“FUORI DA QUESTA €UROPA!”



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Qualche giorno fa vi ho raccontato che in Cassazione sono state appena presentate due proposte di legge popolare: una per uscire dall’Europa (e rientrarvi negoziando condizioni migliori) e l’altra per seperare le banche d’affari da quelle commerciali. A depositarle è stato il neonato Movimento Libera Italia, guidato da Bruno Poggi. L’ho intervistato per voi: guardate il video.

FUORI DALL’EUROPA
Intervista a Bruno Poggi, segretario del Movimento Libera Italia
MESSORA: Bruno Poggi, sondaggista, analista politico e segretario del neonato Movimento Libera Italia, movimento con delle finalità politiche che ci illustrerai. Benvenuto Bruno.
POGGI: grazie. Buongiorno.
MESSORA: Allora, io ti ho invitato perché tu, lunedì scorso, se non mi sbaglio, hai portato in Cassazione una proposta di legge che io ho titolato sul mio blog “Come uscire dall’Europa in quattro mosse”, ma che in realtà si chiama “Delega al governo di negoziazione sulla rescissione unilaterale dell’Italia dall’Unione Europea”. Ce la spieghi?
POGGI: Esatto. Intanto abbiamo portato due proposte di legge, un’altra riguarda la divisione tra banche d’affari e banche commerciali, però quella di cui hai citato adesso è quella sull’uscita dall’Unione Europea. In realtà l’obiettivo è uscire dall’euro, perché noi riteniamo, come movimento, che il problema centrale, la radice della crisi attuale, la crisi economica attuale, risieda di fatto nell’adozione dell’euro. Però dall’euro non si può uscire direttamente perché non è previsto nessun meccanismo, non è stato previsto nessun meccanismo di uscita dall’euro, oppure se si dovesse uscire dall’euro ci sarebbero comunque delle conseguenze catastrofiche riguardanti le transazioni commerciali. Comunque, diciamo, non si può uscire dall’euro e non si può neanche fare un referendum, perché l’articolo 75 della Costituzione cita direttamente, proprio nell’articolo stesso, tra gli argomenti ostativi per indire un referendum, oltre l’amnistia, l’indulto e le leggi tributari, anche la ratifica di Trattati internazionali. C’era un unico modo per uscire dall’euro ed è quello che noi abbiamo adottato in questa proposta di legge: l’uscita dall’Unione Europea. L’articolo 50 del Trattato di Lisbona, che è il trattato che organizza l’Unione Europea, prevede la possibilità per uno Stato membro di uscire unilateralmente. Cioè lo Stato membro dice “noi non vogliamo più stare nell’Unione Europea”, apre un negoziato con la stessa Unione Europea, che può durare al massimo due anni e in questi due anni concorda le modalità di uscita del Paese dall’Unione Europea. Va da sé che se l’Italia uscisse dall’Unione Europea, a parte il fatto che la stessa Unione Europea probabilmente salterebbe, diventa difficile pensare che possa rimanere nell’euro, perché mentre ci sono 10 paesi su 27 che non hanno l’euro ma fanno parte dell’Unione Europea, non esistono paesi che abbiano l’euro senza far parte dell’Unione Europea, tranne che non faccia una libera scelta individuale, per esempio il Kosovo usa l’euro. Per me è incomprensibile questa cosa, però hanno scelto questa soluzione. Ma, ripeto, nel momento in cui l’Italia uscisse dall’Unione Europea, uscirebbe dall’euro, che è l’obiettivo finale che noi desideriamo avere con questa proposta di legge.
MESSORA: Perché volete uscire dall’euro?
POGGI: Perché l’euro è la causa della crisi economica attuale. Non lo dico solo io, non lo diciamo solo noi, lo dicono anche i tanti economisti, Claudio Borghi, Lidia Undiemi, adesso ne cito due ma ce ne sono tantissimi ormai di economisti che magari non vengono invitati nelle reti generaliste, che non vanno sui giornali più diffusi, ma che comunque sostengono in maniera chiara che l’euro è la causa della crisi economica attuale. Perché? Innanzitutto perché è una valuta straniera. Quando l’Italia emette buoni BTP se li emettesse in dollari sarebbe la stessa cosa, perché non potendo stampare moneta noi in realtà non controlliamo, non possiamo garantire il rimborso del prestito, allora significa che ci siamo messi in una condizione, come è quella dei paesi africani, di un gioco senza fine al rialzo del debito pubblico, tant’è vero che l’Italia ha un avanzo primario. Cioè, lo Stato italiano oggi incassa più soldi di quelli che spende. Se una persona ha un’azienda e ha 10 milioni di euro di utili, anche se ha un miliardo di debiti le banche gli fanno credito perché comunque, avendo degli utili, rimborsa, in tempi magari lunghi ma rimborsa questo debito. L’Italia ha un avanzo primario, pure il debito pubblico continua ad aumentare. Perché? Perché il problema non è il debito, anche se è una cosa che l’Italia ha fatto e che si trova sul groppone. Noi ci siamo messi in un meccanismo con l’euro – ripeto, altri economisti lo hanno spiegato molto bene – un meccanismo di totale subordinazione a questo debito che siamo costretti a ripagare e non basta mai, il prossimo anno si stimano circa 87 miliardi di euro di debiti, e siamo in un tunnel in cui non si vede luce. Tutto questo riducendo i diritti e le libertà delle persone, che non è un aspetto secondario. Cioè noi non solo non abbiamo più una sovranità monetaria, ormai non abbiamo più una sovranità politica. Il Governo Monti è l’espressione della mancata sovranità, ormai, del popolo italiano.
MESSORA: La tua proposta di legge però non prevede soltanto l’uscita dall’Europa ma anche la rinegoziazione per il rientro. Cioè tu vuoi rientrare in Europa e nel farlo imponi alcune clausole. La prima è la riappropriazione dei diritti di signoraggio, cioè battere moneta.
POGGI: Battere moneta, esatto.
MESSORA: Utilizzo di una moneta nazionale, nuova lira, in sostituzione dell’euro. Poi liquidazione del capitale versato dall’Italia alla BCE. Questo in che cosa consiste?
