Profezie

di 

di Mauro Poggi

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Il 19 ottobre 1987  è ricordato come il peggior lunedì nero delle borse mondiali. L’indice Down Jones di Wall Street perse in una sola seduta oltre il 22%. Tuttavia la borsa di New York non fu nemmeno fra le peggiori: Hong Kong lasciò sul terreno il 46%, Londra il 26%, Madrid 31% e via dicendo.

Un anno dopo sull’Economist, giornale finanziario della famiglia Rotschild, uscì un curioso articolo in cui si prevedeva che nel giro di trent’anni (quindi entro il 2018) la maggior parte delle principali valute – americana, giapponese, europee e buona parte di altre minori – sarebbe stata sostituita da una moneta unica (il Phoenix) capace finalmente di mettere fine alle ricorrenti crisi economiche. L’implementazione del nuovo ordine monetario avrebbe comportato la cessione della sovranità monetaria da parte degli stati nazionali.
Ciò che l’articolo non diceva esplicitamente è che essendo la sovranità monetaria una delle prerogative più qualificanti di uno stato sovrano, questa cessione non potrebbe che preludere a un nuovo ordine politico mondiale, dove gli stati nazionali sarebbero solo delle entità amministrative territoriali. Un po’ come sta avvenendo con gli stati dell’Eurozona.
A chi e come verrebbe attribuito il potere sovrano in questo nuovo ordine non è dato sapere.
Nell’articolo saltano all’occhio le somiglianze  tra Euro e Phoenix, tanto che potrebbe benissimo essere letto come la prefigurazione del progetto europeo. Le salvifiche qualità del phoenix replicano quelle della  nostra moneta unica quale ci era stata rappresentata: l’assenza di rischio cambio stimola il commercio, gli investimenti e l’occupazione; una Banca centrale mondiale controlla l’inflazione planetaria come  la BCE controlla quella europea; la necessità per gli Stati di ricorrere ai mercati finanziari per i loro fabbisogni sprona i governi a comportamenti virtuosi (nell’accezione che il neo-liberismo dà al termine “virtuoso”): come nella narrazione eurocomunitaria, tutti poi vivrebbero felici e contenti.
Ma di tutte le miracolose implicazioni, l’unica che trova davvero riscontro nella realtà dell’eurozona è la cessione della sovranità nazionale, senza contropartite, a favore di organismi tecno-burocratici che non vantano alcuna legittimazione popolare.
Questo processo di alienazione dei poteri nazionali subirà una prossima ulteriore accelerazione con la chiusura dell’accordo TTIP, prevista entro quest’anno, e la successiva ratifica da parte dei parlamenti. Qui la cessione  sarà direttamente a favore delle multinazionali, senza nemmeno il tramite dei tecno-burocrati.
Vista la prossimità della data, viene allora da chiedersi se non sia proprio questo il nuovo ordine Phoenix profetizzato dall’articolo.
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[Economist, 01/09/1998 – Vol 306 pag 9-10]
[Fra trent’anni] I prezzi saranno quotati non in dollari, yen o marchi tedeschi, bensì in una nuova valuta – che potremmo chiamare provvisoriamente Phoenix. Il phoenix sarà preferito da imprese e consumatori perché più conveniente delle valute nazionali, che per allora saranno viste come essere state la causa della maggior parte delle perturbazioni economiche del XX secolo.
Agli inizi del 1988 questa può sembrare una predizione azzardata. Le proposte di un’unione monetaria negli ultimi dieci anni hanno proliferato, ma nessuna di esse aveva previsto la battuta d’arresto del 1987. I governi delle grandi economie hanno cercato di avvicinarsi a un sistema più gestibile di cambi, preliminare a una radicale riforma monetaria. Per mancanza di cooperazione hanno fatto terribili pasticci e provocato l’innalzamento dei tassi di interesse che hanno portato al crollo borsistico dell’ottobre scorso. Il crollo ha insegnato ai fautori dei cambi fissi che una finta cooperazione può essere peggiore di una rivalità esplicita; finché una vera cooperazione non sarà possibile (cioè finché i governi non cederanno parte della loro sovranità economica) ulteriori tentativi di agganciare le valute falliranno.
