Ora s’incomincia a capire l’inganno dell’€uro ..


 

Глобальная финэлита и валютные войны. Часть III - IV. Великие золотые ограбления
“Per rubare mille dollari, è necessario destrezza, 
Per rubare un milione di dollari,
 hai bisogno di una gang.
 Per rubare un miliardo, c’è bisogno di una legge.
Per rubare un trilione è necessario una ideologia

G.Q.
immagine non visualizzata[1]

PERCHE’ L’ORO DI BANKITALIA APPARTIENE AL POPOLO ITALIANO E NON ALLE “BANCHE PARTECIPANTI”. ( seconda parte) di Mario Esposito

http://corrieredellacollera.com/2014/01/13/perche-loro-di-bankitalia-appartiene-al-popolo-italiano-e-non-alle-banche-partecipanti-seconda-parte-di-mario-esposito/#more-21039 [2]
continua dal post di ieri col medesimo titolo.
 L’ORO E’ ANCHE UNA GARANZIA PER RECEDERE DALL’ EUROSISTEMA
L’oro rappresentava – e rappresenta oggi ancora , se è vero, come pare non possa smentirsi, che l’Italia potrebbe recedere dall’ Eurosistema ( diversamente, il conferimento della funzione monetaria  nel SEBC non sarebbe tale, trattandosi, pur a dispetto di ogni evidenza normativa di una cessione definitiva) -  un bene strumentale  all’esercizio di un ufficio sovrano, delegato alla Banca mediante la sua stessa istituzione e, poi,  ulteriormente regolato con le modifiche successivamente intervenute.
Le riserve auree dovevano pertanto qualificarsi – almeno fino a quando l’Italia ha direttamente emesso la propria moneta – come beni assimilabili a quelli demaniali e, pertanto,  siccome ” pertinenze della sovranità”, appartenenti al popolo,  anche se affidati, per la gestione, allo stato o ad altri enti pubblici: esse garantivano infatti  la sovranità interna ed esterna, quanto rispettivamente ai biglietti emessi e agli eventuali squilibri della bilancia dei pagamenti.
Con l’ingresso del nostro paese nel SEBC , cessa l’esercizio diretto ed in proprio ( non però la titolarità finale) della funzione suddetta in proprio  da parte dello Stato e, quindi, della Banca d’Italia.
Essa viene infatti affidata alla gestione della BCE: non a caso – la circostanza assume valore probante della loro natura demaniale -  la nostra Banca centrale ha dovuto conferire nell’istituto di Francoforte  una parte delle riserve italiane. E si è trattato dell’ultimo atto lecito di disposizione.

