Lasciamolo crollare







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Prima che siano gli Italiani, l’Italia, a crollare. Merkel, Sarkozy e la Bce reggano da soli l’economia Usa

“Crolla l’euro!” Lasciamolo crollare


Spesso non occorrono grida di dolore, né appelli accorati, men che meno richiami all’unità fondati su barcollanti piattaforme di comune sentire: quanto oggi unisce in Italia e in Europa gli uomini liberi d’ogni bandiera è un grido d’allarme e di emergenza continentale: no all’usura, no alle banche.
La potenza - per ora disordinata e impulsiva - di questo grido è resa devastante da una evidente universalità: non c’è piazza al mondo in cui non si sia levata voce contro un liberismo terrifico che, rimossa la consunta maschera di “dispensatore di prosperità” con cui ha drogato i popoli, mostra la sua realtà di macelleria sociale. Questo universale moto di condanna è sia la più grande forza e sia la più grande condanna politica per il nascente fronte comune degli oppositori alla nuova plutocrazia internazionale.
Le sirene d’Ulisse sono in agguato, perfide e ammalianti. Sono camuffate da residuati bellici delle vecchie sinistra e destra radicale che si ostinano a definirsi “antagonista”. Una “sinistra” radicale che ha come faro non meglio precisati “diritti”, che si sbraccia per lo ius soli, che non perde occasione per ricordarci che il nemico non sono soltanto le banche e la grande finanza, delle quali omette di nominare il “vertice”, ma anche la Nestlé, la Tav, la musica oi, il Centro per l’impiego o il... nazifascismo. Si atteggiano a schiere colorate, a gioiosa macchina da guerra: ma è la più mesta euforia dei naufraghi. Come in agguato sono le sirene della destra radicale, ameni rottami della reazione che, quando si dimenticano di evocare lo spauracchio “comunista”, si dichiarano “oppositori del sistema” e li si sente cianciare di “ritorno alla lira”, di “ruolo dell’Italia”, ma il loro modello resta l’impero... anglo-americano. Dicono, a ogni piè sospinto, “uscire dall’euro”; si chiede loro il perché e balbettano ostici termini mal-compresi.
Fanno sentire la loro voce anche i geopolitici d’ogni risma, così attenti alle ultime dichiarazioni del viceministro della sanità kazaco o alle posizioni di una certa commissione governativa riunitasi a Canton, ma che non hanno la stessa disinvoltura a interessarsi di giustizia sociale. Hanno scoperto la “scienza unica”, ma dietro discorsi odoranti di biblioteche polverose e di scarico di Trabant non si accorgono di fondare la loro teoria sul gioco del Risiko: io ho più carri armati dei cattivi, quindi sono buono; la libertà si riduce a un south stream, e la liberazione profuma di banconote in yuan.
Noi no. Non siamo una sinistra che ammicca alle “soluzioni concordate” con la Fed e che si lava la coscienza col multiculturalismo. E ovvio è che nulla abbiamo a che spartire con la destra dei “necessari sacrifici” o della “memoria” fine a se stessa.
E’ nostro dovere, etico e storico, svincolare la dissidenza da chi vuole indirizzarla su binari morti. Siamo accanto a chi grida nelle piazze: “libertà!”, oppure “un altro mondo è possibile!”, oppure “il domani appartiene a noi!”. Ma siamo altrettanto consapevoli che occorra loro ricordare che quella libertà cui si anela, quel mondo che si auspica, quel domani che ci appartiene, non potranno che essere socialisti e nazionali.http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=11770

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