POGGI: Consiste in 700 milioni di euro che poi diventano, tramite altri meccanismi di interessi, circa 4 miliardi di euro che l’Italia versa alla BCE. Siccome si parla, per esempio, dell’aumento dell’IVA al 23% che frutterebbe 6 miliardi di euro, già noi uscendo dall’Europa, dalla BCE, prenderemmo, incamereremmo altri 4 miliardi di euro. Faccio anche presente che il bilancio dello Stato prevede 30 miliardi di uscite per l’Italia e per l’Unione Europea a fronte di 16 miliardi di entrate, quindi comunque noi avremmo anche un saldo positivo di 14 miliardi, che aggiunti ai 4 miliardi della BCE farebbe una bella finanziaria e aumenterebbe ancora di più l’avanzo primario e quindi permetterebbe, per esempio, di ridurre le tasse e finanziare la crescita, perché oggi non ci si riesce. La crescita si finanzia in due modi: con gli interventi pubblici per le infrastrutture, cioè lo Stato ci mette dei soldi per creare delle infrastrutture, e con la riduzione delle tasse per sviluppare i consumi. Entrambe queste cose non sono possibili perché abbiamo questo debito che ci strangola. Nel momento in cui si decidesse, non virtualmente come ha fatto Passera con il decreto da 80 miliardi che sono veramente virtuali, ma qualcuno decidesse in qualche modo di stimolare la crescita con questi interventi, e non ce ne sono altri, il debito salirebbe ulteriormente e quindi saremmo dentro un meccanismo.. Ripeto, noi siamo dentro un sistema che ci sta strangolando. Quando dicono “voi siete euroscettici”, non siamo euroscettici. Intanto lo scettico ha dei dubbi, noi dubbi non ne abbiamo: l’euro va abolito. Quindi lo scetticismo non è certo sull’euro, ma non è neanche lo scetticismo sull’unità dei popoli d’Europa. Ma fossero Stati Uniti d’Europa! Cioè negli Stati Uniti d’America, lo Stato più ricco, la California, non chiede al Mississipi di competere con lei; allo stesso modo la Germania, quando ha dovuto procedere all’unificazione, non ha strangolato la Germania Est. Il cambio tra marco dell’est e marco dell’ovest era 10 a 1. La Bundesbank raccomandava a Kohl, l’allora Cancelliere, 4 a 1 e Khol ha detto “no, il marco è un marco per tutti” e ha fatto una scelta politica. Allora se mi dicono “Facciamo gli Stati Uniti d’Europa” va benissimo, ma non in questa condizione. Quindi non è vero che siamo euroscettici. Se questa è l’Europa chiaramente non solo siamo euroscettici, siamo proprio contro questa idea di Europa, tra l’altro dove tutto viene deciso sulla testa dei cittadini, perché noi l’unica elezione che facciamo riguardante l’Europa è quella del Parlamento Europeo che ha una caratteristica: non legifera. Un po’ surreale per un Parlamento. Noi votiamo e l’unica cosa che votiamo è un Parlamento che non può legiferare, quindi membri della Commissione Europea arrivano dai Governi che nominano i membri della Commissione Europea. Cioè è un’elezione indiretta. Nel caso dell’Italia è indiretta due volte, perché poi il Governo a sua volta non è stato legittimato. Quindi quando arriva Barroso e dice “il Presidente dell’Unione Europea”, è il Presidente di niente. Questa, ripeto, è una partita che si è giocata e si gioca tutta sulla testa dei cittadini, con un progressivo svuotamento dei diritti. È notizia apparsa ieri sul Corriere che l’Unione Europea ha chiesto alla Grecia di lavorare sei giorni su sette e di non avere più di 11 ore di stacco tra un turno e l’altro, il che vuol dire lavorare fino a 13 ore al giorno. Ora se fosse solo un problema dei greci mi dispiacerebbe per loro, ma quella non è altro che un’anteprima. Quello che succede in Grecia sta succedendo in Spagna e succederà in Italia, perché questa è la dinamica.
MESSORA: Tra l’altro adesso stiamo gioendo e giubilando per l’erogazione della BCE, la prossima erogazione degli aiuti sotto forma di acquisto di Bond italiani sul mercato secondario, però sottostimando, passando sottotraccia sulle famigerate condizionalità, cioè il memorandum che saremo costretti a firmare, di cui non si sa assolutamente niente. Ancora adesso qualcuno che dica “guardate che sarà questo, dovrete fare questo” non c’è, però siamo felici che Draghi abbia in qualche modo inserito del paracetamolo sul mercato, perché l’acquisto di titoli a uno e a tre anni sul mercato secondario e quindi influendo sullo spread non equivale a estirpare la causa della speculazione, qui vale semplicemente a calmierare il mercato. Si è visto anche in passato, quando sono state fatte iniezioni di liquidità, anche mille miliardi di euro nei confronti delle banche che poi hanno acquistato titoli di Stato, sono serviti a che cosa? Hanno risolto definitivamente il problema? No. Il problema si è sempre ripresentato, così come si ripresenterà adesso. Quindi stiamo gioendo per questa operazione, dimenticando però che per usufruire eventualmente del fondi salva-stato, ESFS, il famoso MES, dovremmo, a parte cedere sovranità a destra e a manca, ma sottostare a delle condizioni che tra l’altro verranno stabilite dal Fondo Monetario Internazionale che Berlino ha espressamente voluto che entrasse in gioco. Però sono esperti! E se vogliamo andare a vedere che cosa hanno chiesto in Grecia questi esperti per poter erogare delle tranche di aiuti, si rabbrividisce, perché c’è stata la cessione di qualsiasi cosa, dalle Poste ai treni alle autostrade, a qualsiasi cosa; privatizzazione e quindi cessione al mercato di tutto.
POGGI: Certo. Ma ti dirò di più. Intanto siccome la BCE non può stampare moneta, mi chiedo anche questi fondi da dove arrivino, perché per comprare titoli di Stato sul mercato secondario questa liquidità da dove viene? Chi la mette? Chi la gestisce? Il fondo salva Stati. E torniamo al discorso di prima. Chi sono le persone che fisicamente lo gestiscono? Sono state delegate da qualcuno? No. Anche questo è un gioco che sta tutto sulla testa della gente e, come giustamente osservavi, è una ulteriore riduzione della sovranità e di depauperamento del tessuto industriale italiano, perché le aziende italiane stanno chiudendo. Questa spirale rende l’Italia, gli italiani non solo più poveri nell’immediato ma anche per il futuro, perché un’azienda che chiude riaprirla diventa complicato. Cioè noi stiamo veramente sperperando un capitale che ha fatto dell’Italia da paese agricolo la sesta, settima, ottava potenza industriale del mondo.
MESSORA: Quindi è un processo, quello di deindustrializzazione, che affonda le sue radici a una ventina di anni fa. E io ancora mi domando perché è stato accettato. Cioè quale fu il tornaconto?
POGGI: Perché la nostra classe politica è una classe politica fatta da incapaci e ingordi. Lasciamo perdere tutte le vicende sulle ruberie, che ormai le conoscono tutti. Quando parlo di ingordigia parlo di una corruzione morale. Vi faccio un esempio. In questi giorni c’è la vicenda della Minetti in Lombardia, che è una cosa che va da sé, che è vergognoso che una – come dire – cortigiana dell’ex Presidente del Consiglio sia nominata Consigliera regionale è una roba che di per sé non è neanche da commentare.
MESSORA: Neanche nello Zimbawe!