DA QUANDO SIAMO ENTRATI NELLA BCE  BANKITALIA HA CESSATO DI POTER DISPORRE DELL’ORO ITALIANO
Ne consegue che, successivamente a tale momento, la detenzione delle riserve auree da parte della Banca d’Italia non corrisponde ad alcun titolo, tantomeno di appartenenza.
Esse devono pertanto essere restituite alla collettività e per essa allo Stato, anche in ragione del permanere della loro funzione di garanzia dell’Italia  nei rapporti economici e finanziari comunitari e internazionali ( potendo fornire alla collettività data l’attuale consistenza delle riserve medesime, la capacità autonoma di emettere circolante assicurato, appunto, dall’oro) e , in ogni caso, per legittima spettanza, agli italiani, ai quali soltanto – ovviamente nelle forme costituzionali  all’uopo predisposte – compete l’assunzione di ogni determinazione in proposito, che trova, quale controlimite di legittimità, l’articolo 47 della Costituzione.
Peraltro, come dimostra l’art. 19 comma 10 legge n. 262/2005 , l’istituto di via nazionale non ha più i requisiti minimi per continuare  nella custodia e meno ancora ha idoneità ad esercitare poteri di carattere dispositivo, almeno sino a quando non sia perfezionato il procedimento volto a rendere il capitale dell’istituto a totale partecipazione pubblica.
E a quel punto, sia detto per inciso, non si capirà a che serva avere un capitale e non già un fondo di dotazione, come era tipico degli enti pubblici economici.
CON CHE DIRITTO POCHE BANCHE PRIVATE HANNO MESSO IL NOSTRO ORO NEI LORO BILANCI ?
Frattanto –  vi si faceva cenno prima -  è concreto il rischio che, pur avendo autorevoli fonti affermato che l’oro dell’Istituto centrale non può  considerarsi afferente  al patrimonio netto della Banca d’Italia, si giunga,  avendo i quotisti già provveduto  a rivalutare le proprie partecipazioni  facendo espresso riferimento  al valore delle riserve auree, alla approvazione di una disciplina che espressamente consenta il ricorso a tale metodo di valutazione, facendo così rientrare le quote nel patrimonio dei soggetti partecipanti anche ai sensi del c. d. CORE TIER 1  con conseguente disponibilità delle medesime sul mercato.
Qualora a tanto si dovesse giungere – e “ le campagne di stampa”  lo lasciano presagire -   si otterrà che delle riserve auree potrà disporsi in sede di negoziazione privata tra privati delle azioni delle Banche partecipanti  al capitale di Bankitalia che abbiano, in sede di determinazione  del patrimonio netto, attribuito alle proprie quote un valore ragguagliato  anche alle riserve auree di questa.
Tale prospettiva si porrebbe in contrasto con le funzioni attualmente proprie dell’Istituto di via nazionale: è molto dubbio, infatti,  che Esso possa provvedere ad operazioni che abbiano quale effetto predeterminato l’ausilio di alcuni soggetti, in violazione del principio di uguaglianza nel settore dell’esercizio del credito.

Prodi e Ciampi[3]

