PERCHE’ TORNARE ALLA PROPRIA MONETA?




Dall’articolo di Friedrich Romig  Warum Rückkehr zur eigenen Währung? [1]
Fonte: Associazione Riconquistare la Sovranità [2] (Traduzione Voci Dalla Strada [3])
Il margine di manovra della politica monetaria va oltre ciò che consiste l’organizzare, influenzare e regolare un dominio specifico concernente l’economia di mercato. La moneta di un popolo rispecchia tutto ciò che la gente vuole, soffre, è. La condizione di una moneta “riflette l’intera vita sociale e politica [...], lo sviluppo e la regressione, le rivoluzioni, i successi e i fallimenti, lo stato della politica interna, la forza e la debolezza dei governi [...], la situazione geografica e politica di un popolo, le possibilità oggettive e soggettive della sua economia, il suo atteggiamento verso l’economia e il futuro, la sua morale e la sua energia, tutto ciò che i concetti di “spirito di un popolo” e “carattere di un popolo” esprimono. Niente mostra più chiaramente di che pasta è fatto un popolo se non la sua politica monetaria”.

Tutti coloro che si dedicano alla riflessione sugli scambi, sul credito e sul sistema bancario pubblicandoli o che fanno parte di coloro che elaborano la politica, dovrebbero ricordare queste osservazioni di Joseph Schumpeter, uno dei grandi economisti che il nostro popolo ha generato. La cultura di un popolo e la sua valuta formano un insieme che non può essere diviso.
Questi legami risultano già dalla natura della moneta e del credito. Per sua stessa natura, la moneta è un prodotto del regime giuridico dello Stato. Lo Stato determina la costituzione della moneta e del credito. In questo modo, indica quella che è la moneta nel suo territorio e chi ha il potere di battere moneta e concedere crediti. La sovranità monetaria è parte dei diritti inalienabili dello Stato.

E’ una delle assurdità del nostro tempo il fatto che lo Stato non esercita tali diritti per sé, e li trasmette ad un organismo “privato” o “indipendente” non statale, sul quale non ha alcuna influenza e non si assume alcuna responsabilità a riguardo. La presunta indipendenza della banca centrale è sempre stata relativa. Se la volontà di perseguire una politica di monetaria e del credito viene a mancare, una banca centrale non ha alcun potere, a prescindere dal suo grado di indipendenza”.
La Bundesbank ha contestato invano la rinuncia del Marco. Attualmente, l’impotenza della FED o della BCE si manifesta di nuovo. Entrambe devono approvare e finanziare i programmi di salvataggio e di stimolo e misure economiche adottate dai responsabili politici.

