Chomsky: fermate la Germania, vuole solo depredarvi




Noam Chomsky
E’ rimasto celeberrimo il momento in cui il presidente venezuelano Hugo Chávez, durante un discorso all’assemblea delle Nazioni Unite, mostrò al mondo il libro “Egemonia o sopravvivenza”. L’autore, Noam Chomsky, è considerato uno dei filosofi che hanno ispirato il movimento no-global nel 2000 e comunque uno dei più grandi portatori di una chiave interpretativa diversa del nostro momento storico. E infatti, scrive Debora Billi su “Crisis”, Chomsky non rinuncia ad esprimersi anche sulla crisi che sta imperversando in Europa, e la sua opinione è come sempre chiara e controcorrente: «Lo scopo ultimo delle richieste della Germania ad Atene, nella gestione della crisi del debito, è il depredare le risorse della Grecia. La Germania sta imponendo condizioni di schiavitù e pressione psicologica sulla Grecia».

Dichiarazioni, spiega la Billi nel suo seguitissimo blog, che sono state rilasciate durante una recente conferenza a Dublino, in occasione di un incontro europeo informale. «Non è la prima volta che Chomsky si esprime su troika e compari: nello scorso anno aveva già sostenuto che la Grecia stava finendo trascinata indietro al 1960». La posizione del grande filosofo statunitense sull’Europa è chiara: secondo Chomsky, i paesi del Sud dovrebbero fare fronte comune, con Italia, Spagna, Grecia e Portogallo che si uniscono per porre fine alle «inumane richieste del Nord», approfittando anche dei sentimenti antitedeschi che si stanno diffondendo negli ultimi mesi, da quando cioè è diventato evidente che la perdita di sovranità dello Stato – costretto al guinzaglio della Bce e impossibilitato a sostenere i costi dei servizi – si tra trasformando in una catastrofe senza uscita anche per il settore privato, seminando disoccupazione.
Un’idea persino ovvia, l’Alleanza del Sud, alla quale però si oppongono le nomenklature politiche al potere, accuratamente selezionate dal sistema che, dagli anni ’80 – con la definitiva vittoria dei neoliberlisti – ha letteralmente sradicato dalla cultura europea la centralità vitale della spesa pubblica, considerando lo Stato un semplice intralcio agli affari del grande business, quello delle multinazionali che dominano l’Unione Europea. Un piano di “colonizzazione” capillare, che ha “infiltrato” partiti, sindacati e media: fino a far diventare una “colpa” il debito pubblico, cioè lo strumento-chiave dello sviluppo sociale. Di fronte alla proposta di Chomsky, la Billi si domanda: «Chissà quanto avrebbero da ridire coloro che sono disposti a sacrificare (gli altri) pur di sedere al “tavolo dei grandi”». Proprio la gravità della crisi, però, potrebbe riaprire la partita europea.

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