POGGI: Ma quello che a me dà da pensare è che tutti dicono “la Minetti aspetta ottobre, perché dopo due anni e mezzo scatta una pensione a 60 anni di duemila euro al mese”. Benissimo. Ma nessuno dice “aboliamo questa legge”? Perché per me è comunque ingiusto che uno perché ha fatto due anni e mezzo in un Consiglio regionale percepisce, sia pure a 60 anni, una pensione. Qui c’è un problema di corruzione morale. La vicenda Lusi, io sono convintissimo – ma è una convinzione mia, quindi non sono un Magistrato – che questo non ha fatto tutto da solo, perché 25 milioni di euro non spariscono così. Però, detto questo, se la Margherita nel 2007 è confluita nel PD, perché fino al 2012 ha preso contributi pubblici? Perché Rutelli non ha rinunciato già cinque anni prima a quei soldi? Ma perché essendo in Parlamento, quindi luogo dove fanno le leggi, questi non hanno cambiato queste leggi? Io ho la netta convinzione che a Bruxelles e dintorni abbiano detto “sapete cos’è? Questo è un ceto politico, diciamo così, di piccoli ingordi. Lasciamoli ai loro magheggi, ai loro intrallazzi, così non ci rompono le scatole sulle questioni veramente…”. Abbiamo svenduto questo Paese senza rendercene conto. E’ questo l’appunto più grave che io faccio alla classe politica attuale tutta, che alla fine si è ridotta a sostenere il governo Monti che è un governo che sarà legittimo costituzionalmente ma da un punto di vista politico secondo me non ha alcuna legittimità, e concordo su questo con le analisi di Becchi. Questo è il punto. Cioè non è che non se ne sono accorti. Hanno fatto un gioco sulla testa degli italiani e chi doveva difendere questo Paese non ha minimamente… perché erano troppo impegnati. Un po’ per carenze culturali, perché per esempio pochissimi politici italiani parlano inglese. È difficile capire cosa succede quando gli altri parlano una lingua che tu non comprendi.
MESSORA: Pochissimi politici italiani sanno anche cosa sono i Trattati internazionali che loro firmano, ratificano e di cui mandano esplicito mandato al Governo in Europa.
POGGI: A me viene in mente, perché la storia si ripete, Luigi XIV che prese tutti i nobili di Francia, li mise a Versailles e gli disse “volete giocare anche se l’erario va a ramengo? Va bene. Però lo Stato sono io, governo io. Io vi do il giochino, vi do le prebende, vi do tutti i vantaggi, però le decisioni importanti le prendo io”. È quello che è successo in Europa, è quello che è successo nel rapporto tra classe politica italiana ed Europa. La nostra non è una democrazia sostanziale, intanto perché la Costituzione è statocentrica. Gli strumenti che hanno i cittadini per poter intervenire al posto del Parlamento sono due: il referendum abrogativo e la legge di iniziativa popolare. Prendiamo solamente questi due aspetti. Il referendum abrogativo presuppone comunque l’intervento del Parlamento, perché il referendum propositivo lo scavalca, ma il referendum abrogativo no, cioè io comunque ci devo mettere le mani. L’unica volta che il referendum abrogativo può avere avuto un senso è quando si è trattato di difendere una conquista, dicendo no per esempio al divorzio o all’aborto. Ma il referendum abrogativo in quanto tale non è uno strumento nelle mani dei cittadini, perché poi il Parlamento ci mette le mani. Caso emblematico: abbiamo votato contro il finanziamento pubblico dei partiti, hanno fatto una legge e li hanno chiamati “rimborsi elettorali”. Che problema c’è? L’altro, la legge di iniziativa popolare, che peraltro noi abbiamo adottato adesso, in questo frangente, per l’Unione Europea, è propositiva, però deve tornare in Parlamento. E quindi siamo sempre lì. Il Parlamento alla fine comunque non viene scavalcato, non viene bypassato, che invece è il senso delle proposte popolari. Cioè quando il Parlamento è bloccato, i cittadini…
MESSORA: In Svizzera hanno i referendum propositivi.
POGGI: Tutti hanno i referendum propositivi. Tutti fuorché l’Italia. Tutti! Noi siamo l’unico Paese che non elegge direttamente il Presidente del Consiglio o il Presidente della Repubblica. In tutti i paesi o l’uno o l’altro vengono eletti dai cittadini, legittimati dai cittadini, da noi no. Prendiamo un altro esempio: Carlo Azeglio Ciampi. Non do giudizi sull’uomo politico, però osservo che questo signore è stato Presidente del Consiglio, Ministro del Tesoro e Presidente della Repubblica e non è mai stato eletto neanche in un condominio. È un dato storico, non è che me lo sto inventando io. È così. Allora è una democrazia un po’ strana. Il principio della democrazia è: No taxation without representation, cioè i cittadini comunque ti devono legittimare, c’è la tassazione come su altre cose. Senza legittimazione popolare arriviamo al punto che un esponente del PdL autorevole, Fabrizio Cicchitto, dice “nella nuova legge elettorale un terzo dei parlamentari deve essere comunque nella lista bloccata, cioè nominato dai partiti, perché altrimenti le persone di alto livello non verrebbero elette in Parlamento”. Domanda: è un problema degli italiani che sono troppo cretini o è un problema del sistema democratico che non elegge i migliori, secondo lui? Questo è il livello della democrazia in questo Paese.
MESSORA: Io ho sempre avuto l’impressione, fin dai primi giorni in cui Monti si è insediato, che esiste una specie di sinarchia che controlla e verifica che questo potere che il popolo ha, perlomeno sulla carta, di eleggere i suoi rappresentanti, produca cose che secondo i loro parametri sono buone e nel momento in cui, sempre secondo i loro parametri, reputano che il popolo vada un po’ troppo fuori dal seminato, si muove per cercare di correggere il tiro e quella frase che tu hai citato di Cicchitto è emblematica, perché significa “siamo in democrazia, il popolo ha il potere, però siccome non ci fidiamo del popolo, il popolo ha il potere di mettere delle persone, ma quelle altre, quelle dell’aristocrazia, quelle della élite, quelle che rappresentano i nostri salotti, i nostri circoli intellettuali, i nostri circoli di potere, quelle, mi dispiace, ma voi non avete il modo di scalzarle, perché sono le persone che rappresentano l’establishment, il potere allo stato puro e devono restare lì”.