La moneta, mezzo di pagamento riconosciuto dallo Stato 
Secondo la “teoria monetaria” (GF Knapp, 1905) inconfutabile e quindi indiscussa, la moneta in senso stretto è il mezzo di pagamento, riconosciuto dallo Stato (monete, banconote). Riconoscendo la moneta in quanto tale, lo Stato dà un effetto liberatorio ai pagamenti corrispondenti ad «unità monetarie» e agli obblighi fiscali che determina. Grazie al suo riconoscimento da parte dello Stato, la moneta è un “mezzo circolante” tra gli individui. In generale, oggi sono le banche centrali, erette o riconosciute dallo Stato che emettono monete e banconote,  “creando” così la moneta, in virtù dei poteri conferiti dallo Stato e sotto la sua supervisione.
Il credito genera tutta la moneta in senso stretto, come in senso più ampio. Come suggerisce il nome, si basa sulla “fiducia”. Grazie al sistema giuridico che crea e mantiene, “lo Stato è la moneta”. Se il decadimento del sistema giuridico e lo Stato perdono la fiducia nel mantenimento di questo sistema, la moneta perde il suo valore. Se lo stesso Stato collassa, i cittadini non accettano più la moneta come mezzo di pagamento. Dopo il crollo segnato dalla seconda guerra mondiale, la Germania e l’Austria hanno sperimentato la “moneta sigaretta”, il baratto si è diffuso. E’ importante capire che qualsiasi perturbazione di ordine civile e della pace sociale porta scioperi, sommosse, insurrezioni, disturbi, un ricorso a violenza, terrore, incendi, corruzione, gli scandali bancari e le truffe su larga scala riducono la fiducia nello Stato e nella sua moneta e conducono ad una perdita nei valori effettivi o nella valuta, ciò alimenta ulteriormente l’inflazione e riduce il valore della valuta estera (“tasso di cambio”). Il vigore del Marco tedesco, del fiorino olandese, del franco svizzero e dello scellino nei confronti delle valute del sud (Italia, Portogallo, Spagna e Grecia) è dovuto in gran parte all’istituzione di un regime pacifico, ad una politica di equalizzazione di collaborazione delle parti sociali, alla priorità dei fattori reali sulla lotta tra partiti. In un’unione monetaria, regimi diversi portano alla perdita di benessere e a tensioni tra gli Stati che, se sono in crescita, possono rompere l’unione.
Le differenze dei regimi e la perdita della sovranità spiegano perché Gran Bretagna, Danimarca e Svezia, anche se paesi dell’UE, sono rimasti lontani fin dall’inizio dall’unione monetaria e hanno rifiutato di adottare l’euro, nonostante i suoi “vantaggi” così popolari. Purtroppo, l’Austria non ha fatto così, è stata integrata all’unione monetaria dalle vuote promesse di Schüssel & Co., anche se Mock, ministro degli Esteri, aveva solennemente promesso di mantenere loSchilling prima dell’adesione all’UE.
La moneta, standard di valore 
La moneta non è solo un mezzo di mantenimento del valore, un mezzo di scambio, un mezzo di pagamento e un mezzo di circolazione, ma anche, in una posizione di rilievo, uno standard di valore per il quale sono calibrati tutti i beni e servizi e, di conseguenza, messi in relazione gli uni con gli altri. Questo standard si applica anche ad individui e gruppi di persone le cui prestazioni sono valutate e pagate sotto forma di salari, stipendi, tasse, bonus o premi. L’inserimento di individui e gruppi di persone nella valutazione monetaria dà generalmente alla moneta il suo carattere sociale. Come ha affermato Adam Müller, essa acquista così il suo carattere copulativo. Non permette solo ‘lo scambio di merce contro moneta”, non è solo un “mezzo di scambio “, ma facilita in molti modi, nell’economia, la “comunicazione” (N. Luhmann e Habermas) tra i membri della società. In ragione di questo contributo alla comunicazione, spetta allo Stato garantire la stabilità, la costanza di questo standard e, quindi, il mantenimento del potere d’acquisto della moneta. Se lo Stato non si assume alcuna responsabilità o fa riferimento a istituzioni non-statali, come la Commissione Europea, la BCE, il FMI, la troika o il gruppo Eurofin, accusa un fallimento politico, perdendo la sua influenza sulla sua moneta e sulla sua politica di credito.

Mantenere il potere d’acquisto 
Al fine di valutare la grandezza di questa responsabilità per il mantenimento del potere d’acquisto, dobbiamo considerare, nelle operazioni di pagamento, la scarsa importanza della moneta sotto forma di monete e banconote, attualmente. In un’economia moderna, circa l’80-95% dei pagamenti sono effettuati senza contanti, dalle trascrizioni da conto a conto, da banca a banca. Si tratta di un fatto essenziale nella “creazione del credito”. L’essenza della creazione del credito si comprende meglio se si presume che l’economia ha una sola banca e che tutti i pagamenti sono effettuati senza contanti. Tutto il denaro sarebbe quindi scritturale. Il traffico Interbancario o “clearing” si avvicina molto a questa pratica. In un tale sistema economico, solo il sistema bancario e creditizio “crea il credito” con la concessione di diritti di prelievo o linee di credito, ai quali ricorrono i debitori (sono l’insieme di banche, i vari individui, le imprese, i Comuni e lo Stato) per i pagamenti al loro personale e ai loro fornitori. Il volume di moneta o di credito circolante è aumentato da qualsiasi credito per cui viene utilizzato. Ci si dovrebbe sbarazzare dell’idea ingenua che le banche sarebbero semplici “intermediari” che emettono credito il cui volume è pari ai depositi bancari dei clienti. Il compito delle banche è quello di creare moneta e credito. Esse generano essenzialmente la “fiat money” erroneamente denunciata. I depositi a risparmio sono il risultato della creazione di credito e non la causa del credito.