Un gentile regalo alla casta bancaria: Bankitalia e le riserve auree ai privati

28 dicembre 2013 | Filed under: Economia [4]Notizie [5] and tagged with: 2005 [6]262 [7]Banca d’Italia [8],Bankitalia [9]governo [10]nazionalizzazione [11]oro [12]privatizzazione [13]riserve auree [14]Signoraggio[15]stato [16]Tremonti [17]
Per chi volesse approfondire la questione, si consiglia la lettura dello studio di Mario Esposito, Professore straordinario di diritto costituzionale, Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università del Salento
Bankitalia e le riserve auree ai privati: forse l’ultimo passo verso la dismissione della sovranità monetaria (con un decreto legge di “riforma costituzionale”) [19]
Ecco cosa diceva la legge 262 del 2005 e perché i banchieri la temevano
Quando Tremonti provò a nazionalizzare la Banca d’Italia … [20]
[..] occorre evitare che si dispieghino gli effetti negativi della legge n. 262 del 2005, mai attuata, che contempla un possibile trasferimento allo Stato della proprietà del capitale della Banca – Tratto dal documento interno della Banca D’Italia  ”Un aggiornamento del valore delle quote di capitale della Banca d’Italia [21]
[..] si sta per regalare alle banche un patrimonio valutabile tra i 5 e 7,5 miliardi, a cui bisogna aggiungere i futuri dividendi che riceveranno per diritto divino, non avendo (repetita juvant) alcuna funzione da svolgere [..]
[..] Nello scarno linguaggio tecnico si nasconde la verità che alle banche si sta per consegnare il cadeau di una rendita annuale valutabile tra i 360 e i 420 milioni di euro, pari a circa la copertura di una rata di IMU (o come si chiamerà domani l’imposta) sulla prima casa [..]
Un gentile regalo alla casta bancaria - di Oreste Parise
bancaitalia_signoraggio_262_2005_Tremonti_riserve_aureeSi apre lo scrigno della Banca d’Italia non servirà ad alleviare le sofferenze dei nuovi poveri, ma a impinguare il capitale e la rendita parassitaria delle banche partecipanti
Prima della celebrazione del decennale della sua mancata applicazione, sembra che la legge 262 approvata in pompa magna e con urgenza nel 2005 sta per essere finalmente completata con l’emanazione del decreto di attuazione da parte Ministero competente (il MEF, Ministero Economia e Finanza).
È assolutamente necessario premettere qualche rigo di chiarificazione poiché l’argomento è apparentemente solo tecnico e non riguarda la vita dei comuni mortali. La situazione ideale per poter disporre in maniera arbitraria e assolutamente senza controllo del patrimonio pubblico.
La grande riforma bancaria del 1936 ha reso la Banca d’Italia, costituita sotto forma di società per azione, l’unica banca emittente e il suo capitale distribuito tra le principali banche, tutte rigorosamente pubbliche: i sei istituti di credito di diritto pubblico (Banco di Napoli, Istituto San Paolo di Torino, Banco di Sicilia, Monte dei Paschi di Siena, Banca Nazionale del Lavoro e Banco di Sardegna) e le tre BIN (Banche di Interesse Nazionale, Banche Commerciale Italiana, Banco di Roma e Credito Italiano) e altri enti pubblici e assicurazioni.
[..] Rispetto all’assetto originario i partecipanti al capitale sono profondamente cambiati non solo nel nome, ma soprattutto nella natura giuridica. Ieri erano pubbliche anche se alcuna in forma privata, oggi sono private nella forma e nella sostanza e si apprestano a spartirsi lo scrigno accumulato nel corso degli anni, e alla cui formazione non hanno dato alcun contributo neanche sotto forma di partecipazione di capitale. L’acquisto delle quote nel 1936 è stato fatto rigorosamente con fondi pubblici e mai più nel corso degli anni sono stati chiamati a finanziare l’istituto. La grande trasformazione del sistema bancario e i processi di concentrazione avvenuti negli ultimi anni hanno accresciuto enormemente il peso percentuale del capitale della Banca d’Italia detenuta dai gruppi bancari di maggiori dimensioni.
In un documento riservato “Un aggiornamento del valore delle quote di capitale della Banca d’Italia [21]” redatto dai professori Franco Gallo, Lucas Papadernos e Andrea Sironi si afferma però che “Ciò non ha creato problemi di sostanza, grazie alle norme che limitano i diritti dei partecipanti, ma è necessario evitare la possibile (erronea) percezione che la Banca possa essere utilizzata dai suoi maggiori azionisti”. Si è creato un vero e proprio pasticcio, poiché il quadro giuridico originario, l’assetto proprietario degli istituti e le funzioni stesse della Banca d’Italia sono profondamente cambiati, come si è riconosciuto con la legge richiamata sopra.
Gli esperti interpellati sostengono però che “Il modello caratterizzato da una proprietà privata del capitale va preservato; l’assetto proprietario e la struttura di governance hanno garantito per decenni la piena indipendenza della Banca d’Italia”. Per corroborare questa tesi richiamano l’esempio della Federal Reserve dove circa il 38% delle 8039 banche commerciali negli Stati Uniti ha lo status di azionista del Federal Reserve System, mentre le banche commerciali a statuto federale ne fanno parte per legge.