Il più grande novità nell’economia planetaria dall’inizio degli anni ’70 è data dal fatto che i flussi di denaro hanno rimpiazzato i flussi di merce come forza di determinazione dei valori di cambio. A seguito della crescente integrazione del mercato finanziario mondiale, le differenti politiche economiche nazionali riescono solo marginalmente a influenzare i tassi di interesse o le loro aspettative, ma possono scatenare enormi trasferimenti finanziari da un paese all’altro. Questi trasferimenti prevalgono sui flussi commerciali nel determinare la domanda e l’offerta di valuta, e quindi nella determinazione dei cambi. Con il progredire delle tecnologie, le transazioni finanziarie diventano più rapide e più e a buon mercato. Senza politiche economiche coordinate, la volatilità dei cambi non può che aumentare.
In questo contesto i vincoli economici nazionali si stanno lentamente dissolvendo. A mano a mano che questo processo si consolida, una moneta unica per almeno i principali paesi industrializzati diventerà auspicabile per chiunque, eccetto i cambia-valute e i governi. Nell’area Phoenix gli aggiustamenti economici si ripercuoterebbero sui prezzi in modo automatico e graduale, al contrario di quel che succede oggi. L’assenza di ogni rischio nel cambio stimolerebbe il commercio, gli investimenti e l’occupazione.
La zona Phoenix imporrebbe stretti vincoli ai governi nazionali. Non esisterebbero più le politiche monetarie nazionali. L’offerta mondiale di moneta sarebbe stabilita da una nuova Banca centrale globale, derivata forse dal Fondo Monetario Internazionale, che gestirebbe l’inflazione mondiale e quindi – salvo piccoli margini – quella dei singoli stati.
Ogni paese, per le proprie politiche economiche, potrebbe agire su tasse e spesa pubblica, ma dovrebbe ricorrere ai mercati per coprire il proprio deficit eventuale. Sia i governi che i loro creditori sarebbero costretti a valutare con molta più attenzione i bilanci statali.
Questo comporta una grossa perdita di sovranità per gli Stati nazionali, che comunque la vedono ridimensionata dalla tendenza generale che rende il Phoenix: in un mondo di cambi più o meno fluttuanti, l’indipendenza dei governi nazionali è costantemente minacciata da un mondo ostile.
Con l’avvicinarsi del nuovo secolo, le forze naturali che spingono il mondo verso l’integrazione economica offrono ai governi ampie opportunità. Essi possono seguire la corrente o costruire barricate.  Aprire la strada al Phoenix produrrà minori accordi formali e maggiori accordi sostanziali. Significherà permettere e promuovere attivamente l’uso privato della moneta comune in parallelo con quelle nazionali. A questo punto sarà la gente, con il proprio portafoglio, ad esprimersi sul passaggio alla definitiva unione monetaria. Il Phoenix rappresenterà inizialmente una combinazione di monete nazionali, un po’ come i Diritti Speciali di Prelievo oggi; ma col tempo il suo valore in relazione alle diverse valute non avrà più alcuna importanza perché la gente lo avrà scelta per la sua convenienza e stabilità di potere d’acquisto.
L’alternativa – preservare una propria autonoma politica economica – condurrebbe alla proliferazioni di controlli draconiani sui commerci e sui flussi di capitale. I governi  potrebbero [continuare a] manipolare i movimenti di cambio, adottare politiche monetarie e fiscali senza freni, affrontare l’inflazione che ne deriverebbe con politiche di controllo dei prezzi e dei redditi: una prospettiva di crescita economica paralizzata.
Segnatevi l’arrivo del Phoenix per il 2018, e preparatevi a dargli il benvenuto quando sarà il momento.
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Fonti:


Pubblicato il 

https://sadefenza.wordpress.com/2016/03/12/profezie/

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