ARIDATECE LA LIRA!



 FANCULO L’EURO E LA GLOBALIZZAZIONE! - LE PAROLE DI MONTI SUI RISCHI DI UN GOVERNO ANTI-EURO NON SONO SOLO UNO SPAURACCHIO PER SEDARE I MERCATI: SONO IN MOLTI CHE, ALMENO A PAROLE, VORREBBERO L’EURO-EUTANASIA - LE BORDATE DI GRILLO CONTRO BRUXELLES, HANNO CONVINTO IL BANANA SBUCCIATO A COSTRUIRE LA PROSSIMA CAMPAGNA ELETTORALE SUL RITORNO ALLA LIRA - ANCHE I BOBOMARONITI, A CORTO DI ARGOMENTI PER SEDURRE I PADANI, VOGLIONO CAVALCARE L’EUROSCAZZO…

Jacopo Iacoboni per "la Stampa"
BEPPE GRILLO IN UNA DELLE SUE SMORFIEBEPPE GRILLO IN UNA DELLE SUE SMORFIE
Fino a non moltissimi anni fa il partito anti-euro in Italia era una macchietta. C'erano i baschi di Gianfranco Miglio, che vide nell'euro - poco prima di morire - «il modo migliore per far fallire l'Italia e così arrivare al federalismo», e c'era Bossi, che durante una lite definì il professore «una scorreggia nello spazio» ma in fondo si attenne fino alla fine al suo dettato: «Se non fossimo stati trascinati dentro la moneta unica l'economia italiana sarebbe andata finalmente in pezzi. La Padania si sarebbe staccata...». La Lega di Maroni resta in quel solco, «in fondo con la liretta il nord cresceva...».

ROBERTO MARONI ELETTO SEGRETARIO DELLA LEGA jpegROBERTO MARONI ELETTO SEGRETARIO DELLA LEGA JPEG
Ma, appunto, era folklore; come erano minoritarie le prese di posizione di Antonio Fazio in Bankitalia, o le requisitorie in Parlamento di Carlo Ripa di Meana, che nel '98 definì la moneta unica «un gioco d'azzardo» e le votò contro. La crisi, lo spread, i furori anticasta ovunque hanno mutato definitivamente le percezioni. In Italia è arrivato Beppe Grillo. In una lunga campagna elettorale non ha fatto che ripetere «l'euro è un cappio al collo che si restringe di giorno in giorno», uscirne «non deve più essere un tema tabù», e suggerire una svalutazione del 40-50 per cento con la lira.
Ora, l'idea è talmente rimpianta, nei settori produttivi del nord est, che basta leggere i titoli di un dossier dell'ultimo numero di luglio-agosto della rivista Nordesteuropa.it per capirlo: «Il nord est diviso: unione bancaria o ritorno alla lira?».
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Ma il segnale che qualcosa stava davvero cambiando anche negli establishment italiani tradizionalmente, almeno a parole, assai europeisti - è stato il successo che iniziavano a riscuotere le tesi di Paolo Savona, «ci sarebbero effetti inflazionistici nell'ordine del venti trenta per cento» col ritorno alla lira, ma meglio uno choc immediato (per dirla con l'Economist, il «recupero degli strumenti che guidano le sorti di un Paese») che un declino infinito. «Non ci sono temi che non possono essere discussi in pubblico», sostiene Savona, uno che viene da Bankitalia, ha lavorato con Carli, in Confindustria, insomma: non un grillino.
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L'Università italiana è ancora restia a rompere il dogma europeista, ma qualche segnale filtra. A Pescara organizza convegni anti-euro il professore di politica economica Alberto Bagnai, «temo sia doloroso ma inevitabile l'uscita, e dovremmo gestire questo processo anziché subirlo». Alla voce.info c'è Francesco Daveri, che non si spinge a tanto ma scrive prefazioni non ortodosse a libri intitolati "Fermate l'Euro disastro!" (dell'economista Max Ottel, Chiarelettere).
EURO CHE SI SPEZZAEURO CHE SI SPEZZA
La politica invece non si fa problemi. A metà giugno Berlusconi, che già studiava i comizi di Grillo, fece sapere di una sua «pazza idea» per risorgere politicamente: una battaglia - che definì «culturale», va' a sapere sul fatto che «non è una bestemmia uscire dall'euro»: «Non sarebbe auspicabile - disse - ma ci sono dei vantaggi perché da quando c'è l'euro non ci sono più le svalutazioni».
E poi «non bisogna aver paura di una moderata inflazione. Negli anni ottanta avevamo inflazione a due cifre, ma ci sono stati aumenti di consumi e la disoccupazione era al minimo». Così Bondi e Cicchitto considerano l'uscita dall'euro «una possibilità reale». Il Giornale di Sallusti sfodera un sondaggio secondo il quale il 70 per cento degli italiani sarebbe per la lira. La Santanché twitta che il Pdl dovrebbe proporre un referendum, «tecnocrati e euroburocrati hanno fallito: sull'euro devono decidere gli italiani», e Vittorio Feltri le risponde «uscire dall'euro costa. Ma rimanerci costa di più».
Ha raccontato proprio il Giornale che Silvio ha chiamato a Villa Gernetto - sotto la supervisione di Antonio Martino - un po' di economisti a discutere anche di scenari post-euro: era stato invitato anche José Pinera, economista super-euroscettico; il re degli anti-euro era ministro nel governo Pinochet.

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