POGGI: Questo è tutto vero, però c’è anche la responsabilità dei cittadini su questo. Mi spiego. Perché si può sempre fare qualcosa. Quando sento la gente che dice “la prossima volta sto a casa dal voto”, li capisco ma non li condivido e lo dico anche da esperto della materia, dico “guardate che le poltrone vengono divise su una percentuale che prescinde dal numero dei votanti”. Cioè, che voti il 10% degli italiani o il 90%, dà diritto al 25% delle poltrone disponibili, grossomodo, in un proporzionale. Per chi sta a casa, i politici che sono in attesa dei risultati, le prime due ore dopo il voto dicono “eh, certo! L’astensionismo è un problema perché questa disaffezione è assolutamente… Dobbiamo recuperare il rapporto coi cittadini”. Appena arrivano i primi risultati questa cosa finisce in archivio e, guarda caso, nessuno dice ai cittadini che stanno a casa che sono dei qualunquisti, che fanno dell’antipolitica, perché non danno fastidio. Danno fastidio quando prendono la pistola del voto e tolgono un pezzo di poltrona a uno e votano per qualcuno di nuovo. Lì sì. Allora questa secondo me è anche una consapevolezza che il cittadino dovrebbe avere: si può sempre fare qualcosa, che comunque, per quanto possano restringerti le libertà, hai sempre una possibilità. Quello che spaventa è proprio la perdita della poltrona. Il Parlamento italiano è composto da circa mille, tra deputati e senatori, sono 945 più i senatori a vita. La maggior parte di loro sono i cosiddetti “peones”, cioè gente che non si vede mai in tv, sui giornali o raramente, a meno che non succeda qualche scandalo o qualcosa. Ma tu credi che il Governo Monti sia stato votato da questi perché c’era da salvare l’Italia? No. Il Governo Monti è stato votato perché garantiva a queste persone un altro anno di permanenza dentro il Parlamento. Questo significa che la poltrona per loro viene prima di tutto e che se li vuoi colpire, li devi colpire sulla poltrona. È un po’ come faceva Falcone coi mafiosi, andava a cercare, andava a colpire sul denaro, perché è la cosa a cui tengono di più, non sequestrando due chili di eroina, che non gli toglieva nulla. Allora se si vuol colpire la cosiddetta “casta”, va colpita nella cosa che tiene di più: la poltrona. E la poltrona è considerata tanti pezzetti chiamati voti. Nel momento in cui i cittadini smettono di dargli un voto e lo danno, ripeto, a forze nuove, di gente nuova e anche capace, insomma poi dopo uno sceglie e fa ciò che vuole, però, ripeto, delegittima i partiti che ci sono adesso in Parlamento, a quel punto gli fa veramente del male.
MESSORA: Al punto D della rinegoziazione dell’ingresso nell’Europa scrivete: “Esclusione dell’Italia dall’area Schengen e dagli obblighi relativi all’omonimo Trattato”.
POGGI: Esatto. Perché il Trattato di Schengen è un trattato che prevede la libera circolazione ai cittadini ma prevede anche poi il controllo alle frontiere di ingresso. Siccome le frontiere di ingresso spesso e volentieri sono sui confini italiani, anche se l’Europa manda due aerei finlandesi a pattugliare, alla fine è tutta una roba che grava su di noi, salvo dopo che quando arrivano gli immigrati ai confini con la Francia, la Francia li rimanda indietro perché si è tirata fuori dall’area Schengen. Allora patti molto chiari: se dobbiamo fare un controllo degli ingressi nell’Unione Europea, deve essere una cosa in cui tutti ci mettono del loro. Perché poi l’Italia viene usata come piattaforma per andare in altri Paesi e i centri di accoglienza scoppiano. Dice “ma è colpa vostra”. È colpa nostra perché alla fine ci avete lasciati da soli anche su questo. Quando c’è da avere dei vantaggi si tira fuori l’Europa, quando c’è invece da avere degli svantaggi è un problema nazionale. Quando l’ENI ha provato ad acquistare la ELF francese, i francesi si sono messi di traverso. Europa o non Europa, non hanno voluto cedere questa cosa. Anche qui, mettiamoci d’accordo una volta per tutte. Noi rientriamo nell’Unione Europea, dopodiché rinegoziamo tutte queste cose.
MESSORA: L’ultimo punto è il punto E: “rescissione degli obblighi relativi ai Trattati Basilea 2 e Basilea 3 da parte del sistema bancario e creditizio italiano”.
POGGI: Basilea 2 e Basilea 3, a parte che sono stati interpretati in maniera molto estensiva, e poi riflettono una cultura e un’economia che non è quella italiana, penalizzare un piccolo imprenditore perché paga una RID in ritardo, quando i pagamenti anche tra privati non sono mai in rimessa diretta, sono in 90 giorni, 180, se poi paga lo Stato neanche a parlarne, è un’idiozia. Io ricordo che il papà di Arrigo Levi era direttore di una piccola banca a Modena, il Banco di San Gimignano, e arrivò un giovanotto che gli propose un suo progetto di impresa e la finanziò con un milione di allora; il giovanotto si chiamava Enzo Ferrari. Oggi con Basilea 2 e Basilea 3 Enzo Ferrari non poteva aprire la sua officina. Allora questo non vuol dire l’assenza di regole sulle banche, però Basilea 2 e Basilea 3 sono oggettivamente un ostacolo allo sviluppo imprenditoriale nel nostro Paese.
MESSORA: Il Movimento Libera Italia si propone come un movimento liberale. Ci vuoi spiegare la differenza tra “liberale” e “liberista”? Ci sono molte critiche, perché si pensa che proprio l’eccessiva liberalità, l’assenza di freni come nei mercati, della libera circolazione, sia proprio stata la causa che ha portato alla crisi. Questo corrisponde al vero?
