Contro il potere della finanza mondiale. ..

La soluzione c’è: stato del lavoro…


Strano mestiere quello dei politici nostrani, a cui, nonostante le belle parole, i seriosi richiami alla responsabilità, i continui peana sull’intoccabilità del verbo della carta costituzionale, viene concesso di dire tutto ed il suo contrario senza che nulla accada, anzi. Così, una distratta ministra Fornero ci fa una sparata sulla non esistenza del diritto al lavoro, rettificata da una ancor più vergognosa dichiarazione, secondo la quale tale diritto andrebbe “conquistato”, lasciando così prefigurare uno scenario ideologico del tutto in contraddizione con la giusta e normale logica della carta costituzionale, per cui, quello al lavoro dovrebbe rappresentare un diritto “naturaliter” innato, consustanziale all’umana natura e non il dono di una qualche capricciosa volontà superiore.
Grave, gravissimo il silenzio di un’intera classe politica, oramai dimostratasi totalmente asservita ai desiderata dei poteri forti supernazionali ed ai quali non sa dare alcuna risposta seria, che non sia l’opportunistico ed ipocrita balbettio di chi sa di averla fatta troppo grossa e dentro di sé non sa come uscirne.
Mai come stavolta, i poteri forti ed il Mondialismo in genere, hanno agito con tale sfacciata arroganza e sicumera, giustificata dalla già citata resa finale degli establishment politici europei ai superiori interessi della finanza e dell’economia. Ridicole ed illusorie le “minaccette” del PdL alfanesco, sul continuo e sfacciato utilizzo della fiducia alle camere.

