"O esce dall'euro..

 o l'Italia va diretta verso un immenso default". Roger Bootle sul Telegraph

 

"Mi chiedo quanti altri anni l'Italia dovrà sprecare prima che ai suoi leader venga in mente che questa è l'unica strada percorribile".


Roger Bootle, amministratore delegato di Capital Economics e vincitore del Wolfson economics prize  - in poche parole un'economista a differenza di quello che si autoproclamano alcuni dopo alcuni articoli su Repubblica o Corriere - non ha dubbi nel suo ultimo articolo sul Telegraph: o esce dall'euro o l'Italia va diretta verso un gran default. Non ci sono alternative.
 
Per cogliere il problema nella sua giusta prospettiva, sostiene Bootle, tutti i Paesi del G7, tranne l'Italia e il Giappone, hanno ormai superato il livello di PIL di cui godevano prima della Grande Recessione. Il Canada è 9% al di sopra del livello del 2008, mentre il PIL italiano è ancora sotto  del 9%  con una contrazione che continua a ritmi drammatici. 
 
Ma non è certo un fulmine a ciel sereno: dal momento che è stato adottato l'euro nel 1999, il tasso medio annuo di crescita dell'economia italiana è stato solo dello 0.3% - in altre parole nulla. Non tutto questo è dovuto all'euro, chiaramente, ma la moneta unica, prosegue Bootle, non ha certo aiutato perché, fin dall'inizio, i costi italiani hanno continuato ad aumentare più velocemente di quelli del centro dell'unione. Questa volta, però, non c'era la via d'uscita del tasso di cambio e delle svalutazione come in passato. Quindi, i costi e i prezzi italiani sono rimasti privi di un meccanismo di riequilibrio.
 
Con un tasso di disoccupazione al 12.6% e tanta capacità produttiva inutilizzata, è possibile che i salari e gli altri costi inizieranno a scendere notevolmente, come hanno fatto in Spagna, Grecia e Irlanda. Ma anche se questo accadrà e anche se dovesse finire per rendere i prodotti italiani più competitivi, acuirà l'alto grande problema del paese: il debito. L'Italia, scrive l'economista, è molto vicina a quella situazione che gli economisti definiscono "trappola del debito", in cui il rapporto debito/Pil aumenta in modo esponenziale. L'unica via di fuga possibile è l'inflazione, o il default. Dato che il paese non ha a disposizione la prima opzione, non potendo contare su una propria valuta, l'Italia è in corsa per un immenso default sovrano.
 
Spesso si sente dire che una crisi del debito pubblico in Italia non è possibile perché gli italiani hanno un alto tasso di risparmio personale e, di conseguenza, ci sono sempre i fondi per comprare il debito. Allo stesso modo, si sostiene spesso che, a differenza del Portogallo o della Grecia, la posizione con l'estero dell'Italia non è poi così male, con le passività verso gli stranieri superiori alle attività verso l'estero di qualcosa come il 30pc del PIL. Questo significa che il debito italiano è per lo più posseduto dagli stessi italiani. Ciò è in gran parte vero – ma sino a un certo punto. Dato che l'Italia non è un grande debitore verso l'estero vi è un rischio limitato di una crisi di indebitamento internazionale del tipo che affligge periodicamente diversi mercati emergenti. Ma ci può sempre essere una crisi fiscale: il fatto che gli italiani hanno molti risparmi non significa che mettano volentieri il loro denaro in titoli di Stato, in particolare quando l'insostenibilità delle finanze pubbliche implica che a un certo punto ci sarà un default.
 
Il debito greco può essere "ristrutturato" senza scuotere il sistema finanziario europeo, ma questo perché la Grecia è piccola. Al contrario, il mercato dei titoli di Stato italiani è il terzo più grande al mondo, dopo Stati Uniti e Giappone. Qualcuno da qualche parte è seduto su enormi scorte di titoli di debito italiani - per lo più le banche italiane. Quindi, sostiene Bootle, una crisi del debito si trasformerebbe presto in una crisi bancaria.  
 
Come potrebbe l'Italia sfuggire a tutto questo? I problemi sono profondamente radicati e non possono essere risolti in una notte. Il Paese ha bisogno di riforme fondamentali del suo sistema politico, della giustizia, del suo sistema fiscale e del mercato del lavoro. Anche se tutto venisse fatto, però, l'Italia sarebbe ancora impantanata nel debito pubblico. Come il resto della zona euro, quel di cui l'Italia ha più immediatamente bisogno è una crescita economica. Forse una qualche ripresa a livello europeo potrebbe essere raggiunta con una combinazione di audacia da parte della BCE e diallentamento fiscale da parte dei tedeschi. Ma non è neanche sicuro. L'opzione radicale per l'Italia è quella di uscire dall'euro e permettere a una valuta debole di generare un boom di esportazioni, una maggiore inflazione, un maggior gettito fiscale e un onere del debito più leggero. Mi chiedo, conclude l'economista, quanti altri anni l'Italia dovrà sprecare prima che  ai suoi leader venga in mente che questa è l'unica strada percorribile.

Per la traduzione completa dell'articolo di Bootle si rimanda e si ringrazia Voci dall'Estero

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