Germania, il piano in sei punti per lo sfruttamento dei lavoratori in Europa



Peter Schwarz 
Tradotto da  Anna Moffa
Editato da  Curzio Bettio

È ormai prassi comune distruggere i salari e i diritti dei lavoratori, avviando procedure fallimentari. Il caso più noto è quello del colosso usamericano dell’industria automobilistica General Motors, che ha licenziato 30.000 lavoratori, ha dimezzato i salari dei nuovi assunti, e ha tagliato i benefici dei pensionati. Se il governo tedesco seguirà questa via, questa procedura verrà applicata a interi paesi. Secondo un rapporto della rivista Der Spiegel, la cancelleria di Berlino ha elaborato un piano in sei punti per “riforme strutturali” di vasta portata in Grecia e in altri paesi fortemente indebitati dell’Unione Europea.
Il piano prevede la vendita delle imprese statali, lo smantellamento dei diritti di tutela dell’occupazione, la promozione di settori del lavoro a basso salario, la rimozione dei vincoli sulle imprese, e la creazione di zone ad economia speciale e agenzie di privatizzazione sul modello della tedesca Treuhand.
Il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert non ha confermato il piano, ma nemmeno lo ha negato. Secondo Der Spiegel, il piano costituirà la base per i negoziati al cosiddetto “summit sulla crescita” dell’Unione Europea a fine giugno. Der Spiegel scrive che la cancelliera Angela Merkel accoglierà la richiesta di una politica di crescita dal neoeletto presidente francese François Hollande, “applicando il principio dei combattenti di judo: utilizzare lo slancio dell’avversario per sferrare il proprio attacco”.
 
Se la Merkel seguirà la sua linea, la “crescita” sarà realizzata interamente attraverso lo sfruttamento intensivo dei lavoratori e non con un eventuale piano di rilancio economico o con l’aumento delle spese sociali. Lei ritiene che Hollande sarà aperto a queste proposte, in quanto il vertice UE avrà luogo dopo le elezioni parlamentari francesi del 17 giugno e il nuovo presidente francese non sarà più condizionato dalle opinioni degli elettori o dalle sue promesse elettorali.
Il governo tedesco sta cercando di imporre livelli di sfruttamento simili a quelli attualmente esistenti solo nei paradisi del lavoro a basso costo dell’Europa orientale e asiatici come la Cina e il Vietnam. Le zone ad economia speciale hanno svolto un ruolo cruciale nel far emergere la Cina come la più grande fabbrica di sfruttamento del mondo. Queste zone libere esentano le imprese dal pagamento delle tasse o dall’osservanza delle disposizioni ambientali e degli standard di lavoro, riducendo i lavoratori allo status di poveri schiavi industriali.
 
Il modello per le agenzie di privatizzazione raccomandato dagli esperti presso la Cancelleria è la Treuhand, che ha distrutto il paesaggio industriale della Germania dell’Est dopo il crollo del regime stalinista nel 1989. Gestita da confidenti delle grandi imprese affaristiche e delle banche accuratamente scelti e senza rispondere ad alcun organismo democratico, la Treuhand ha deciso il destino di milioni di persone. Ha svenduto 8.500 imprese con 45.000 impianti a prezzi stracciati o semplicemente le ha chiuse. È rimasta solo una piccola frazione degli originali 4 milioni di posti di lavoro nell’industria.
 
