Il popolo di Grillo: sana e democratica rivolta di classe


C’è una strana serenità che sale dopo il terremoto elettorale, retrocedendo i tonfi sui mercati e gli allarmi delle cancellerie al rango delle note di colore. Come se i problemi fossero altri, di un’altra epoca. La sorpresa che emerge è che il signor Grillo non è un mostro a tre teste né un gerarca nazista, come da anni predicavano i partiti, a iniziare dal Pd, e i loro volonterosi carnefici che oligopolizzano la stampa italiana. E’ solo un libero professionista che si è appassionato del web e di temi socio-ecologici e tre anni e mezzo fa si candidò alle primarie dello stesso Pd. Che rispose come insegnavano le Frattocchie. Col solito niet, non privo di risatine e consigli a trovarseli da solo, i voti. E con la solita pacca sulla spalla che continua a elargirsi ai giovanotti, relegati per oltre 30 anni nelle “sezioni giovanili”, ovvero nella patetica coreografia della danza del giaguaro.

Soprattutto, con la solita saccente ignoranza non solo di quel che le persone estranee ai circoli dicono, pensano e soffrono, ma anche di un briciolo di Beppe Grilloanalisi marxista (che, è bene ricordarglielo tra un revisionismo e l’altro, è ritenuta ancora attendibile nella ricerca universitaria in tutto il mondo). Se alzano gli occhi scopriranno che Grillo parla essenzialmente al proletariato e (udite udite) non fa distinzione tra le categorie del lavoro, dai precari e alle partite Iva. Non sono bastati centinaia di suicidi tra i piccoli imprenditori per spiegare ai partiti di sinistra che sono dalla stessa parte, e che lo Stato si fa complice dello sfruttamento anche quando chiede agli autonomi che non arrivano alla fine del mese tasse in anticipo e ne restituisce i crediti dopo cinque anni.

La cosiddetta antipolitica è oggi palesemente la più politica delle battaglie. In altri paesi la “lotta alla corruzione” è ambigua, perché perorata dall’interesse liberistico allo smantellamento del welfare. In Italia no, perché la “casta” è in effetti il perno, non solo delle ruberie, ma anche di quel sistema nepotistico di stampo mafioso che fa campare figli e affiliati a detrimento degli altri e del bene comune. Come già scritto su questo portale, mentre i partiti hanno conservato i potentati dell’informazione Grillo li ha combattuti nell’unico modo civile possibile, tenendosene alla larga. Dice che l’Europa, così com’è, tra vincoli fiscali e democratici (ovvero limiti di democrazia fiscale) non va bene, se non si rovescia il tavolo esplode. Lo L'invasione dei Grillini a piazza San Giovannisanno tutti, lo ha capito perfino il Fondo Monetario, che con l’austerità e l’assalto alla diligenza dei ceti deboli finisce in una rivolta di sangue. Tutti, ma non il grosso delle segreterie di partito.
Grillo parla ossessivamente di “rete”, tra battaglie contro i grandi appalti e le privatizzazioni dei beni pubblici, nonché quale chiave per il rilancio economico. In effetti è storicamente la chiave, di ogni salto di civiltà e di ogni conquista dei ceti più deboli. Non ha torto chi teme qualche rischio. Ma i rischi sono insiti a ogni cambiamento sociale, che a sinistra teoricamente si auspica. Bersani la smetta di deprimersi. Nei contesti recessivi di solito sale l’estrema destra. In Italia resta insussistente, mentre si appalesa alla luce del sole un civile conflitto di classe. Si ricordasse delle proprie origini (come ha fatto il leader di Cinquestelle), lo riconoscerebbe e lo abbraccerebbe, anziché continuare colpevolmente a ignorarlo e reprimerlo.
(Alessandro Cisilin, “Il popolo di Grillo: un sano conflitto di classe”, da “Megachip” del 27 febbraio 2013).

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