La voce del padrone,


 da Bava Beccaris a Bini Smaghi



Galileo? Un cretino: in effetti non è la Terra a orbitare nello spazio, ma il Sole. Ergo, «l’austerità non è una scelta dettata dalla Banca Centrale Europea». Del resto, lo sanno tutti: Bruxelles e Francoforte sono istituzioni umanitarie. Se ora si è passati alla frusta, la responsabilità è tutta dei governi e della loro incapacità di «introdurre le riforme strutturali capaci di aumentare il potenziale di crescita delle loro economie». A sostenenerlo non è un umorista, ma il fiorentino Lorenzo Bini Smaghi, banchiere centrale europeo fino al 2011 e ora “visiting scholar” ad Harvard e presidente di Snam Rete Gas, nel libro “Morire d’austerità. Democrazie europee con le spalle al muro”. Come dire: Tolomeo rivisitato nel 2013 e doppiato dalla voce del mitico generale Fiorenzo Bava Beccaris, l’uomo che a Milano nel 1898 non esitò a sparare sulla folla degli affamati, facendo a pezzi più di 500 persone. Colpa loro, probabilmente, anche in quel caso. 
L’austerità? Mai stata imposta dalla Bce. Tutta quella robaccia – inasprimento fiscale fino al rigor mortis cristallizzato dal Fiscal Compact – Barricate a Milano prima della strage del 1898non viene dagli oligarchi che trattano i governi come loro servi, bensì dai governi stessi, incapaci di «prendere decisioni al momento giusto». E cioè: radere al suolo il sistema di protezioni sociali costruito dalwelfare democratico a partire dai decenni del dopoguerra. Eppure, Bini Smaghi sembra considerare la Banca Centrale Europea una sorta di succursale della Croce Rossa: «Tutte le volte che la Bce ha preso misure per alleviare lacrisi, ha dovuto assistere a un allentamento dell’impegno dei governi», dice l’ex banchiere in un’intervista a “La Stampa” ripresa dal blog di Gad Lerner. Si dà sempre per scontato un dettaglio evidentemente trascurabilissimo: da quando sono entrati nella trappola dell’Eurozona, i governi non sono più abilitati a investire a favore delle rispettive comunità nazionali tramite la funzione sovrana della spesa pubblica, che ancora caratterizza i paesi appartenenti al mondo libero.

Per corroborare la sua tesi, riferisce il blog di Lerner, Bini Smaghi sottolinea un passaggio della crisi centrale nella storia recente del nostro paese, il famoso diktat contenuto nella lettera della Bce al governo Berlusconi. «In quei mesi di tensioni sui mercati internazionali, Francoforte stava comprando una mole significativa di bond italiani e aveva chiesto al nostro esecutivo di prendere chiari impegni di riforme per continuare nella sua iniziativa di politica monetaria non convenzionale». Politica “generosa”, «che aveva sollevato aspre critiche in particolare dalla Bundesbank tedesca», contraria a qualsiasi forma di “elargizione” destinata ai sudditi italiani. «Se guardiamo la lettera che la Bce scrisse al governo italiano nell’agosto 2011 – afferma l’ex collaboratore di Jean-Claude Trichet – le riforme strutturali stanno al primo posto: la stretta al bilancio viene dopo, però in sostanza è stata realizzata soltanto quella». Già, infatti: gli italiani se Lorenzo Bini Smaghine sono accorti. «L’intervento ha dovuto essere molto doloroso», “rivela” Bini Smaghi, «poiché si era indugiato troppo».
Non ci fosse di mezzo la tragedia economica e sociale nella quale l’Italia sta sprofondando grazie ai boss della finanza che manovrano i tecnocrati europei, ci sarebbe da ridere. «La fiducia dei mercati – sostiene Bini Smaghi – la si sarebbe potuta riconquistare anche con meno tasse e con più riforme». Vale a dire: svendendo definitivamente quel che resta dello Stato? Neolingua orwelliana: le più selvagge privatizzazioni diventano graziose “liberalizzazioni”, per la casta dei globalizzatori neoliberisti. Mercato del lavoro, salari, pensioni, sanità, scuola, giustizia: tutto deve cadere, sotto la falce dell’ideologia totalitaria del pensiero unico, quello di Harvard, peraltro appena smentito – molto clamorosamente – dall’università del Massachusetts che ha sbugiardato pubblicamente il guru Kenneth Rogoff e la sua delirante teoria, divenuta rovinosamente dogma: tagliare il debito pubblico fa volare la crescita. Per lo “scholar” Bini Smaghi, il governo Berlusconi ha evitato di adottare le mostruose “riforme strutturali” «perché in un primo momento sono ancora più impopolari delle tasse». Ma, mentre le tasse «aggravano la recessione», le “riforme strutturali” «creano i presupposti per tornare a crescere».
Lo stesso Bini Smaghi non manca di rammaricarsi per la decisione del governo Monti, in fondo non abbastanza duro. Meglio, dice, sarebbe stato accettare il “soccorso” finanziario del Fmi, detto anche “il bacio della morte”, sul modello della Grecia. «Prima delle elezioni di febbraio ci avrebbe dato più sicurezza un accordo fra tutti i partiti sulle misure principali da prendere dopo». Per fortuna invece non c’è stato nessun accordo, e c’è chi auspica che la pattuglia grillina in Parlamento si decida a sintonizzarsi con la rabbia di greci, spagnoli e portoghesi, furibondi per le manovre lacrime e sangue, care a Bruxelles. Sta crollando un intero orizzonte ideologico, scardinato da Premi Nobel come Krugman e Stiglitz, ma Bini Smaghi non demorde: «I nodi strutturali dell’Italia – sostiene – sono la bassa crescita e un eccesso di spesa pubblica: finché non li si affronta con decisione, l’umore dei mercati può Elsa Fornerosempre cambiare». Peccato che, secondo gli economisti democratici, la “fiducia” nella crescita dipenda proprio dalla spesa pubblica, unico vero “motore” economico con potenzialità risolutive, purché sostenibile a costi accettabili, cioè con moneta sovrana.
Per l’economista fiorentino, semplicemente, il futuro non esiste: siamo costretti a restare in eterno sotto la gogna dell’euro, cioè il sistema aberrante e fallimentare che sta devastando l’Europa. «La crisi dell’euro non finirà finché l’ipotesi di una sua rottura rimarrà sul tavolo», proclama l’ex banchiere centrale. Le minacce di uscire dalla moneta unica? Pessime: aggravano la sfiducia. Inoltre, è vano sperare che possa essere modificato il mandato della Bce, o che si possano istituire gli eurobond: non serve a nulla chiedere all’Europa di risolvere problemi che, secondo Bini Smaghi, «derivano dall’incapacità dei sistemi politici nazionali di modernizzare le economie». L’Italia? «Si è chiusa economicamente e culturalmente al resto del mondo, si è messa in difesa di fronte alla globalizzazione: è questa tendenza che occorre invertire». Come? Ad esempio, con veri e propri attentati alla pace e alla sicurezza sociale come la “riforma” Fornero, che «garantirà l’equilibrio del sistema previdenziale solo se la crescita economica sarà almeno dell’1% all’anno, altrimenti saranno necessari nuovi sacrifici». Con tanti saluti a quel dilettante di Bava Beccaris.
(Il libro: Lorenzo Bini Smaghi, “Morire di austerità. Le democrazie europee con le spalle al muro”, Il Mulino, 197 pagine, 14 euro).

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