Ipoteca sull’Italia:

 l’aiuto Bce in cambio della nostra fine

Giù la maschera: l’Italia si prepara a firmare un’ipoteca che non sarà solo finanziaria, ma anche politica. Perché appena Monti sottoscriverà il “programma” per garantirsi gli aiuti dall’Europa, «i programmi elettorali saranno carta straccia prima ancora di venire presentati». Lo afferma il “Corriere della Sera”, in un’analisi di Francesco Verderami. «Il commissariamento economico si porterà infatti appresso il commissariamento della competizione tra partiti. E il salvataggio del Paese – aggiunge Verderami – avrà un prezzo che si pagherà nella valuta più pregiata: la democrazia». Allarme rosso, dunque, se ne parla persino il “Corriere”: «E’ già quasi tutto scritto, di sicuro è già tutto pronto. I leader della “strana maggioranza” sono stati allertati e sono consapevoli che il premier è prossimo al passo, che il governo si prepara a chiedere “assistenza” e che la Bce è pronta a fornirla, garantendo così l’abbassamento dello spread che sta mettendo in ginocchio il Paese».
Quello che l’Italia non riesce a reggere è la quotidiana permanenza oltre “quota 400”: le “bombole d’ossigeno” sono disponibili, ma costano Draghi e Monticarissime. Come prescrivono le regole imposte dall’oligarchia politico-finanziaria europea, Monti dovrà prima sottoscrivere il “memorandum of understanding”, «che equivale al commissariamento dell’economia e della politica», ammette Verderami. Nessuna illusione dai partiti-fantasma che reggono il “governo dei banchieri”, dopo l’ultimo vertice alla Bce: «La tesi che Draghi sia stato sconfitto è falsa, è figlia di una lettura distorta delle parole che aveva in precedenza pronunciato», dice Stefano Fassina, responsabile economico del Pd. «La verità è che, in assenza di scelte politiche, la Bce non può muoversi oltre le regole. Così il “programma” è condizione necessaria per ottenere gli aiuti».

Se Monti si è sempre rifiutato di chiederli c’è più di un motivo, spiega sempre Verderami sul “Corriere” del 3 agosto: il primo è che, finora, gli “aiuti” non hanno aiutato nessuno. Poi: il paese sarebbe facilmente depredato, con l’alibi delle privatizzazioni, da «quanti vorrebbero dividersi le spoglie industriali e finanziarie italiane». Terzo problema, drammatico: «Il commissariamento porrebbe limiti al libero gioco democratico». Pd, Pdl e Udc temono che la partita possa venire addirittura falsata, «perché alla competizione elettorale si presenterebbero con le mani legate dagli impegni assunti per “salvare il Paese”», mostrando il fianco a quelle che il “Corriere” definisce «forze antisistema e antieuropeiste», ovvero la galassia democratica delle tante voci che prime hanno denunciato quello che ora Francesco Verderamitutti ammettono: i diktat di Bruxelles comportano un inaudito “massacro sociale” e la fine della nostra sovranità democratica.
«Che senso avrebbe una campagna elettorale con programmi ridotti a carta straccia?», si domanda Verderami, consapevole che il “commissariamento” di Bruxelles equivarrebbe alla fine sostanziale della democrazia italiana – peraltro già anticipata dal Fiscal Compact, il trattato che dal 2013 priverà gli Stati persino della minima autonomia finanziaria: la spesa pubblica dovrà prima essere validata dai tecnocrati europei, che nessuno ha eletto. Se il Pd balbetta all’ombra di Napolitano e Casini auspica la linea “Monti dopo Monti”, nel PdlBerlusconi ha imposto una pausa di riflessione in attesa di sviluppi, ma non mancano “falchi” come l’ex ministro Antonio Martino, secondo cui il “macellaio” Monti finora si è limitato a scherzare. Per Martino la cura (suicida) del rigore non è che all’inizio: bisogna riformare (cioè tagliare) quel che resta dello Stato, dalle Regioni alla sanità. Tempo un anno, tornerà in auge un vecchio adagio: l’operazione è riuscita, ma il paziente è morto.

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