POGGI: La gestione dell’Unione Europea, ma di altre grosse istituzioni, è una gestione oligopolistica che non ha niente a che vedere con la cultura liberale. Vengono garantiti sempre solo gli stessi e c’è un’enorme quantità di regole che servono proprio ad impedire che qualcuno possa emergere ed entrare nel mercato. Questo è un dirigismo molto simile a quello cinese. I sudamericani la chiamerebbero “dictablanda”, cioè non è dura, è blanda perché è soft, i toni sono gentili, ma poi la sostanza è questa: una dictablanda. Liberale vuol dire che per esempio il cittadino viene prima dello Stato, che lo Stato non mi debba obbligare a curarmi se io non voglio curarmi, che lo Stato non mi deve dire che cosa devo mangiare e che cosa devo bere, che cosa devo fumare, che cosa devo consumare o non consumare o creare una burocrazia tale per cui alla fine la burocrazia è fine a se stessa. Prendiamo il regionalismo. Le Regioni sono diventate 20 piccoli Stati con tutto quello che ne consegue, con dei costi enormi e soprattutto hanno appesantito il cittadino. Noi qui ormai ogni volta che vediamo una busta abbiamo l’ansia. Può essere Equitalia, può essere un qualunque obbligo da ottemperare e tu sei comunque la parte debole. Ormai sei tu che sei in funzione dello Stato, non lo Stato in funzione del cittadino. Ripeto, in una cultura liberale io sono padrone delle mie scelte. Nel rapporto Stato-cittadino il tema delle tasse, tutti mi dicono “ma è giusto pagare le tasse?”, rispondo: dipende. Perché messa così la tassazione potrebbe essere anche l’80%. E’ giusto pagare le tasse? Allora, secondo me, in uno Stato liberale in Costituzione si mette una percentuale massima di tassazione perché è giusto. Cioè io ti do il 30%, devi fare con quello, non puoi prendere di più. Non puoi venire a scaricare su di me le inefficienze tue. Cioè lo Stato non è un qualcosa di etico, lo Stato è qualcosa di funzionale o dovrebbe esserlo. Oggi non è. Per esempio, io non fumo e sono d’accordissimo sul fatto che il fumo fa male, che la gente non dovrebbe fumare, ma avrei il terrore di una legge che mi impone di non fumare. Cioè un conto sono le battaglie culturali e un conto è lo Stato che dice ai cittadini cosa devono fare e cosa non devono fare. E su questo poi si gioca molto del controllo. Quando questo eccessivo controllo anche su quello che spende – adesso si parla che dai 50 euro nel 2013 devi usare il bancomat – in realtà non risponde a un’esigenza funzionale di controllo delle tasse. Sono storie. Corrisponde a un controllo tipo Grande Fratello orwelliano e sulla paura che è un formidabile strumento di controllo delle masse. Perché se tu vuoi controllare le tasse basta che fai un sistema fiscale che permette la detrazione e la gente la chiederebbe sempre. Perché non lo fanno? Perché non ci arrivano o perché hanno altri scopi? Perché poi le cose non sono quasi mai quelle che sembrano direttamente. Cioè nel momento in cui a me dessero la possibilità di scaricare le mie spese, arriva l’idraulico, mi fa mille euro e gli chiedo la fattura. Non pago le tasse uguale? Però perché non lo fanno questo sistema? Questo è un sistema liberale, cioè il cittadino è padrone delle proprie scelte. Noi per esempio proponiamo il buono sanità. Cioè io voglio sapere che cosa mi costa una prestazione all’ospedale e potrei scegliere la prestazione che mi costa meno, perché io pago le tasse e voglio anche sapere quanto mi costa la prestazione. A quel punto lì ti creerei un sistema competitivo tale per cui tu non puoi pagare le siringhe quattro volte il valore o avere cinque direttori generali a 150 mila euro l’uno, perché devi accontentare i vari politici di turno. Devi dare un servizio, il miglior servizio al costo minore perché poi il cittadino lo paga. La sanità è uno dei buchi più incredibili che le Regioni, quindi lo Stato, hanno in Italia, costa un sacco di soldi. Ma non è che se costasse la metà ci sarebbe una riduzione delle prestazioni. È un problema di principio, deve essere il cittadino che sceglie quale servizio avere, è lui l’arbitro, il giudice, ha la sovranità; non si esprime solamente al momento del voto, la sovranità si esprime tutti i giorni.
MESSORA: Monti è un liberale?
POGGI: Intanto ci sono anche dei liberali ottocenteschi che già contavano poco nel ’900, in Italia avevano il 2% dei voti. È un liberale di quello stampo lì. No, Monti è un aristocratico che ha una visione assolutamente elitaria della politica e della società. Cioè in cuor suo lui dice “devono governare i migliori”, naturalmente lui si reputa tra i migliori e seleziona in quell’ambito lì. Monti non ha niente di liberale. Tant’è vero che quando è andato in Germania recentemente è dovuto andare anche a scusarsi dal Presidente del Parlamento tedesco per aver detto che i Parlamenti frenano l’azione dei Governi.
MESSORA: Guarda, che i Parlamenti frenano l’azione dei Governi, stava esattamente il quel “Crisis of democracy”, quel documento prodotto dalla Commissione Trilaterale che lui ha diretto per tantissimi anni. Quindi una linearità e consequenzialità di pensiero che non si premura neanche di cercare di nascondere.
POGGI: Monti è un liberale all’interno della sua oligarchia, questo sì.
MESSORA: Loro dicevano proprio che le burocrazie dentro le democrazie sono farraginose e che quindi non consentono di muoversi agilmente e la Commissione Trilaterale è nata proprio sul presupposto di superare, bypassare le farraginosità dei Parlamenti.
POGGI: Sì, ma infatti è esattamente così. Per questo dico che Monti non è un liberale, per quello che mi riguarda. Ma non ha proprio la concezione della democrazia diretta, non è nel suo DNA, come dire, per estrazione e poi per vita professionale. Lui ha sempre lavorato per grandi gruppi che vedono la democrazia diretta e anche il mercato libero, veramente libero, come un ostacolo. Perché la grande multinazionale non vuole la libertà di mercato. C’è una frase de “il Padrino” di Puzo, che racconta che il vecchio padrino che commerciava olio aveva un concorrente e lo ha fatto fuori, perché da soli si lavora molto meglio, senza concorrenti. Questa è la mentalità. Ma non è una mentalità liberale. La mentalità liberale è quella che invece permette a ognuno di partecipare alla gara della vita. Cioè, sotto questo cielo si sa che non siamo tutti uguali, perché già il fatto di nascere in una famiglia rispetto a un’altra comunque ti porta dei vantaggi o degli svantaggi. Però per esempio l’Italia adesso è un Paese a mobilità sociale bloccata. Se la vita fosse una gara di cento metri, chi nasce in una certa famiglia parte trenta metri avanti ed è chiaro che chi parte trenta metri indietro, per quanto forte possa essere, non potrà mai batterlo, non potrà mai arrivare primo, non potrà mai emergere. Se invece nella gara di cento metri uno parte dieci metri avanti, allora forse magari… In Italia la mobilità sociale è nulla. Tu fai una certa professione se tuo padre fa quella professione. Siamo arrivati al paradosso dell’ex Presidente del Consiglio che alla ragazza che ha detto “io vorrei…”, “si sposi uno ricco”, gli ha detto. Riflette esattamente quello che è questo paese. Un paese dove c’è una cultura liberale mette in competizione le persone, in una sana competizione, e dà accesso a tutti a questa opportunità, cosa che oggi non avviene, tant’è vero che il 36% dei giovani è addirittura senza lavoro.
MESSORA: Forse è superfluo chiederlo, ma voi nella nuova diatriba che si è sviluppata in questi anni, cioè modello keynesiano e Friedman, come vi collocate?