“In secondo luogo,” – continua il documento degli esperti – “occorre evitare che si dispieghino gli effetti negativi della legge n. 262 del 2005, mai attuata, che contempla un possibile trasferimento allo Stato della proprietà del capitale della Banca. L’equilibrio che per anni ha assicurato l’indipendenza dell’Istituto, preservandone la capacità di resistere alle pressioni politiche, non va alterato”. Il problema reale non è certo la definizione della proprietà dell’Istituto (e si continua ad usare per essa una terminologia riservata agli enti pubblici non a caso), è un aspetto assai secondario della questione, poiché nella sostanza siamo di fronte a un ente che svolge funzioni esclusivamente pubbliche e solo per convenienza è stato organizzato sotto forma privatistica.
In questo caso non si tratta di disquisire del sesso degli angeli e indire un concilio a tale scopo, ma è in gioco un rilevante patrimonio, la cui destinazione riveste un grande e concreto interesse per la finanza pubblica.
Che possano esserci degli equivoci da chiarire lo rileva lo stesso studio, dove si rileva che “è necessario modificare le norme che disciplinano la struttura proprietaria per chiarire che i partecipanti non hanno diritti economici sulla parte delle riserve della Banca riveniente dal signoraggio, poiché quest’ultimo deriva esclusivamente dall’esercizio di una funzione pubblica (l’emissione di banconote) attribuita per legge alla banca centrale”. Bisogna evitare che i partecipanti pretendano di appropriarsi del tesoro della Banca d’Italia costituito nel corso degli anni con l’esercizio del signoraggio della moneta.
Le due componenti economiche sono costituite dalle riserve, quantificate in 15 miliardi di euro, e dal capitale dell’Istituto, per il quale viene proposto un metodo di valutazione determinato con l’attualizzazione degli utili futuri.
Nelle parole degli esperti. “Secondo i principi generali della finanza, il valore di un’attività finanziaria è pari al valore attuale netto del flusso di reddito che esso genera. Il valore delle quote della Banca è stato determinato utilizzando un Dividend Discount Model (DDM) al fine di stimare il valore attuale netto del flusso dei dividendi futuri che saranno percepiti dai partecipanti in base all’attuale disciplina. Ciò ha richiesto un’attenta selezione dei parametri di base del modello: il risk free interest rate, il tasso di crescita dei dividendi della Banca, il coefficiente Beta delle quote della Banca, l’equity premium, il liquidity discount. Nel complesso, in base alle analisi svolte il valore complessivo delle quote si collocherebbe in un intervallo compreso tra € 5 e 7.5 miliardi”.
Tradotto in italiano corrente, ciò significa che si sta per regalare alle banche un patrimonio valutabile tra i 5 e 7,5 miliardi, a cui bisogna aggiungere i futuri dividendi che riceveranno per diritto divino, non avendo (repetita juvant) alcuna funzione da svolgere.
“Ogni ambiguità su tale questione, definendo con chiarezza i diritti economici dei partecipanti e allineando le norme che regolano la distribuzione degli utili a quelle adottate da altre banche centrale con azionisti privati”, sostengono gli esperti. Resta senza risposta la domanda in virtù di quale principio degli azionisti che non hanno mai investito niente e non svolgono né sono chiamati a svolgere alcuna attività nella società di cui detengono le quote debbano percepire degli utili.
Gli esperti hanno provveduto a
1) calcolare il valore corrente delle quote della Banca;
2) aumentare il valore del capitale della Banca (al momento puramente simbolico). trasferendo una parte delle riserve a capitale;
3) attribuire ai partecipanti un flusso futuro di dividendi, il cui valore attuale netto sia pari al valore corrente stimato delle azioni della Banca (ponendo contemporaneamente fine a ogni eventuale pretesa sulle riserve statutarie);
4) fissare un limite massimo alla quota di capitale detenibile da una singola istituzione e gruppo, stabilendo un intervallo temporale entro il quale cedere obbligatoriamente le quote eccedenti”.
“Le nostre analisi mostrano che nelle attuali condizioni di mercato, qualora il capitale della Banca venisse aumentato a € 6/7 miliardi e considerando un tasso di dividendo del 6 per cento (360 o 420 milioni in termini assoluti), il valore delle azioni dopo la riforma si collocherebbe all’interno dell’intervallo sopra indicato (€ 5-7,5 miliardi)”.
Nello scarno linguaggio tecnico si nasconde la verità che alle banche si sta per consegnare il cadeau di una rendita annuale valutabile tra i 360 e i 420 milioni di euro, pari a circa la copertura di una rata di IMU (o come si chiamerà domani l’imposta) sulla prima casa.
Alla fine una questione tecnica si traduce in un interesse concreto. E resta da chiarire in che modo, tolto il signoraggio della moneta, la Banca d’Italia potrà realizzare questo utile e per quale attività le banche sono chiamate a sedersi alla tavola per consumare la succulenta crapula.
Un utilizzo più consono è un aiuto concreto alle fasce più deboli della popolazione che soffre per gli effetti della crisi. E se la Banca d’Italia diventa un ente pubblico, non sarà certo un dramma. Lo è di fatto.
http://www.oresteparise.it/Articoli13/mezzo2013_48.html [22]
*Giulietto Chiesa: Monti e  pubblico.flv *
http://www.youtube.com/watch?v=6Zxr0eKuKvE [23]