Limiti della creazione di credito 
Questa idea è essenziale per determinare i limiti della creazione di credito.
Se l’aumento del volume del credito corrisponde alla crescita sostenibile dell’economia, non c’è niente di sbagliato nella creazione di credito da parte delle banche: è positivo.
Se la creazione del credito è in armonia con la crescita economica, il servizio del debito assicura il pagamento degli interessi, ma il prestito non viene mai rimborsato come aggregato della contabilità nazionale. Finché le imprese e i paesi prosperano, i crediti non vengono rimborsati, ma elargiti. Questo è ciò che mostrano le statistiche di quasi tutti gli Stati moderni. La diminuzione del volume del credito è di solito il risultato di un calo di dinamismo e produttività, di una cattiva distribuzione dei flussi di credito o di speculazioni irresponsabili che distruggono le attività delle banche e quindi i crediti in moneta. Se la distruzione di questa moneta è significativa, addirittura catastrofica, il sistema economico entra in crisi, come è accaduto più volte negli ultimi anni.
Per evitare le crisi, è estremamente importante che lo Stato si riservi il controllo dei volumi e gli obiettivi di creazione di credito e lo eserciti realmente. Può essere ottenuto mediante una rigorosa regolamentazione o dalla nazionalizzazione delle banche, la partecipazione dello Stato alle banche private o alla creazione di organismi di sorveglianza che controllano l’assegnazione dei crediti. Questo non ha nulla a che fare con un “espropriazione delle banche”. La situazione attuale in cui lo Stato consente agli istituti di credito di fare quello che vogliono facendosi garante dei loro “debiti marci”, delle loro cattive speculazioni e operazioni su derivati, non è giustificabile di fronte la comunità dei cittadini e dei contribuenti.
Lo Stato deve adottare preventivamente tutte le misure necessarie attuando tutte le norme necessarie per prevenire fallimenti bancari. Nulla è più disastroso per l’economia che il prosciugamento dei flussi di credito a causa della perdita di fiducia tra banche e risparmiatori. Una volta che la fiducia è stata scossa, la ripresa dei flussi di credito può costare cara allo Stato. I “piani di stimolo“, la preferenza accordata agli investimenti nelle infrastrutture, ecc. sono certamente una cattiva terapia per curare i difetti del sistema creditizio. Essi non fanno che minare la stabilità della moneta e, come dichiarato dal ministro Steinbrück “bruciano” fondi di bilancio. Ed è ancora più irresponsabile finanziare i consumi dello Stato con il credito. Questo è il modo garantito per fallire, come mostra alla perfezione l’esempio della Grecia.
Il denaro deve essere al servizio dell’economia del paese
Nell’interesse dell’economia del Paese, le banche dovrebbero concedere crediti esclusivamente ai mutuatari autoctoni e solo in casi eccezionali all’estero. Eccezioni particolari sono paesi come la Svizzera o il Lussemburgo, che essendo zone di rifugio e mancando di opportunità di investimento, non possono posizionare nel paese il massiccio afflusso di valuta estera. Per tutti gli altri paesi è necessaria la seguente regola: i crediti all’esportazione, con cui il governo garantisce il servizio del debito tramite una banca o il controllo della banca centrale, devono essere sottoposti a condizioni e criteri che garantiscano l’ammortamento e gli interessi. La garanzia all’esportazione per il salvataggio dei posti di lavoro non ha senso, l’era dell’”economia dei regali” (Bernhard Laum) è finita. Siate consapevoli che, ogni estensione del credito in un paese straniero significa esaurire il potere della propria economia.

Il finanziamento del bilancio 
La rinuncia dello Stato alla creazione di credito per finanziare il suo bilancio mina anche l’interesse pubblico. Quando, a causa di questa rinuncia, lo Stato è costretto a prendere in prestito fondi a tassi elevati – ed eventualmente all’estero – che vengono acquistati dalle banche private in grado di rifinanziarsi presso la banca centrale o dalla BCE a bassi tassi d’interesse – offre alle banche un vantaggio ingiusto, poiché anche in questo caso è essa, vale a dire, la sua banca centrale, che procede alla creazione del credito.
Lo Stato è il “padrone della moneta e del credito”: “E’ il sovrano a dare credito, non a riceverlo”. Non deve sottomettersi né ai mercati finanziari né alle banche, sono le banche che devono sottomettersi allo Stato. Non è lo Stato che deve pagare gli interessi alle banche, ma le banche allo stato. Quando John F. Kennedy ha voluto applicare tali principi che avrebbero fatto saltare il sistema della FED, è stato assassinato. Ma questo non toglie niente al valore dei principi.

