato una sua particolare durezza, tralasciando il fatto che soltanto la Cancelliera e il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, hanno invece sposato la tesi di Londra della necessità di tempo (e di un nuovo premier) prima di attivare l’articolo 50, tanto che il proprio Tusk ha sì fissato un vertice straordinario ma solo per la metà di settembre.

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Non c’è, quindi, né tutta questa urgenza, né la prospettiva di cavallette alle porte per il Regno Unito. Ma perché Angela Merkel sposa un’apparente linea del dialogo? Forse perché l’anno prossimo in Germania si vota e il tema più caldo sarà l’immigrazione, la malagestione europea della quale per David Cameron è stata la ragione della vittoria del Leave: mentre noi eravamo occupati a preconizzare il crollo del Big Ben, infatti, in quattro giorni sono arrivati in Italia ben 13mila clandestini (i profughi sono bloccati al confine turco, questi sono ragazzoni in salute del sub-Sahara o del Maghreb).
E la Merkel sa di avere un problema, anzi due. Primo, Alternative fur Deutschland sopra il 15% e intenzionata a basare la sua campagna elettorale per il voto del prossimo anno sull’indizione di un referendum in stile britannico per la permanenza nella Ue. Secondo, la questione turca all’interno dei confini tedeschi che sta diventando sempre più preoccupante, al netto delle centinaia di migliaia di immigrati da altri Paesi fratti entrare proprio dalla Cancelliera e che le stanno costando parecchio in termini di politica interna e consenso. E a dirlo non è il sottoscritto, bensì uno studio di 22 pagine del Dipartimento di religione e politica dell’Università di Münster dal titolo “Integration und Religion aus der Sicht von Türkeistämmigen in Deutschland”, ovvero “Integrazione e religione dal punto di vista dei turchi in Germania”, una ricerca compiuta tra cittadini di origine turca che vivono in Germania da anni, molti dei quali da decenni.
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Qualche cifra? Ne abbiamo a bizzeffe. Il 47% degli interpellati è d’accordo con l’assunto in base al quale “seguire i dettami della mia religione è più importante per me che rispettare le leggi del Paese dove vivo”: scorporando il dato totale, abbiamo un 57% di favorevoli negli immigrati turchi di prima generazione e un 36% di seconda e terza generazione, categorie queste ultime che definiscono chi è nato in Germania o ci è arrivato da bambino. Il 32% dei rispondenti, inoltre, è d’accordo sul fatto che “i musulmani dovrebbe battersi per tornare a un ordine societario come ai tempi di Maometto”, con la prima generazione al 36% e la seconda e terza al 27%. C’è una sola, vera religione, ovvero l’Islam? Il 50% la pensa così, con i vecchi al 54% e i giovani al 46%.
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Ma c’è di meglio, perché per il 36% degli interpellati solo l’Islam può risolvere i problemi dei nostri tempi: 40% delle prime generazioni e 33% delle seconde e terze. Per il 20% dei turchi tedeschi la minaccia che l’Occidente pone verso l’islam giustifica la violenza, con il dato della prima generazione al 25%, mentre un 7% ritiene che pur di diffondere l’islam la violenza sia giustificata: il numero sembra piccolo ma il 7% dei 3 milioni di turchi che vive in Germania significa avere 210mila persone che ritengono giusto ammazzare in nome di Allah a casa propria. Vuol dire l’intera cittadinanza di Padova pronta al jihad, io non starei troppo tranquillo. Per il 23% degli interpellati, poi, i musulmani non devono stringere o toccare la mano di un membro del sesso opposto: 27% della prima generazione, 18% della seconda e terza.
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Il 33% pensa che sia giusto che le donne musulmane debbano portare il velo e il 31% delle donne che ha risposto alla domanda ha detto che in pubblico tiene sempre e comunque il capo e parte del volto coperti. Per il 73% degli interpellati “i libri e i film che attaccano la religione e offendono i sentimenti della gente credente dovrebbero essere vietati per legge”, mentre l’83% dei rispondenti è d’accordo sul sentirsi arrabbiato quando un musulmano viene accusato per primo in caso di attacco terroristico. Per il 61% dei turchi tedeschi, l’islam è la religione perfetta per il mondo occidentale, mentre il 51% ritiene di far parte di una cittadinanza di serie B, tanto che il 54% dichiara che per quanto possa sforzarsi, non è accettato come membro della società tedesca.