Il piano in sei punti elaborato dalla cancelleria è incompatibile con la sovranità nazionale o la democrazia. Il quotidiano Tagesspiegel ha intervistato vari esperti tedeschi di economia che sono stati brutalmente sinceri nell’esprimere le loro opinioni sulle prospettive future per la Grecia.
Thomas Straubhaar, direttore dell’Istituto di Economia Internazionale di Amburgo, ha chiesto l’istituzione di un “protettorato europeo” sulla Grecia. Ha detto che qualunque sia l’esito delle prossime elezioni del 17 giugno in Grecia, il paese resterebbe uno “Stato fallito”, senza “la forza di ricominciare da sola.”
Il termine “protettorato” evoca ricordi orribili. L’imperialismo britannico si riferiva alle sue ex colonie come protettorati quando consentiva a burattini locali, come in Egitto e in diversi emirati del Golfo, di giocare a fare i capi di Stato. Nel periodo antecedente la Seconda guerra mondiale il termine divenne famoso dopo l’occupazione nazista della Cecoslovacchia e la creazione del Protettorato di Boemia e Moravia.
 
Il fatto che questo termine venga re-introdotto nel vocabolario ufficiale rivela ciò che i circoli dirigenti della Germania e dell’Europa hanno in mente. Il dibattito sulle zone ad economia speciale e sui protettorati si svolge sullo sfondo di un peggioramento della crisi economica.
Come risultato del programma di austerità dettato dalla troika - UE, Fondo monetario internazionale (FMI) e Banca centrale europea (BCE) – l’economia greca è in caduta libera. Il paese è ora al suo quinto anno di recessione. Le piccole e medie imprese sono al collasso. L’associazione dei piccoli e medi imprenditori prevede che, solo quest'anno, 61.000 imprese chiuderanno, si perderanno 240.000 posti di lavoro. L’industria del turismo, che rappresenta uno su cinque dei posti di lavoro greci, ha visto una perdita di entrate del 45 per cento nell’ultimo anno.
 
Le banche del paese sono al collasso, perché i mutuatari non possono più rimborsare i loro prestiti e gli investitori e i correntisti stanno ritirando i loro soldi. Gli esperti parlano di un assalto “al rallentatore” alle banche che minaccia di propagarsi alla Spagna e in Italia. Dall’inizio della crisi, privati cittadini e imprese hanno ritirato 63 miliardi di euro dai conti greci, vale a dire, un terzo dei depositi totali. Dalla metà dello scorso anno, 100 miliardi di euro sono stati ritirati dalle banche spagnole e 160 miliardi di euro dalle banche in Italia.
 
In queste circostanze, la classe dirigente sta arrivando alla conclusione che non può più permettersi il lusso della democrazia. Funzionari importanti come il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble e la direttrice generale del Fondo Monetario Christine Lagarde minacciano il popolo greco di immediata bancarotta dello Stato se il 17 giugno voterà a favore di partiti che chiedono un ammorbidimento delle politiche di austerità dettate dalle banche attraverso la troika.
Allo stesso tempo, l’Unione Europea si prepara alla bancarotta nazionale greca e all’uscita della Grecia dall’euro. L’Euro Working Group, un comitato dei ministri delle finanze di tutti i 17 paesi dell’area euro, ha dato istruzioni a tutti i governi di preparare piani di emergenza per un’uscita della Grecia dall’euro. Nella stessa Grecia, la classe dirigente sta preparando segretamente piani per utilizzare l’esercito per schiacciare l’opposizione popolare alle misure di austerità.
 
La Grecia non lascia dubbi su cosa deve affrontare la classe operaia in tutta Europa. Quasi quattro anni dopo lo scoppio della crisi finanziaria globale, le strutture democratiche sono al collasso ed i rappresentanti delle élite finanziarie e societarie stanno difendendo il loro dominio con attacchi interminabili contro i salari, i posti di lavoro e i programmi sociali.
La classe operaia può contrastare questa offensiva solo serrando i ranghi a livello internazionale e lottando per un programma socialista. Il compito non è quello di riformare l’Unione europea, ma di mobilitare la classe operaia per abbattere questa Unione e sostituirla con gli Stati Uniti Socialisti d’Europa. 




Per concessione di Tlaxcala
Fonte: http://www.wsws.org/articles/2012/may2012/pers-m30.shtml
Data dell'articolo originale: 30/05/2012
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=7479 

 

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