Lo Stato è responsabile della moneta e della politica creditizia 
Solo lo Stato è responsabile della sua moneta. Deve riprendere in mano la politica della moneta e del credito, perché è lo strumento più importante della sua politica economica e sociale. Rinunciare la sua politica monetaria e creditizia è un reato molto grave. In Germania, questo crimine è stato commesso dal ministro degli Esteri Genscher e dal Cancelliere Kohl, in Austria da Wolfgang Schüssel, Benita Ferrero-Waldner e Klaus Liebscher, ex presidente della banca centrale. In Austria, l’euro è stato introdotto nel 1999, anche se il ministro degli Esteri Mock e l’intero governo avevano ancora qualche giorno prima del referendum sull’adesione all’UE nel 1994, assicurarono che “lo scellino sarebbe stato preservato”. Oggi, tutti gli austriaci sanno che il governo e i media li hanno addestrati all’ UE e all’euro attraverso centinaia di bugie, inganni e promesse non mantenute. Questo ha scosso profondamente la fiducia nello stato e seriamente danneggiato il sistema politico della democrazia dei partiti. Oggi, secondo il quotidiano “Der Standard“, l’82% dei cittadini non si fidano più dei politici. Negli anni Trenta del secolo scorso, la perdita di fiducia e il crack bancario avevano portato ad un rovesciamento della politica.

L’euro è una moneta debole
Dietro l’euro, non esiste né uno Stato forte né un’unione politica che, secondo l’ex capo economista Otmar Issing della BCE, non esisterà mai in parte a causa del “principio democratico”. (“Frankfurter Allgemeine Zeitung” del 6/12/08, p. 11). Un’unione monetaria senza unione politica è destinata al fallimento. Questo è ciò che il premio Nobel Milton Friedman ci ha inculcato poco prima della sua morte (2006). L’economista di Harvard Martin Feldstein, che fu il consigliere economico del presidente Reagan ed ora presidente della National Bureau of Economic Research, nel quotidiano “Die Presse” (6/12/08, p. 4 ), ha posto molto seriamente la seguente domanda: “L’euro sopravviverà alla crisi?” Ha fatto riferimento alle cause pertinenti all’atteso fallimento, cause che l’ex presidente della Hessische Landesbank, l’economista W. Hankel, ha discusso in una conferenza a Vienna il 9 ottobre 2008: “Lo Stato e la moneta sono collegati e non dovrebbero essere separati”. Per Hankel (“Die Eurolüge”, 2008), l’unione monetaria ha avuto come conseguenza che l’ex blocco di monete forti (Germania, Austria, Benelux) “sovvenziona” ogni anno gli altri paesi dell’UE, per eccedenze della bilancia dei pagamenti di 250 miliardi di euro, salvandosi dalla svalutazione della propria valuta che imporrebbe un default.