Altrettanto ridicole ed illusorie le sparatine dei Bersani, dei Fassina e delle varie Camusso su una riforma del lavoro alla cui realizzazione hanno contribuito loro in primis, appoggiando de facto un esecutivo targato Goldman Sachs. Ridicole le varie opposizioni, frammentate, confuse ambivalenti, ora come non mai. I Vendola, i Di Pietro e i Di Liberto, nel ruolo delle belle statuine, con un’opposizione corredata dall’iniziale appoggio a Super Mario, poi fatta a colpi di bei proclami a cui ha solo fatto seguito il fatto concreto di voler creare un’asse politico privilegiato con il PD.
Per non parlare della Lega che, dopo le ultime vergognose vicende che ne hanno trasformato l’algido e stentoreo volto di paladino celtico, in una italianissima maschera di Pulcinella, tra storie di Trote raccomandate, fondi tanzaniani e quant’altro, si trova più che mai adagiata su un fianco in attesa della mazzata finale.
E che dire di Grillo? E’ innegabile la giustezza delle istanze del movimento creato dal comico genovese, ancora in una fase caratterizzata da incertezza dovuta all’estemporaneità dell’iniziativa che, proprio perché fondata sul carisma di una sola persona, rischia un pericoloso avvitamento su se stesso, finendo sul binario morto di un qualunquismo dalla breve durata.
Il fatto è che, al di là di tutti i proclami su una presunta modernizzazione dell’Italia, nei desiderata del ministro Fornero e dell’intera squadra montiana, c’è la solita, trista ed asfittica Italietta, in cui al già presente ostacolo costituito dal sottobosco di raccomandazioni sulla via di una qualsivoglia professione, ora se ne aggiungerà uno che costituirà il vero e proprio “deus ex machina” delle raccomandazioni: quella di trovare lavoro, di poter mangiare, poiché “il lavoro non è un diritto”, corredato dal solito slogan oramai sempre più sulla bocca di tutti i vari padroncini arroganti “tanto possiamo fare anche senza di te”.
Alla faccia, dunque, di meritocrazia e libera iniziativa. In questo, il vertice di Bruxelles, altro non è stato che la dimostrazione su larga scala di tale infame e malsana arroganza. Come in una commediola dal sapore passatista, si rivivono i contrasti tra blocchi nazionali ( ora, per esempio, Italia e Francia contro Germania, Belgio ed altri…), nel nome di giochetti di contabilità, dimentichi della natura sistemica della crisi in atto. Né l’istituzione degli Eurobond, né il “Fondo salva-stati” possono alcunché, contro quello che agli occhi di tutti si sta rivelando uno scaltro gioco di ricatto e di usura effettuati sulla pelle dei popoli europei.
La soluzione esiste, eccome. Contrariamente alle sparate dei Napolitano e dei Monti, quella dell’Euro e del circo equestre di Bruxelles non è una realtà ineluttabile, una sorta di diktat  monoteista, né è detto che si debba morire di spread, borse, nel nome di una folle ed insensata privatizzazione dell’esistenza. Scardinare il circo equestre a regia nord americana di Bruxelles si può, eccome. A cominciare dalla nazionalizzazione delle Banche Centrali, passando attraverso l’adozione di una doppia circolazione monetaria, sino alla radicale revisione degli accordi GATT ed all’adozione di autonome politiche di bilancio ed intervento dello stato nei singoli contesti nazionali, guardando sempre più a Russia, Cina, Iran, Venezuela, Corea del Nord piuttosto che ad USA, Gran Bretagna ed Israele, nel nome dell’autonomia politica e decisionale di ogni nazione.
Scardinare si può, eccome, basta averne la volontà. Per questo, oggi più che mai, (chiarito il fatto che l’unico vero nemico è la Globalizzazione di stampo occidentale, con tutte le sue ricadute politiche, economiche, culturali, etc.) è necessario addivenire alla creazione di un “fronte amplio” delle realtà antagoniste in cui la diversità delle esperienze costituisca il propellente atto a determinare la spinta al cambiamento. L’unione o, quantomeno, il coordinamento delle varie scuole di pensiero non può non passare attraverso la rielaborazione e la rivisitazione necessarie a determinare quei nuovi parametri di pensiero in grado di costituire la testuggine ideologica da contrapporre alla Globalizzazione. La lezione dei passati totalitarismi può, in questo, essere illuminante.
Lo Stato può e deve tornare a ricoprire un ruolo etico, nel suo compito di rieducazione e mobilitazione delle masse, senza però assumere le vesti di un asfissiante ed onnipresente Moloch, grazie anche alla nuova presa di coscienza che dall’ultimo quarto di secolo in poi, si è venuta formando grazie a tutti quei movimenti che si richiamano al localismo, al federalismo o al bio regionalismo. La stessa analisi marxista sulla conflittualità sociale assieme al concetto di alienazione, può farsi utile metafora per meglio inquadrare ed organizzare la lotta agli aggregati ed ai gruppi sociali che presiedono all’azione del Globalismo, senza per questo ricadere nella trappola di un omologante ed utopico pauperismo.
Del pari, gli stimoli determinati dall’irrazionalismo vitalista e dal suo omologo e contrario spiritualismo tradizionalista, debbono essere assunti quale spinta ed incentivo a fruire della vita e della realtà circostante, al pieno delle possibilità determinate dalla propria individualità, imperniando però tale azione su un nucleo forte di valori.
Tutto questo, però, senza portare all’esasperato e superomistico individualismo anarcoide né alla settaria chiusura nelle malinconiche “torri d’avorio” tanto care a certi ambienti tradizionalisti. Lo stesso termine “capitalismo” dovrebbe subire una rivisitazione ed una più esatta e funzionale collocazione, per i quali sarebbe però necessario svolgere un lavoro a parte. Ci basti  però sapere che una cosa è l’incontrollato accumulo ed accaparramento di risorse finanziarie, altro è una libera iniziativa in economia che permetta all’individuo di poter fruire di sane e gratificanti soddisfazioni economiche e spirituali, senza scadere nella folle alienazione di una società unicamente legata al trend delle borse ed alla mitopoietica della pubblicità televisiva.
Mai l’arroganza del capitalismo, sorretta dalla folle idea della privatizzazione e della mercificazione dell’umana esistenza è arrivata a tanto. Per questo, oggi più che mai, è necessario saper ritrovare la capacità di saper tradurre le elaborazioni ideologiche in prassi politica, tenendo però ben presente la dinamica sociologica che deve sovrintendere a questo genere di azione, non più demandabile alla solipsistica ed auto celebrativa azione di qualche capetto o alle aspirazioni poltronaie di qualche bastardo fallito che, nella politica vuole trovare la propria fonte di sostentamento economico.
La situazione della post modernità, in cui le istanze politiche dell’antagonismo non riescono a tradursi nell’immediato in un’unica forma di “praxis” politico ideologica, a causa dello scenario di molteplice fluidità delle istanze, tipico della post modernità, ci suggeriscono una strategia che parta dall’azione ideologico-programmatica di un vero e proprio arcipelago di equipes di paretiana memoria a cui dovranno fare riferimento altrettanti gruppi operativi, preferibilmente provenienti dal mondo dell’associazionismo.
Il motivo conduttore è quello dello scardinamento del capitalismo globale, partendo proprio dal suo primo e più debole tassello: l’Europa. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, i poteri forti d’Oltreoceano tengono molto alla stabilità del sistema Euro e del circo equestre di Bruxelles. Qualunque colpo alla sua stabilità si ripercuoterebbe negativamente sugli “assett” finanziari determinati dalla stretta interrelazione propria del capitalismo globale.
Per questo sputtanare, denunciare, smascherare, è, oggi più che mai, fondamentale, accanto ad un continuo lavoro di elaborazione. Rielaborazione e controinformazione, senza alcun compromesso con le forze collaborazioniste del Globalismo, di destra o sinistra che esse siano. Per quanto assurdo possa sembrare, quanto testè detto dalla Fornero dovrebbe renderci felici, poiché nel gettare definitivamente la maschera di ipocrita buonismo tipica della melassa culturale tardo-progressista, ci fornisce a tutti un ulteriore e più marcato incentivo per imprimere un colpo di acceleratore alla lotta al Mondialismo ed a tutte le sue espressioni.
Umberto Bianchi

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