POGGI: Il modello keynesiano in quanto tale è un modello che evidentemente non funziona. Ci collochiamo in una condizione intermedia, perché Friedman poi rispecchia gli Stati Uniti, che è un tipo di società molto diversa, dove anche il rapporto tra Stato e cittadino è percepito e vissuto in maniera molto differente. È sbagliato, secondo me, in generale, quando si parla degli Stati Uniti fare dei parallelismi. È come la lotta tra democratici e repubblicani. Cioè pensare che i democratici americani siano il centrosinistra e i repubblicani il centrodestra, non è così, non è proprio così o non è necessariamente così. Però il Welfare, che è una conquista, secondo me ha un problema di fondo e cioè che tutti gli interventi vengono trattati come se i bisogni dei cittadini fossero permanenti. Mi spiego. Se uno, poveretto, è una persona che sta su una sedia a rotelle, soffre di un handicap, è del tutto evidente che il suo problema è permanente, quella è una persona che va aiutata, ma se un ragazzo o una ragazza studiano all’università e la famiglia non riesce o fa fatica a mantenerli, perché poi sono dei costi notevoli, io adesso ti do l’assistenza, che peraltro è minima, perché poi i programmi vanno rifinanziati tutte le volte. Se invece ti do un prestito d’onore, ti do dei soldi per arrivare dove vuoi arrivare, dove puoi arrivare, tu li restituisci dopo. Perché? Perché c’è qualcuno che è nelle stesse condizioni in cui eri tu, perché il tuo era un bisogno transitorio, non permanente. La samaritana diede un sorso d’acqua al sofferente, non è che gli gonfiò la pancia d’acqua. Uno stato sociale fatto così, a parte che non genera più felicità alle persone, ma è anche una cosa che tu non puoi continuamente rifinanziare. Pensiamo all’edilizia pubblica. Uno magari ha avuto la casa comunale, la casa della Regione perché a 25 anni si è sposato e la moglie non lavorava, era agli inizi della carriera. Dopo vent’anni magari, come capita normalmente o almeno capitava, di questi tempi un po’ meno, tu fai una progressione nel lavoro, nella carriera, metti da parte due soldi e magari potresti anche comprarti una casa tua, però rimani ovviamente nella casa che ti è stata assegnata. Perché? Perché nessuno ti dice che dopo dieci anni si fa una verifica e se tu hai raggiunto certi standard quella casa la lasci perché c’è qualcun altro che ha le stesse condizioni in cui eri tu. Tra l’altro fai capire alla gente che i soldi pubblici non sono di nessuno, sono di tutti e che la collettività ti ha dato una mano. Questo è un modello di stato sociale che non è completamente il modello di Friedman ma non è neanche il modello keynesiano. Perché il modello keynesiano presuppone che tu intervieni nei momenti di recessione e che però lo Stato si ritrae nei momenti di espansione. Ma non avviene mai, perché nel momento in cui assumo mille insegnanti in più, duemila insegnanti in più in un momento di recessione, non è che dico “siccome c’è l’espansione andate”, non è mai successo. Infatti questo ha poi portato a dei costi dello stato sociale giganteschi. Se andiamo a vedere, l’80% degli interventi sono interventi su problemi, su bisogni transitori, non permanenti.
MESSORA: Invece la seconda proposta di legge popolare riguardava la divisione tra le banche commerciali e le grandi banche d’affari. È corretto?
POGGI: Sì. Che poi in realtà è un ritorno al passato. Perché fino a 15 anni fa era così. Adesso se n’è accorto anche Tremonti che, folgorato sulla via di Damasco, ha detto che il sistema non funziona e che ha presentato una proposta di legge analoga alla nostra in Parlamento. Sembra che negli ultimi anni sia stato in Cina. Questo ha fatto il Ministro dell’Economia. Per carità, rispetto le opinioni di tutti, però è un po’ surreale che il Ministro dell’Economia degli ultimi dieci anni o larga parte degli ultimi dieci anni adesso salti fuori rendendosi conto che il sistema non funziona.
MESSORA: Tremonti è un liberale? Sì?
POGGI: No. Tremonti non ha fatto una politica liberale. Ha fatto una politica di tagli, di contenimento. Non lo so come si definisce lui, dovresti chiedere a lui. Se parliamo in termini di fatti, perché poi alla fine quello che conta sono i fatti, le decisioni prese da Tremonti non sono decisioni di natura liberale. Nonostante Berlusconi quando nel ’94 è arrivato in politica e ha detto della rivoluzione liberale, la rivoluzione liberale l’Italia non è mai avvenuta. Ma neanche un minimo di riforma, anche solo di deburocratizzare larga parte della burocrazia italiana. Noi abbiamo ancora il certificato di esistenza in vita. Cioè tu per dimostrare di essere vivo devi portare un certificato di esistenza in vita. Faccio una piccola digressione. Quando abbiamo presentato le proposte di legge, a norma di legge, appunto, siamo andati in Cassazione in dieci, perché ci vuole un comitato promotore di almeno dieci persone, con un certificato elettorale rilasciato dai Comuni di appartenenza dei membri del comitato, che attestava la nostra iscrizione nelle liste elettorali, così come è previsto dalla legge. Bene, ci hanno fatto firmare un’autocertificazione perché non si fidavano del documento rilasciato dal Comuni. Come dire che per tenere su i pantaloni metto cintura e bretelle. Allora è inutile mettere l’autocertificazione se poi invece che sostitutiva è aggiuntiva, perché a quel punto aumenti la burocrazia, è ovvio. Torniamo alla proposta di legge. Oggi le banche sono tutt’uno, cioè uno porta i soldi in banca e la banca può fare due cose: prestarli ai cittadini e alle imprese o prendere dei prodotti finanziari. I prodotti finanziari è come giocare a poker. Cioè, per dire, il mercato dei derivati sul petrolio tratta giornalmente una quantità di barili di petrolio nove volte superiore a quella che viene trattata fisicamente. Quindi è chiaro che è un poker, è una scommessa. Ora va benissimo scommettere, purché uno sia d’accordo. Se si dividono le banche d’affari e le banche commerciali, la banca commerciale è una banca che non può comprare prodotti finanziari; abbiamo escluso solo i BOT e i BTP, i titoli di Stato, perché altrimenti non li comprerebbe più nessuno. Ma i derivati, tutta questa spazzatura, che poi è stata una delle origini della crisi in America e che si è riverberata da noi, non li può comprare la banca commerciale. La banca commerciale i soldi che prende ha l’obbligo di usarli per prestare e finanziare cittadini e imprese. In questo caso ovviamente lo Stato deve garantire questi depositi. Ma se tu vuoi portare i soldi in una banca d’affari e ti prendi il 12% se va bene, ma se va male perdi, ma come succede a poker. Io mi metto a un tavolo da poker e se mi va bene, piatto ricco mi ci ficco; se va male perdo, ho il punto più basso ma mica mi lamento. La cosa di cui ci siamo preoccupati nella proposta di legge, invece, e negli articoli è così, è la divisione netta tra banche d’affari e banche commerciali, che vuol dire che una banca commerciale non può avere partecipazioni in banche d’affari, ma neanche chi ha incarichi in una banca commerciale può avere incarichi in banche d’affari e viceversa. Ma non solo, ci siamo anche preoccupati di un eventuale futuro. Siccome la Banca d’Italia è in mano ai privati – perché la Banca d’Italia è posseduta dalle banche private, questo non è che lo sanno in tanti, la Banca d’Italia non è pubblica, è in mano privata – questa è una cosa sulla quale, se dovessimo andare in Parlamento, lavoreremmo subito, cioè sulla nazionalizzazione della Banca d’Italia, perché è una roba che non sta né in cielo né in terra.