Article printed from STAMPA LIBERA: http://www.stampalibera.com
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[2] http://corrieredellacollera.com/2014/01/13/perche-loro-di-bankitalia-appartiene-al-popolo-italiano-e-non-alle-banche-partecipanti-seconda-parte-di-mario-esposito/#more-21039: http://corrieredellacollera.com/2014/01/13/perche-loro-di-bankitalia-appartiene-al-popolo-italiano-e-non-alle-banche-partecipanti-seconda-parte-di-mario-esposito/#more-21039
[3] Image: http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_fotogallery-102473/356439.htm
[4] Economia: http://www.associazionelatorre.com/category/notizie/economia-notizie/
[5] Notizie: http://www.associazionelatorre.com/category/notizie/
[6] 2005: http://www.associazionelatorre.com/tag/2005/
[7] 262: http://www.associazionelatorre.com/tag/262/
[8] Banca d’Italia: http://www.associazionelatorre.com/tag/banca-ditalia/
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[15] Signoraggio: http://www.associazionelatorre.com/tag/signoraggio/
[16] stato: http://www.associazionelatorre.com/tag/stato/
[17] Tremonti: http://www.associazionelatorre.com/tag/tremonti/
[18] Image: http://www.printfriendly.com/print?url=http://www.associazionelatorre.com/2013/12/un-gentile-regalo-alla-casta-bancaria-bankitalia-e-le-riserve-auree-ai-privati/
[19] Bankitalia e le riserve auree ai privati: forse l’ultimo passo verso la dismissione della sovranità monetaria (con un decreto legge di “riforma costituzionale”)http://www.associazionelatorre.com/wp-content/uploads/2013/12/Bankitalia-e-le-riserve-auree-ai-privati.pdf
[20] Quando Tremonti provò a nazionalizzare la Banca d’Italia …http://www.associazionelatorre.com/2012/10/quando-tremonti-provo-a-nazionalizzare-la-banca-ditalia/
[21] Un aggiornamento del valore delle quote di capitale della Banca d’Italia: http://www.associazionelatorre.com/wp-content/uploads/2013/12/UN-AGGIORNAMENTO-DEL-VALORE-DELLE-QUOTE-DI-CAPITALE-DELLA-BANCA-DITALIA.pdf
[22] http://www.oresteparise.it/Articoli13/mezzo2013_48.html: http://www.oresteparise.it/Articoli13/mezzo2013_48.html
[23] http://www.youtube.com/watch?v=6Zxr0eKuKvE: http://www.youtube.com/watch?v=6Zxr0eKuKvE
[24] BANKITALIA: Lannutti (ADUSBEF), assemblea carbonara per spartirsi il bottino: http://www.associazionelatorre.com/2013/12/bankitalia-lannutti-adusbef-assemblea-carbonara-per-spartirsi-il-bottino/
[25] Banca di Stato: se ne parla. In USA.: http://www.associazionelatorre.com/2013/06/banca-di-stato-se-ne-parla-in-usa/
[26] Un crollo dopo l’altro…: http://www.associazionelatorre.com/2013/03/un-crollo-dopo-laltro/
[27] Spagna: governo nazionalizza banca: http://www.associazionelatorre.com/2012/05/spagna-governo-nazionalizza-banca/

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