Monti e Obama alla Casa Bianca con Goldman Sachs nel cuore

Il governo coloniale italiano va a prendere istruzioni in madrepatria.  ( ndr)
fonte: www.rinascita.eu
Il capo del governo tecnocratico incontra oggi il presidente Usa che gli chiederà il sostegno italiano contro Siria ed Iran
di: Filippo Ghira [1]
f.ghira@rinascita.eu [2]
Goldman Sachs è il nome che per forza di cose aleggerà nelle stanze della Casa Bianca dove Mario Monti oggi incontrerà Barack. Obama. Della banca d’affari statunitense-inglese, l’attuale presidente del Consiglio è stato infatti consulente. Mentre il maggiordomo di Wall Street ne è stato finanziato abbondantemente nella sua campagna elettorale prima per ottenere la nomination democratica e poi per vincere le presidenziali del 2008. Un favore che Obama, una volta eletto presidente, si è affrettato a ricambiare con diversi miliardi di dollari che hanno permesso ai banditi per eccellenza di Wall Street di salvarsi dal fallimento.
Certo la Goldman Sachs non è stata l’unica banca d’affari e di speculazione ad essere salvata ma sicuramente è quella più conosciuta e quella che il cittadino medio Usa associa alla più schifosa e odiosa speculazione. E’ quanto mai paradossale che Obama arrivato alla presidenza sulla scia dell’ostilità dei cittadini verso il mondo di Wall Street, responsabile della crisi finanziaria del 2007-2008, che generalmente viene associato ai repubblicani, si sia poi trasformato nel più acceso servitore di quegli ambienti. In realtà i democratici Usa sono stati sempre legati a filo doppio agli ambienti finanziari e lo dimostra l’altissima presenza nell’amministrazione Obama di ex alti dirigenti di banche, con una inquietante preponderanza di uomini appunto della Goldman Sachs. Per Monti e Obama insomma ci sono tutte le premesse per una intesa solida. Se sarà duratura dipenderà invece da quanto resisterà il professore della Bocconi a Palazzo Chigi. Ma vista la scomparsa della politica dal panorama italiano le speranze che il governo tecnocratico possa cadere sono attaccate ad un filo molto esile.
In una intervista rilasciata al Wall Street Journal, Monti ha difeso l’euro che, a suo avviso, avrebbe dimostrato di essere una moneta solida e credibile malgrado la crisi del debito pubblico. Una moneta che nei prossimi anni è destinata a rafforzarsi e che per tale motivo verrà adottata da altri Paesi europei, oltre ai 17 attuali. Poi, tanto per sottolineare che in Europa come negli Usa comandano le banche, Monti ha giudicato positivamente la decisione della Bce di offrire finanziamenti triennali alle banche dell’area euro. Soldi che nelle intenzioni originali sarebbero dovuti servire alle banche non per ricapitalizzarsi ma per fare prestiti ai cittadini e alle imprese. Una svolta che sinora si è vista molto poco.
Monti in ogni caso, come tanti altri tecnocrati e banchieri, e più in generale come tanti araldi del Libero Mercato, la famigerata popperiana “società aperta”, vede con timore la possibilità che la crisi in corso possa provocare un ritorno del nazionalismo in economia. La crisi, ha notato, ha riportato alla luce vecchi fantasmi sui pregiudizi tra il Nord e il Sud dell’Europa e molto risentimento reciproco.
Una ipotesi preoccupante per chi come Monti, o Obama, non sogna altro che un grande mercato globale sul quale possano essere spostati a piacimento, materie prime, merci, prodotti finiti, capitali e forza lavoro. Il sogno da sempre degli ambienti finanziari transnazionali che vogliono moltiplicare i profitti ed aumentare il proprio potere con l’abbattimento delle frontiere, con la fine delle singole sovranità nazionali e con la nascita di un governo mondiale che di fatto sarà sotto il loro controllo. Un traguardo che a Wall Street e alla City londinese non hanno mai nascosto di voler raggiungere e che ovviamente dovrà passare attraverso sopra la pelle dei popoli e dei cittadini condannati ad essere legalmente derubati.
Monti ha infatti affermato che i  sacrifici, da lui definiti “necessari”, che gli italiani dovranno affrontare non sono una imposizione di Bruxelles o della Germania o della Bce ma sono un passo necessario nell’interesse dell’Italia, degli italiani stessi e delle future generazioni. Come le tasse sulle case per punire gli italiani di avere investito sul mattone piuttosto che nei titoli di società e di banche suggerite dai giornali confindustriali, legati ad entrambe da incroci azionari o da finanziamenti in virtù dei quali i conflitti di interesse si sommano alle truffe vere e proprie, come dimostrano i casi Cirio e Parmalat. O come le nuove norme in materia di lavoro che cancelleranno i diritti di operai ed impiegati e che trasformeranno il lavoro in merce all’insegna del precariato e della flessibilità. Un’azione che a Monti ha già meritato (si fa per dire) il plauso di tutti gli organismi internazionali che sbavano solo a sentir parlare di Libero Mercato.
Il capo del governo spera che la Grecia non fallisca ma se succedesse, ha fiducia che l’Italia sia vista dai mercati, dalle istituzioni europee e dalla comunità (finanziaria) globale come un Paese che, in pochi mesi, con lui alla guida, ha assunto “serie” misure strutturali per il consolidamento di bilancio e riforme strutturali per la crescita. Come successo con David Cameron, l’anglofono Monti si troverà quindi d’accordo con Obama nel criticare la Merkel che in questa fase sembra preoccupata soltanto di imporre la sua austerità dei conti pubblici infischiandosene del resto.
Ma i due Goldman Sachs dipendenti parleranno anche di politica internazionale, di Iran e di Siria con Obama che vorrà convincere Monti a sostenere le azioni Usa, anche quelle militari, contro i due Paesi, da mesi sotto il tiro concentrico degli Usa e di Israele.

Commenti