Oltre l'euro



Oltre l'euro

L'opposizione sociale e l'uscita dalla moneta unica: il Movimento Cinque stelle detta le priorità

 
“È possibile partendo da una tale frammentazione del tessuto sociale creare un blocco omogeneo in cui raccogliere gli interessi di precari, proletari cognitivi, operai declassati, disoccupati e ceti medi impoveriti?”. Si chiede Paolo Becchi sul Fatto Quotidiano. Avendo partecipato a tutti e tre i giorni di incontro del Circo Massimo, la risposta è che se c'è ancora una speranza per quell'immenso sotto-proletariato creato dalla moneta unica (e che il Jobs Act renderebbe permanentemente la maggioranza della popolazione), questa, chiaramente, si chiama Movimento Cinque Stelle. 


 
Senza la possibilità di poter utilizzare lo strumento della politica fiscale, della politica monetaria e della politica valutaria, è chiaro che la sfida oggi in Europa è tra chi vuole riappropriarsi di quote importanti di sovranità per poter tornare a incidere positivamente sulla vita di quest'immenso sottoproletariato e non essere più solo esecutori passivi o passacarte di decisioni prese altrove; e chi vuole, attraverso questi organismi sovranazionali, continuare a calpestare la democrazia popolare e decenni di conquiste costituzionali. “Dobbiamo uscire dall'euro il prima possibile. Non c'è più tempo”, ha dichiarato Beppe Grillo dal palco del Circo Massimo. Sta a tutti coloro che hanno a cuore questa battaglia di civiltà trovare insieme le modalità più efficaci per raggiungere il prima possibile quest'obiettivo comune, che un giorno l'Italia festeggerà come un nuovo 25 aprile rispetto ai diktat di Berlino, Francoforte e Bruxelles (perfettamente eseguiti dai collaborazionisti alla Monti, Letta e Renzi...).
 
 
 
Il programma di governo di Renzi è molto chiaro: con la sua "riforma" del mercato del lavoro sta puntando sulla divisione dei lavoratori: mettere i giovani contro i vecchi, i non garantiti contro i garantiti, i lavoratori temporanei contro quelli a tempo indeterminato, finendo con l'indebolire l'intero mondo del lavoro. Si intende accrescere ulteriormente la flessibilità dei contratti, cancellando persino conquiste  storiche, come quella delle tutele dei lavoratori contro i licenziamenti ingiustificati. E, laddove è stata applicata come in Germania con la riforma del lavoro Hartz IV, importanti economisti tedeschi ormai non nascondono più il dramma sociale che ha prodotto, vale a dire un immenso “sottoproletariato da 7,4 milioni di persone”. Per non parlare dell'ormai famosa generazione 300 euro che la Troika ha imposto in Grecia attraverso riforme similari  quelle che Renzi vuole per l'Italia. 
Il risultato della politica sul lavoro del Governo sarà quindi solo una maggiore precarietà della vita dei lavoratori e delle loro famiglie, con il risultato di ridurre ulteriormente il potere di rivendicazione collettiva e con ciò, inevitabilmente, anche i loro salari. Questa strategia è comunque miope. In una fase recessiva come l'attuale, operare sulla flessibilità del lavoro è controproducente. Il problema da risolvere oggi è quello di una domanda troppo debole e comprimere i salari non fa che peggiorare la situazione. Occorrerebbe, al contrario, agire con urgenza agire con politiche anticicliche sulla domanda effettiva (la domanda aggregata). La domanda aggregata in macroeconomia rappresenta la domanda di beni e servizi nel suo complesso ed  è direttamente proporzionale alla spesa pubblica e inversamente proporzionale al livello di imposizione fiscale. Ciò,  insomma, di cui abbiamo bisogno è più spesa pubblica e meno tasse. Per uscire dalla crisi non c'è altra via che rilanciare la domanda con un programma di forti investimenti pubblici e al contempo con una strategia di politica industriale ed energetica  innovativa e ecologicamente compatibile.
Perché si fa esattamente il contrario? La risposta  è elementare, anche se molti ancora non vogliono ammetterlo. In mancanza di flessibilità del cambio e di sovranità sul bilancio, non resta che agire dal lato del  mercato del lavoro. È questo che  sta facendo il governo Renzi rispettando alla lettera gli ordini della Troika. Ma come si può favorire la domanda interna se l'Europa, per salvare l'Euro,  continua a chiederci, in  buona sostanza, di svalutare i salari? Come si può stimolare la domanda prospettando  i licenziamenti e la perdita dei diritti dei lavoratori conquistati in anni di lotta? È dunque evidente che il nodo Gordiano dell' Euro va tagliato il prima possibile e la battaglia e il recupero della propria sovranità monetaria deve diventare il primo obbiettivo di una forza sociale realmente antagonista. L'Euro non ha creato unità ma divisione, non ha creato ricchezza ma povertà. La costrizione alla moneta unica rischia di spezzare persino il sogno europeo. Si può essere per una certa idea di Europa dei popoli e dei diritti senza sacrificare le nostre vite sull'altare di una moneta. 
“Dobbiamo uscire dall'euro il prima possibile. Non c'è più tempo”, ha dichiarato ieri dal Circo Massimo a Roma. Ora la posizione sull'Euro è chiarita: Grillo non si è limitato a riproporre l'idea del referendum, ma ha detto a chiare lettere che il Movimento Cinque stelle è per l'uscita dall'Euro e che l'Italia deve recuperare quanto prima la propria sovranità monetaria. Lo stesso punto è stato ripreso con forte vigore anche da Gian Roberto Casaleggio. 
Questa è una novità di assoluto rilievo politico. Si potrà discutere sul senso dell'utilità e opportunità di un referendum consultivo del tutto atipico, dal momento che la Costituzione non prevede un referendum sulle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali, ma nel 1989 fu pur indetto un referendum consultivo e niente vieta di seguire la stessa strada, una strada, va detto, irta di difficoltà. Ma che altro può fare un movimento che ha vinto le elezioni politiche nazionali e che Re Giorgio ha relegato all'opposizione?  
In un Parlamento non più simbolo della sovranità popolare, ma mero tramite di decisioni prese a Bruxelles, Berlino e Francoforte (attraverso i vari governi fantoccio che si susseguono a Roma), l'opposizione istituzionale è perlopiù inutile e irrisa tra ghigliottine e canguri. Certo, il Movimento è dentro il Parlamento e ci deve restare ma deve soprattutto essere opposizione sociale, a contatto con i cittadini di un paese che ormai, come Genova, sta affogando. 

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