Achtung Banditen!


Italiani, attenti: se obbedite alla Merkel finirete in Grecia


«Attenzione, se continuate a fare quello che vi chiede la Germania rischiate di fare la fine della Grecia». Roberto Lavagna è l’economista che traghettò l’Argentina fuori dalla drammatica crisi esplosa nel Natale del 2001. Fu lui a governare l’emergenza. Nominato ministro dell’economia subito dopo il tracollo di Buenos Aires – con il Pil precipitato del 20%, i conti correnti congelati dalle banche e buona parte della classe media finita a rovistare nei cassonetti della spazzatura – riuscì a risollevare le sorti di un Paese dato ormai per spacciato, applicando ricette economiche finalizzate innanzitutto a restituire potere d’acquisto alla popolazione. “El ministro milagro” lo chiamano (anche i nemici) a Buenos Aires. Ora dice di noi: «Tagliare il welfare non vi farà uscire dalla crisi: o andate a disturbare settori improduttivi e prendete i soldi da lì, o vi ritroverete come Atene».
«Non potete giocare con la svalutazione della moneta come facemmo noi nel 2002 in Argentina, perché avete l’euro», dice Lavagna, intervistato da Roberto Lavagna, il ministro del "miracolo" argentinoAngela Nocioni per “Il Fatto Quotidiano”. Lavagna non boccia la moneta europea, ma esorta l’Italia ad «avere il coraggio di intervenire con tagli molto precisi e molto decisi nei settori meno legati alla crescita», ad esempio «le spese per la Difesa». Solo quando c’è potere di acquisto c’è aumento della domanda, e quindi: «Come si esce dalla recessione se non si pensa ad aumentare la domanda di beni e servizi da parte della popolazione?». Dunque: «Quale senso economico ha distruggere il welfarestate per tutelare gli interessi di settori di potere che non producono ricchezza?». Secondo l’economista argentino, «pensare che uscirete dalla crisiattuando le politiche che vi raccomanda la troika è un errore gravissimo. Credere che si recupera competitività riducendo il potere di acquisto della popolazione è folle. Vi va male? Se seguite quelle ricette vi andrà peggio».

Finora, aggiunge Lavagna, in concreto l’Europa ha pensato soltanto al salvataggio delle banche. Eesempio, la Grecia: «Lì c’è stato un drastico intervento europeo. Eppure Atene va verso un 2013 con il Pil precipitato, gli indici di disoccupazione e di povertà  vanno peggio di come andavano prima del drastico intervento europeo». Perché non viene messa in discussione l’efficacia dell’intervento? Al contrario, «si chiede al governo greco di aumentare la politica “lacrime e sangue”». A cosa si è ridotto, ad Atene, il piano di salvataggio europeo? Alle sole banche: la cui esposizione è diminuita del 60%. «E’ l’unica cosa che è stata fatta». In concreto: «Si è salvato l’interesse di un particolare settore di potere». Era possibile non farlo? «Con la quantità di soldi che si è spesa – risponde Lavagna – si poteva salvare parte dell’economia al collasso». E attenzione al trucco: un analogo fiume di denaro è stato riversato per salvare le banchedei Länder tedeschi, «che stavano messe male tanto quanto le Caixas spagnole». Eppure: «Perché Helmut Kohlsi parla tanto dei buchi delle Caixas spagnole e non di quelli enormi delle banche dei Länder tedeschi ripianati dalla signora Merkel? Mistero».
Egoismo e miopia: sono le accuse che Lavagna muove alla gestione tedesca della crisi europea. La sintesi della situazione europea, aggiunge l’ex ministro argentino, l’ha fatta Helmut Kohl quando ha detto: «Finora si trattava di europeizzare la Germania, ora si sta tentando di germanizzare l’Europa». Conferma Lavagna: «Che voi seguiate la strada indicata dalla Germania conviene alla Germania, non a voi». Ma davvero, domanda la giornalista del “Fatto”, Lavagna crede che il welfare così come l’abbiamo conosciuto finora possa essere mantenuto? «Nelwelfare europeo ci sono sprechi ed eccessi», ammette Lavagna, «ma non si può cominciare a tagliare da lì: chi va a tagliare i costi del welfare, per farlo con autorevolezza, deve essersi reso prima credibile politicamente prendendo i soldi ai settori di potere improduttivi». Tutto il contrario di quello che ha fatto Mario Monti. «Non ci vuole un genio dell’economia per fare cassa tagliando salari pubblici e pensioni», sostiene l’economista di Buenos Aires.
Sinceramente, aggiunge Lavagna, le somiglianze tra la Grecia di oggi e l’Argentina di allora sono preoccupanti. «La troika chiede ad Atene, e rischiate che tra poco chiederà a voi, le stesse cose che il Fmi chiese a noi dieci anni fa. Se l’avessimo seguito alla lettera, non ci saremmo mai più ripresi». In Argentina la prima richiesta del Fondo Monetario Internazionale durante la crisi economica fu di ridurre le spese per i salari pubblici e per le pensioni del 13%. Oggi, la prima richiesta fatta alla Grecia è stata di tagliarli del 14%. «Noi avemmo il coraggio di dire no a richieste pressanti che ci arrivavano dagli organismi internazionali. Banche e imprese straniere ci chiedevano il pagamento di un’indennità, il “seguro de cambio”, Fornero e Montiche serviva a rimborsare i profitti persi a causa della svalutazione della moneta. Pagarlo a una sola impresa avrebbe voluto dire sborsare 500 milioni di dollari dalla cassa statale. Dicemmo di no».
Idem per la minaccia dei senza tetto: il governo argentino decise di sospendere gli sfratti, suscitando le proteste del Fmi, secondo cui la concessione di alloggi a chi non poteva pagare l’affitto sarebbe stata una violazione del principio capitalistico della difesa della proprietà. «Trovo che sia un assurdo economico, oltre che un grave attentato alla sicurezza sociale, mandare a vivere sotto ai ponti migliaia di persone», dice Lavagna, che ricorda che, comunque, pochi anni più tardi, una decisione simile fu applicata negli Stati Uniti, e senza scandali. Bisogna prenderne atto con realismo: «Se c’è crisi, l’eterodossia diventa regola».

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