Un lavoro di squadra

Lidia Undiemi

La Banca MPS perde in tribunale contro i lavoratori

Sono rimasta affascinata dal cambiamento interiore delle persone coinvolte. Nei primi incontri la partecipazione era accompagnata da un certo scetticismo e l’obiettivo era quello di tutelare il “proprio”. Con il passare del tempo, abbiamo iniziato a discutere dell’impatto del fenomeno sul futuro del paese, e di come questa battaglia rappresentasse per molti lavoratori un atto dovuto anche per le nuove generazioni. E’ vero, la preparazione tecnica è fondamentale per vincere una causa, ma un buon risultato si ottiene solo se un ideale, un obiettivo comune guida un lavoro di squadra
DI LIDIA UNDIEMI - 
Ieri il tribunale di Siena ha ordinato alla banca MPS il reintegro dei lavoratori per accertamento della illegittimità della cessione delle attività di back office (ex art. 2112) realizzata in favore della società di servizi Fruendo (creata in occasione della cessione da Bassilichi e Accenture I.S.) e che ha coinvolto più di mille dipendenti. La vittoria ottenuta dai colleghi senesi ha riacceso le speranze di altri gruppi di lavoratori che attendono il giudizio in diverse parti d’Italia. Centinaia di dipendenti ceduti hanno infatti presentato ricorso contro il trasferimento di ramo d’azienda in cui sono stati coinvolti.
L’aspetto veramente straordinario delle tutele legate a questo particolare fenomeno delle esternalizzazioni, è che per riottenere il posto di lavoro, i ricorrenti devono dimostrare in sede di giudizio che quella parte di attività che si è voluto cedere non è “funzionalmente autonoma” (questo è perlomeno il requisito principale), ossia non è sostanzialmente in grado di operare come una “vera” azienda. Troppo spesso, infatti, tali operazioni vengono poste in essere con lo scopo di “snellire” i costi del personale, e non perché si intende veramente cedere una parte dell’attività, appunto autonoma, in grado di sopravvivere in quanto tale nel mercato.
Accade quindi che il giudice del lavoro – come ho avuto modo di raccontare in tante altre occasioni – si ritrova a dovere indagare sull’esistenza, in concreto, dei requisiti che caratterizzano una impresa “reale”, entrando talora inevitabilmente nel merito, assieme alle parti del processo, di quelle complesse operazioni economiche e finanziarie di cui si sente tanto parlare ma le cui logiche e finalità sono spesso inaccessibili alla comune percezione.
Nell’attesa di un risveglio della politica e dell’azione sindacale, bisogna prendere coscienza del fatto che le aule di tribunale sono diventate il principale campo di battaglia dove si consuma lo scontro “faccia a faccia” fra capitale e lavoro.
Chiuse queste considerazioni di carattere generale, e tornando alla vittoria in primo grado dei lavoratori del Monte dei Paschi a Siena, è bene chiarire che adesso non è il momento di entrare nel merito del perché ed in che termini il giudice Delio Cammarosano abbia reputato illegittima la cessione ex art. 2112 delle attività di back office, poiché per questo dovremo attendere le motivazioni.
Quel che merita di essere condiviso sin da subito, invece, è il percorso che ha portato a questa grande vittoria dei lavoratori, a cui ho avuto il privilegio di partecipare in prima persona in qualità di consulente tecnico di uno degli studi legali (Cirillo di Napoli) che si è occupato del caso per un gruppo consistente di assistiti.
Circa tre anni fa siamo stati contattati da alcuni lavoratori poi coinvolti nella cessione, che chiedevano dei chiarimenti sui rischi dell’operazione. Si provi ad immaginare quale possa essere il livello di consapevolezza di chi nella vita non si è mai occupato di certe questioni, e lo sforzo che bisogna fare per comprenderne il significato. La prima fase della vertenza è consistita in una serie di assemblee che non avevano lo scopo di convincere i lavoratori a far causa, ma di aiutarli a diventare “padroni” del proprio destino mettendo nelle loro mani quel “sapere” necessario per comprendere il fenomeno, che generalmente resta a disposizione delle poche oligarchie della conoscenza che così facendo costringono il popolo a subire scelte e interessi altrui.
Sono rimasta affascinata dal cambiamento interiore delle persone coinvolte. Nei primi incontri la partecipazione era accompagnata da un certo scetticismo e l’obiettivo era quello di tutelare il “proprio”. Con il passare del tempo, abbiamo iniziato a discutere dell’impatto del fenomeno sul futuro del paese, e di come questa battaglia rappresentasse per molti lavoratori un atto dovuto anche per le nuove generazioni. E’ vero, la preparazione tecnica è fondamentale per vincere una causa, ma un buon risultato si ottiene solo se un ideale, un obiettivo comune guida un lavoro di squadra.
In un apparente immobilismo del conflitto sociale, qualcosa fortunatamente si muove, e i protagonisti non sono certo quelli che oggi dovrebbero rappresentarci.

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