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Ma molto interessante è anche la percezione differente che turchi e tedeschi hanno dell’islam: Il 57% dei primi associa la sua religione ai diritti umani, contro solo il 6% dei tedeschi nativi. Per il 56% dei turchi l’islam è associato alla tolleranza contro solo il 5% dei tedeschi, mentre se il 65% dei primi pensa che l’islam sia portatore di pace, solo il 7% dei secondi è d’accordo con questa visione. Basandosi su questi numeri, i ricercatori hanno concluso che il 13% di chi ha risposto vada classificato come fondamentalista religioso (18% della prima generazione, 9% della seconda e terza): parliamo, in termini nazionali, di circa 400mila turchi tedeschi definibili come fondamentalisti e pronti ad accettare la violenza come mezzo di diffusione dell’Islam.
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Ci sono, ovviamente, anche le colpe dell’Occidente, il quale ha aperto le porte a manovalanza a basso costo senza rendersi conto che l’assenza di integrazione porta danni a medio termine. Nel 2012, un studio di 103 pagine dal titolo “Deutsch-Türkische Lebens- und Wertewelten”, cioé “La vita e i valori dei turchi tedeschi” mostrava come solo il 15% sentisse la Germania come casa propria, mentre quasi la metà, 46%, era d’accordo nello sperare che in futuro ci possano essere più musulmani che cristiani che vivano in Germania e il 55% pensava che la Germania dovrebbe costruire più moschee. Per il 72% dei rispondenti l’islam era l’unica vera religione, con il 18% che pensava che gli ebrei fossero inferiori e il 10% che pensava questo dei cristiani. Inoltre, il 63% dei turchi tedeschi tra i 15 e i 29 anni approvava la campagna salafita di distribuire una copia del corano in ogni casa e il 36% si diceva pronto a sostenere finanziariamente l’iniziativa.
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Il 95% degli interpellati pensava che è assolutamente necessario preservare l’identità turca, mentre per l’87% i tedeschi devono sforzarsi di più nel considerare usi e costumi turchi. Infine, il 62% dei rispondenti ha detto di preferire avere attorno turchi che tedeschi e solo il 39% pensa che i tedeschi siano persone meritevoli di fiducia. Inoltre, emergeva come non fosse più il lavoro la prima ragione di migrazione dalla Turchia alla Germania, bensì il ricongiungimento con parenti o amici già emigrati.
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Ma c’è poi dell’altro, fresco fresco. Stando a un sondaggio statistico prodotto dall’Istat tedesca, la Destatis, i turchi hanno, economicamente e a livello di educazione, meno successo di altri gruppi di immigrati. Oltre un terzo (36%) vive sotto la soglia di povertà, contro il 25% di immigrati dai Balcani o dall’Europa del sud (Spagna e Portogallo) e il reddito medio è di 1.242 euro al mese contro 1.486 degli stranieri non turchi e i 1730 dei tedeschi nativi. Solo il 5% dei turchi tedeschi guadagna più del 150% del reddito tedesco medio, contro il 21% dei migranti dall’Est Europa, il 18% dall’Europa del sud e l’11% dai Balcani. Infine, soltanto il 60% dei turchi tedeschi ha completato la scuola secondaria contro l’85% dei migranti dall’Europa dell’Est e solo l’8% tra i 17 e 45 anni ha ottenuto una laurea, contro il 30% di chi arriva dall’Europa dell’Est. Nemmeno a dirlo, lo studio sottolinea come l’educazione sia un fattore determinante per l’integrazione nella società.
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E cosa c’entra l’Ue in tutto questo? Se non fosse esploso il caso Brexit, per domani era in programma – almeno stando a fonti comunitarie citate dalla Reuters – un incontro tra Ue e Turchia per riannodare i fili del processo di ingresso nell’Ue, un mero atto formale che sarebbe dovuto essere il contentino per tenere calmo Erdogan sul fronte dei profughi. Il 1 luglio, tra due giorni, infatti, scade l’ultimatum turco per il regime di visti liberi per i suoi cittadini all’interno dell’Unione, questione sulla quale è in atto un braccio di ferro.
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Ankara ha minacciato ritorsioni proprio sull’accordo sui profughi, con il rischio che apra le frontiere con Grecia e Bulgaria, mentre l’Unione ha detto no fino a quando la Turchia non rivedrà la sua legge anti-terrorismo, ritenuta troppo dura e restrittiva. Guarda caso, un bell’attentato ad Istanbul garantirà ad Erdogan mano libera su quella legislazione e anche Bruxelles avrà meno argomenti per chiedere ammorbidimenti. Cosa accadrà? Una sola cosa è certa: con il regime di visti liberi, 78 milioni di turchi potrebbe entrare tranquillamente nell’Unione come fossero cittadini comunitari. La Merkel lo sa. Per questo, forse, preferisce che Bruxelles prenda tempo sul Brexit e rimandi a più avanti altre decisioni. Magari sganciando ad Erdogan altri miliardi, tanto per far passare l’estate senza crisi migratorie.
Di Mauro Bottarelli , il 29 giugno 2016

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