Renzi ci confischerà i depositi?


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«I risparmi dei 500 milioni di cittadini dell’Unione Europea saranno usati per finanziare investimenti a lungo termine per stimolare l’economia e contribuire a riempire il vuoto lasciato dalle banche dall’inizio della crisi finanziaria». Così si legge in un documento riservato della Commissione Europea, che però la Reuters ha potuto leggere. Tradotto dalla lingua di legno, significa questo: la confisca dei risparmi depositati in banca. Ossia la «cura» usata per Cipro a danno dei depositanti, estesa all’Europa. Ma non alla Germania, ovviamente: soltanto a quella parte dell’Europa dove i privati hanno tanti soldi da parte, eppure non li investono nelle loro economie reali (perché le banche preferiscono mettere i soldi in titoli di Stato senza rischio); Paesi che, inoltre, nonostante questo tesoro in cassa, sono in stato di indebitamento …

Fonte: Effediefffe.com
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Reuters conferma: l’Ue a caccia dei risparmi privati
I risparmi di una vita: l’ultimo rifugio che ha permesso al popolo italiano di sopravvivere a una pressione fiscale percepita del 70%, a una disoccupazione del 13% e a un debito pubblico che ormai è al 133%. Se ne sono accorti anche all’Ue e hanno pensato di attaccarsi a questo, ora che non c’è più niente in giro.
Un fortino che in tempo di crisi ha aiutato la popolazione a tirare avanti (letteralmente) alla meno peggio, aiutata anche da quella sorta di paziente fatalismo tipica di tutte le popolazioni esposte nei secoli alle invasioni e private, durante la storia, di un governo unitario che le proteggesse.
Unico rifugio che però non reggerà ancora per molto, né per loro né per tutto il resto della popolazione europea. Infatti l’UE sembra proprio fare sul serio e mettere nero su bianco i suoi progetti di prendere su base “involontaria” quindi con modalità decise dall’alto, i risparmi e le pensioni dei privati per immetterli nel sistema e favorire la crescita.
Ovvero: la Bce, per salvaguardare il finanziamento del credito come arteria principale dell’economia, ha finanziato a tassi iperagevolati le banche, permettendo agli istituti di ripulire i propri conti da asset tossici, queste, da parte loro, per evitare di essere nuovamente “infettate” hanno praticamente chiuso i rubinetti del credito alle imprese, perché troppo esposte alle incertezze di un panorama economico debole, asfittico e senza prospettive di crescita. Quindi il sistema produttivo, che in Europa dipende dalle banche per l’80-90% dei casi, si è bloccato.
Snodo bancario Come sbloccarlo? Far pagare a chi ha creato il danno? Perchè mai? Meglio rivolgersi ai cittadini visto che loro, a quanto pare, di soldi ne hanno. In Italia soprattutto.
Infatti nel resto del Continente si saranno chiesti in molti una cosa altrimenti difficilmente comprensibile: come fa un popolo a campare con una pressione fiscale percepita al 70% (quella ufficiale sfiora il 50%), una disoccupazione al 12,7% (con punte del 40% nella fascia giovanile), una crescita in negativo anno su anno che proprio oggi è stata quantificata a -1,8% del Pil, con una produzione industriale in crollo a -3% nel giro di 12 mesi, con una popolazione praticamente invecchiata, senza ricambio generazionale e con una fascia di povertà assoluta che continua ad allargarsi sempre di più? Evidentemente ci dev’essere una sorta di “aulularia”, una pentola d’oro che li salva miracolosamente. Si, può anche darsi esista ancora in molte famiglie la possibilità di ricorrere al tesoretto del risparmio, ma questo è di certo stato creato in momenti più floridi da chi, lungimirante, oggi ci permette di sopravvivere.
La “confisca” Ue Un discorso che sarà allargato presto ai 500 milioni di cittadini dell’Unione europea, coinvolti nel progetto Ue che vedrebbe l’impiego dei capitali privati e dei fondi pensione per dar vita a investimenti a lungo termine. Da tempo l’Europa, conscia di una ripresa sempre più esposta a rischi al ribasso, alle intemperie dei mercati esteri, alle conseguenze del tapering e soprattutto alla propria incapacità di uscire dagli assurdi vincoli autoimposti in ambito di moneta unica, sta tentando disperatamente di trovare canali alternativi a quello bancario per riuscire a svincolarsi dalla dipendenza dal settore. Purtroppo, però, una visione mentale che è stata acquisita nel corso dei secoli non può essere scardinata nel giro di pochi mesi, cosa che invece richiederebbe l’urgenza della questione e la disperazione di intere fasce della popolazione del Vecchio Continente, dalla Grecia alla Spagna, passando per l’Italia e il Portogallo.
Il documento Stando alla fonte, le tempistiche sarebbero anche brevissime: la seconda metà dell’anno dovrebbe vedere già la luce delle prime proposte (nell’ambito di un quadro più generale di misure per stimolare flussi di credito paralleli a quello bancario, comprese le cartolarizzazioni che le banche potrebbero creare per favorire la raccolta di capitali) le quali, come accadde per il Fiscal Compact nel 2012, potrebbero tranquillamente essere ratificate dai singoli governi senza che i diretti interessati, quindi i privati cittadini, possano far sentire la loro voce.
I precedenti Il tutto alla luce anche di quella richiesta fatta da Draghi non più tardi di tre gironi fa, richiesta che voleva i tempi per la creazione del fondo unico salva banche accelerata e ristretta al tempo massimo di 5 anni invece dei previsti 10. Il motivo è semplice: i tempi troppo lunghi rischierebbero di far restare senza protezione un settore troppo fragile. Non solo, ma come se ciò non bastasse Draghi è andato anche oltre esplicitando a chiare lettere la necessità di un paracadute pubblico come ulteriore sostegno finanziario sia nella fase transitoria, ovvero quella entro i 5 anni, sia in quella successiva. Praticamente si tratta, stando a quanto da lui dichiarato, di “prendere a prestito sui mercati con le garanzie pubbliche dei paesi membri o di accedere a una linea di credito dell’Esm”.
E l’Esm è finanziato dagli stati. Se a questo si aggiunge anche il precedente di Cipro e le voci di una patrimoniale al 10% avanzata dal Fmi e circolata qualche mese fa, si capisce subito come la paura di molti che già iniziano a prelevare e a pensare alle cassette di sicurezza non sia poi del tutto infondata. Solo che a questo punto si crea anche un altro paradosso: al di là delle spese di chiusura di un conto arriverebbero le segnalazioni da parte delle banche verso chi preleva in massa capitali anche ampi (soldi pur sempre nostri), cosa che già accade per prelievi minimi.
E il fatto di dover rendere conto a un impiegato di banca del motivo per cui prelevo i miei soldi pagando una commissione altissima dopo aver dato all’istituto la possibilità di specularci sopra, avendo in cambio solo lo 0,002%, è già qualcosa che rende indisponenti, a prescindere da tutto….
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