Stiglitz o il convitato di pietra:


 l’uscita dall’Euro

Stiglitz o il convitato di pietra: l’uscita dall’Euro

Gli Eurobond non sono una soluzione e all'Italia resta un'unica soluzione percorribile per ripartire


di Cesare Sacchetti
L’Aula dei gruppi parlamentari scelta per ospitare la conferenza del Professor Stiglitz è quella delle grandi occasioni e il titolo della lectio magistralis lascia poco spazio all’immaginazione: ”La crisi dell’Euro: cause e rimedi”. L’analisi dell’economista americano parte dagli errori strutturali dell’unione monetaria disegnata dai trattati e viene ricordata la famosa teoria dell’Area Valutaria Ottimale di Mundell come modello virtuoso, per rimarcare come nelle unioni valutarie sia necessario un trasferimento di fondi dei paesi più forti e in surplus nella bilancia dei pagamenti verso i paesi strutturalmente più deboli in deficit e questo schema ricalca perfettamente la situazione attuale dell’Eurozona con i paesi del Nord Europa, Germania in primis, in avanzo e quelli del Sud Europa, Italia e Spagna, in deficit.

Un principio corretto, ma Mundell non poteva prevedere nella sua teoria il fattore Angela Merkel, che non sembra affatto intenzionata a mettere in pratica quello che sarebbe uno dei modi per riequilibrare gli squilibri che affliggono l’Eurozona. Stiglitz ricorda correttamente che il PIL non riesce a quantificare in maniera empirica tutti i danni che una crisi economica come quella che si è abbattuta sull’Eurozona ha provocato e sta provocando tuttora a livello sociale, con intere generazioni di giovani europei che stanno lasciando i propri paesi di origine tanto da spopolare intere aree e privando così del capitale umano e sociale indispensabile per la crescita di quei paesi, i quali hanno speso risorse per formare i propri giovani che andranno a portare le proprie competenze in paesi stranieri. I livelli di deficit previsti dai trattati, sottolinea Stiglitz, sono troppo bassi e il rigore imposto da Bruxelles non ha fatto altro che aumentare il debito pubblico, ma qui forse il Professore manca di sottolineare come l’intero processo decisionale che ha prescritto le decisioni di politica economica a livello europeo abbia un deficit, questo sì davvero preoccupante, di democraticità.
Sostanzialmente il problema dei debiti sovrani dell’Eurozona è quello noto per il quale gli Stati membri dell’Euro non sono i creatori della loro valuta (issuers) ma sono costretti ad indebitarsi in una valuta straniera ovvero l’Euro, e in questo modo corrono il serio rischio di default perché ricorda Stiglitz:” gli USA stampano dollari continuamente e non incorrono nel rischio di insolvenza a meno che non manchi l’elettricità necessaria per assicurare il funzionamento delle stampatrici, mentre i paesi dell’Euro non possono fare altrettanto”.

La soluzione secondo il professore c’è, semplice e ovvia: gli Eurobond. Qui la domanda legittima che sarebbe stato giusto sollevare a Stiglitz è se per caso abbia mai provato a fare un viaggio a Francoforte, sede della BCE, per chiedere a Draghi se vuole rendere la Banca Centrale Europea “prestatore di ultima istanza” ovvero garantire tutti i debiti degli stati sovrani dell’Eurozona ed emettere titoli del debito. Purtroppo non è stato possibile farla, perché l’intero evento sembrava essere pensato non per offrire rimedi veri e praticabili ad una crisi che sta corrodendo giorno dopo giorno le economie e le giovani generazioni dei paesi europei, ma per riproporre una soluzione stantia già invocata illo tempore dall’ex Ministro dell’Economia Tremonti e più volte rigettata dalla BCE con l’obbiettivo di salvare una moneta unica pensata male ed elaborata peggio, con la Bundesbank primo azionista della Banca Centrale.
Non ce ne vogliano i tedeschi, ma purtroppo se l’architettura dei trattati europei è stata cucita addosso alla Germania nello stesso modo in cui un sarto cuce un vestito su misura, non possiamo non menzionarlo. I paragoni tra la FED e la BCE e i distinti obbiettivi sono rimarcati giustamente dall’economista americano, che nota come la stabilità dei prezzi sia il faro della BCE che adotta la teoria quantitativa della moneta e perciò stampare moneta è male altrimenti si crea inflazione, teoria che come abbiamo già ricordato in passato è stata ampiamente smentita da tutta la letteratura internazionale e dai casi recenti come quello del Giappone con un’inflazione che si attesta a livelli del 3% nonostante siano state stampate tonnellate di yen dalla Banca Centrale nipponica ,e gli obbiettivi della FED che mette al primo posto l’occupazione. “L’Unione bancaria, quella genuina ed autentica, alleggerirebbe i problemi con un’assicurazione comune sui depositi” sostiene Stiglitz, peccato però che l’Unione Bancaria Europea reale non prevede un’assicurazione comune sui depositi, mettendo a rischio i depositi e i conti correnti stessi che fino ad’ora erano gli unici residui sicuri di risparmio trasformandoli così in investimenti a rischio.
Come osserva correttamente l’Onorevole Cariello che mi siede affianco” i sintomi della malattia già li conosciamo, abbiamo bisogno di prendere le medicine per guarire”. Se la struttura dei trattati è stata mal concepita e ad oggi ne vediamo i risultati, e se la BCE e gli altri stati membri dell’Euro si rifiutano di attuare meccanismi di solidarietà per riequilibrare quelle situazioni di diseguaglianza che l’Euro ha contribuito ad accentuare, non sarebbe legittimo prendere in considerazione un’uscita dall’Euro che sta continuando a stritolare l’economia italiana? Qui il discorso si fa politico, non economico, e Stiglitz si tiene lontano dall’unica soluzione percorribile per il Paese, ma l’atmosfera è quella delle grandi celebrazioni e gli applausi dell’Aula continuano a scrosciare.

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