Questa esorbitante “supporto” non figura in alcun bilancio dell’Unione Europea. Il “Figaro” ha chiamato questo tributo una “Versailles senza guerra“. La stagnazione economica in Germania e l’aumento dei salari reali in Germania (e in Austria) sono dovuti a questi tributi. Essi indeboliscono non solo l’ex blocco di paesi con monete forti, le “locomotive”, ma l’intera Europa. Quando le locomotive non tirarano più il treno, questo si ferma. L’indebolimento è cominciato con l’unionemonetaria ed ora prosegue con l’euro.  Il suo valore si scioglie come neve al sole. Dall’introduzione dell’euro nel 1999, il prezzo dell’oro – unico criterio affidabile per le valute deboli – è stato moltiplicato per 3,5. Ciò corrisponde ad un tasso di inflazione di circa il 10% all’anno. Questa stima coincide con le esperienze della massaia che va a fare la spesa tutti i giorni e per la quale gli indici manipolati non contano. Essa deve, come qualsiasi persona sensata, giungere alla conclusione che “la BCE non è in grado di lottare efficacemente contro l’inflazione“.
E’ un dato di fatto che la BCE lascia il volume del credito aumentare cinque volte più veloce di quanto non faccia il PIL. Come previsto da centinaia di economisti, il “Patto di stabilità e crescita” non valeva la carta su cui era scritto. Fin dall’inizio dell’unione monetaria, i criteri di stabilità non sono stati rispettati. E quando i paesi con monetaa debole come la Grecia hanno aderito all’Unione monetaria, non è stato più possibile fermare il crollo di quest’ultima. Oggi, ci troviamo con questa palla al piede e non possiamo sbarazzarcene.
La deformazione del sistema della moneta e del credito 
Questo è il motivo per cui è urgente ritornare ai principi derivanti dalla natura della moneta e del credito. Essi richiedono una riforma dell’attuale sistema di moneta e credito e la reintroduzione delle monete nazionali. Dovremmo aver imparato dal disastro finanziario in cui l’Unione monetaria europea e la globalizzazione dei mercati finanziari ci hanno portato, e reintrodurre molto rapidamente le monete nazionali rafforzando il controllo delle banche e dei mercati finanziari. Sappiamo che un’inadeguata vigilanza bancaria può facilmente influenzare l’intera economia o essere la rovina di stati (come l’Islanda). Lo Stato ha l’obbligo di sorvegliare le banche e la finanza, se non altro per la necessità di controllare la creazione di credito. Il ritorno alle monete nazionali non causerà più problemi di quanti ne ha causati il passaggio all’euro. E il rafforzamento del controllo – che già esiste – di movimenti del capitale ed operazioni di pagamento con l’estero non dovrebbe incontrare difficoltà. Svolge comunque un ruolo importante in ogni caso per fermare la svendita dell’Austria da parte speculatori ed evitare le delocalizzazioni all’estero, che non sono nell’interesse generale dell’ Austria e obbligherebbe lo Stato ad essere un enorme garante per le banche, cosa che può portare al fallimento se dovesse essere attuato. In ogni caso, le grandi banche sono troppo importanti nello stato e nella società perchè gli sia permesso di fare ciò che vogliono.

Sintesi della tesi 
La moneta nasce dal credito e il credito dalla fiducia.
- “Lo Stato è la moneta” Esso determina, per definizione del suo regime giuridico, ciò che è la moneta e ciò che “è considerato” moneta da parte di coloro che hanno fiducia in esso.
- Attraverso la sua politica monetaria e del credito, lo Stato deve rispettare la fiducia datagli dai cittadini e assicurare il mantenimento del potere d’acquisto.
- “Lo Stato e la moneta sono legati e non devono essere separati” (Hankel). Abbandonare la sua moneta nazionale, significa rinunciare alla sovranità dello Stato.
- Non è lo Stato che deve essere sottomesso alle banche, ma le banche allo stato. Non è lo Stato che deve pagare gli interessi alle banche, ma le banche allo Stato.
- “E’ il sovrano a dare credito, non a riceverlo” Fa parte del sistema creditizio dare allo Stato il diritto di creare credito e sottoporlo al controllo dello Stato stesso. Invece di emettere obbligazioni, lo Stato dovrebbe avere il diritto di finanziare i suoi deficit di bilancio utilizzando il credito franco d’interessi della banca centrale.
- Una politica monetaria e creditizia basata sul bene comune richiede l’abbandono dell’euro e della BCE e il ritorno alle valute nazionali.

Nella prima metà del XX secolo, una buona teoria della finanza, della moneta e del credito ha già prodotto risultati inconfutabili che non dovrebbero essere ignorati impunemente dai politici. Prima dell’euto di Maastricht, circa 700 economisti avevano messo in guardia. Il disastro attuale non è una sorpresa per loro, ma i responsabili di questo fallimento sono le politiche che hanno creato l’euro, non vogliono riconoscere il fallimento di questa moneta e fanno sparire nel fumo  quelle che sono parti importanti della ricchezza Nazionale.
Friedrich Romig insegna economia politica e politica economica. Ha sempre cercato di parlare sulla stampa circa i vani tentativi di salvare l’Unione monetaria europea. 
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