MESSORA: Io la penso come te, ma per fare l’avvocato del diavolo ti rispondono che alla fine questo meccanismo in qualche misura è necessario perché i politici ne hanno fatto un pessimo uso di tutta la politica monetaria in passato. Potendo disporre della possibilità di chiedere alla Banca d’Italia di stampare moneta, si sono finanziati le campagne elettorali, si sono fatti gli affari loro e quindi alla fine c’è stata la separazione. Come si risponde a questi?
POGGI: Però i politici sono controllati di cittadini, allora torniamo al discorso della democrazia.
MESSORA: Si mandano a casa.
POGGI: Si mandano a casa. Ma non è che si regala la Banca d’Italia a un privato senza nessun controllo. Ripeto, che la Banca d’Italia sia di privati è surreale. Allora ci siamo preoccupati nella proposta di legge di dire “un momento. Ma chi dovrebbe poi vigilare su questa distinzione tra banche d’affari e banche commerciali?” Perché noi possiamo fare tutte le norme di legge, ma poi se alla fine deve essere la Banca d’Italia a controllare la divisione, siccome è in mano alle banche private, non è detto che lo faccia. Abbiamo inserito l’articolo che è il Ministero dell’Economia, con una commissione competente di cui non possono far parte né coloro che lavorano nelle banche d’affari né coloro che lavorano nella banche commerciali, che è un elemento terzo che controlla la separazione, perché altrimenti rischia di non funzionare questa cosa qui.
MESSORA: Pensa che adesso invece c’è un piccolo comitato all’interno del Ministero dell’Economia che è preposto a fare tutti questi ragionamenti sulle banche, a vagliare delle normative per esempio sulle commissioni bancarie e questo comitato è presieduto da Mario Monti e ha al suo interno tre o quattro persone di cui la maggior parte sono banchieri, tra Passera piuttosto che bocconiani, professori della Bocconi. Tu cosa pensi che possano mai decidere e in favore di chi? Del popolo, del cittadino o del sistema finanziario?
POGGI: Intanto osservo che il Governo Monti ha chiesto sacrifici a tutti fuorché alle banche.
MESSORA: No, le banche le ha aiutate. Che sacrifici?
POGGI: però non c’è un provvedimento che in qualche modo incida sulle banche.
MESSORA: Il Monte dei Paschi di Siena a cui abbiamo dato due miliardi.
POGGI: Non solo, ma anche solo il fatto di dire che sopra i mille euro devi fare il conto corrente, per i pensionati il conto corrente te lo aprono a zero, poi ci sono le commissioni sopra. Però lo trovo logico che un governo di banchieri, sostenuto dalle banche, faccia queste cose. È perfettamente logico. Il problema è appunto che le forze politiche sostengono un governo di banchieri. Cioè quando Alfano dice “di 80 miliardi della crescita di Passera io ne vedo 1 e gli altri 79 sono virtuali”, dice una cosa che io condivido. Per me sono tutti e 80 virtuali. Però poi quando ci mette la fiducia sopra, Alfano la vota. Torniamo al discorso di prima, quello che conta sono i fatti. È inutile che ci veniate a raccontare che “certe cose non ci piacciono”, però poi le votate. Questo Governo lo avete subito, votato e continuate a votarlo. È questa la questione dirimente. Cioè io credo che noi siamo in una situazione ormai di regime simile a quella che c’era durante il fascismo, anche se non è un regime così duro e che oggi la divisione passi tra chi vuole un sistema nuovo fuori dall’euro e chi vuole mantenere questo sistema. È il momento veramente dell’unità. Ma quando mi dicono “sei di destra o di sinistra?”. Diceva Giorgio Gaber che il culatello è di destra e la mortadella è di sinistra, perché a questo si sono ridotti. Ma alla fine destra, sinistra e centro sono tutti lì a sostenere questo governo, a sostenere questo regime.
MESSORA: Comunque il progetto elitario è quello dello smantellamento progressivo delle unità nazionali, delle varie sovranità e della costituzione degli Stati Uniti d’Europa. È un processo ineluttabile, inevitabile, buono, giusto o sbagliato e si può ancora intervenire oppure no?
POGGI: Il progetto io non credo che sia proprio questo. Secondo me è lo smantellamento delle unità nazionali, di unità sovranazionale non democratica, quindi non gli Stati Uniti d’Europa. Nel modello degli Stati Uniti il presidente viene eletto dai cittadini, il governo ha questa legittimità, il Parlamento, il congresso viene eletto dai cittadini, ci sono elezioni a tutti i livelli. Non è questo, secondo me, il progetto che hanno in testa, ma di svuotare le entità nazionali per farne una sovranazionale ma veramente elitaria, oligarchica e appunto con un tratto aristocratico. E non solo, anche quello di ridurre di parecchio le conquiste e i diritti dei cittadini, nel senso che la qualità della vita peggiora, sta peggiorando, proprio la qualità della vita peggiora.
MESSORA: Io ho usato il termine “Stati Uniti d’Europa” perché è quello che usano anche in Parlamento. Tu parlavi di Alfano, l’ha usato lui stesso. È un nome che poi non corrisponde nella realtà ad un’organizzazione consona.
POGGI: Perché è facile riempirsi la bocca, è facile dire “la crescita”, “gli Stati Uniti d’Europa”. Ma chi è che dice “io sono per la disoccupazione”? Nessuno. Poi però quello conta è intanto la consapevolezza di quello che dici, perché la formazione della classe politica in Italia non si fa più da almeno vent’anni, venticinque anni, e si vedono i risultati; per noi è uno dei punti assolutamente irrinunciabili. Cioè tu non puoi neanche in un Consiglio Comunale mandare uno che non sappia la differenza tra regolamento e delibera. Perché spesso le leggi non sono giuste o sbagliate, sono proprio fatte male, fanno dei danni. E l’ignoranza è una bruttissima bestia. Dopodiché si fa presto a usare lo slogan, “gli Stati Uniti d’Europa”, “la crescita”, ma poi, ripeto, i fatti sono fatti e non corrispondono a queste cose qui.
MESSORA: Se si esce dall’Europa e conseguentemente, come dici tu, anche dall’euro, tu vedi il pericolo della iperinflazione oppure secondo te è un pericolo montato ad arte?
POGGI: Non sarebbe serio dire che l’uscita dall’euro non comporterebbe dei sacrifici o non comporterebbe una situazione comunque pesante, perché è chiaro che le materie prime costerebbero di più, l’energia costerebbe di più, però almeno fai dei sacrifici avendo una prospettiva, cioè avendo uno sbocco, perché adesso si fanno senza vedere nessun futuro. L’Italia è un paese depresso. John Kennedy diceva che la vera sconfitta non è perdere ma è perdere la convinzione che si possa vincere; quando questo succede, veramente dopo diventa difficile andare avanti. Quindi è chiaro che avremmo dei problemi, però avremmo intanto il recupero della nostra sovranità monetaria e anche larga parte della nostra sovranità politica. Poi le industrie italiane con la svalutazione avrebbero comunque una spinta all’esportazione, perché anch’io credo che la svalutazione non possa superare il 30% se usciamo dall’euro, perché se fosse di più sarebbe addirittura un regalo all’economia italiana. Pensa che cosa costerebbe un’auto italiana in Germania se ci fosse una svalutazione del genere. Di fatto spesso l’abbiamo utilizzato questo sistema, che non vuol dire spendere allegramente i soldi, perché tu puoi tenere sotto controllo il debito pubblico ma attraverso la svalutazione rilanciare la tua economia. L’inflazione è sicuramente un fenomeno presente nella svalutazione; iper no, perché l’Italia ha molti disoccupati e quando ci sono molti disoccupati l’inflazione non aumenta così facilmente. L’inflazione degli anni ’70 derivò da manovre dissennate dal punto di vista economico, ma quello era un paese che aveva un alto tasso di occupazione e quindi generò un’inflazione in certi momenti superiore al 20%. Per esempio nel ’92, con la svalutazione di Amato e Ciampi questo non si verificò, perché invece il tasso di disoccupazione era più alto. A parte che anche adesso l’inflazione non scherza, perché siamo al 3,2%. Perché poi la caratteristica di questo governo è che tutti, ma proprio tutti gli indicatori sono negativi. Tutti, non ce n’è uno che sia positivo.
MESSORA: Però Monti sta salvando la Patria.
POGGI: Ho capito. Perché racconta le favole della buonanotte pensando che siamo dei bambini. Però lui può dire quello che vuole, i fatti, i numeri sono numeri: disoccupazione al 10,6%, giovanile al 35%, calo dei consumi di almeno il 2,5%, riduzione del gettito fiscale nonostante l’aumento della fiscalità dovuta a un calo delle imposte indirette, aumento del debito pubblico, quindi in presenza di un avanzo primario. Come dire, tutto va male e l’inflazione è al 3,2. Tutti gli indicatori vanno male. Cosa vuol dire? Vuol dire che stai curando il paziente per la malattia sbagliata. Cioè tu dici che il debito il problema. Non è il debito, il problema è l’euro, è legato al sistema dell’Unione Europea e all’euro. È chiaro che se io curo uno che ha un tumore al pancreas come se avesse un’aritmia, quello peggiora. Infatti Monti e Napolitano sono costretti a fare gli ottimisti a Hollywood dicendo “c’è fiducia nell’Italia”. Dove sta questa roba qui? Ma non è proprio vero e i dati sono lì a dimostrarlo.
MESSORA: C’è talmente tanta fiducia che adesso vogliono farci firmare dei memorandum stile commissariamento, dove interverrà anche il Fondo Monetario Internazionale.
POGGI: Noi siamo passati da un clown a un cameriere. Certo, il cameriere è più gradevole del clown, perché magari è più serio, ma sempre servi sono.
MESSORA: [sorride] …scusa, è che mi immagino Monti con il tovagliolino bianco sul braccio…
POGGI: sempre servi sono. Ci vuole qualcuno che invece difenda questo paese e gli italiani, l’Italia e gli italiani, i posti di lavoro, le aziende, non che faccia il cameriere o che faccia il clown in giro.
MESSORA: ma se lui fa il cameriere, in quale ristorante lavora?
POGGI: il ristorante Merkel Bundesbank e con una partecipazione di Goldman Sachs e finanziato da Trilateral Bilderberg. Insomma i soci sono quelli. Qui c’è un progetto al quale, ripeto, bisogna opporsi. Tutto qui. Qui, ripeto, c’è da fare fronte contro una casta di incapaci, cioè del peggio del paese. Dicono “il Parlamento è lo specchio del paese”. Questo intanto è un Parlamento di nominati, per cui già non li abbiamo eletti o non li abbiamo eletti fino in fondo, e poi ci sono tante capacità, tante persone che sto incontrando anche adesso, in queste settimane, col movimento, di gente che è stata bandita dal mondo politico perché era troppo brava. Perché poi quando il parlamentare viene nominato c’è bisogno di uno un po’ cretino, perché se è troppo intelligente mi fa ombra. Il cretino prende qualcuno più cretino di lui, perché naturalmente a sua volta ha paura che gli faccia ombra. E di cretino in cretino arrivi alla situazione attuale, con qualche significativa eccezione perché ogni tanto ci si sbaglia anche nella valutazione.
MESSORA: Però lì si può sempre silurare.
POGGI: Gente con grande capacità, competenza, che la politica ha messo ai margini. Alcuni addirittura non ci si avvicinano proprio perché dicono “ma figurati se io mi devo mettere in quella situazione!”. Hanno perfettamente ragione. Oggi la sfida – uso il termine anche se è abusato – è una scelta di campo. La scelta di campo qual è? Ripeto, tra chi vuole un sistema diverso e chi vuole mantenere questo sistema. Se si rimane all’interno di questo recinto, come sembra che abbia fatto Giannino, alla fine, sì, potrai forse avere un posto da deputato, potrai essere forse blandito dalla Lega, ma la spinta propulsiva delle sue idee secondo me viene notevolmente depotenziata. La volete un’alternativa? Se la volete è praticabile, c’è, se no uno rimane dentro il cerchio. Tra l’altro, visto che stiamo parlando, prendiamo Matteo Renzi. Matteo Renzi è partito bene, però si è chiuso dentro il cerchio del PD. Alla fine sono tutte logiche interne al partito, perché deve vincere le primarie e tutto, e probabilmente lo faranno anche fuori, perché PD, PDL, UDC sono un cancro. Il cancro si deve estirpare, non si cura, sperando che non abbia fatto radici. Se hai un cancro, il cancro non si cura, non si cambiano dall’interno questi partiti. Non te lo fanno fare e comunque non ci si riesce. L’unico modo per farli fuori è farli fuori, con un’arma che più democratica non si può, si chiama voto, si chiama consenso, però è così. È questa la sfida. A meno che non aboliscano le elezioni. Però per quanti artifici puoi pensare, lo dico anche da esperto di sistemi elettorali, alla fine se la gente vota in un certo modo, non è che puoi cambiare. Sì, potrai limare un po’ i danni. Ma se una forza nuova prendesse il 10-12% o due forze prendessero il 20% in due, lì cambia parecchio lo scenario.
Fonte:  http://www.byoblu.com/post/2012/09/09/FUORI-DA-QUESTA-EUROPA-Bruno-Poggi.aspx [2]
Posted By Alba Kan 
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