E adesso gli Angli vogliono affondare l’Euro

GLI ANGLOSASSONI DICHIARANO GUERRA ALL’EUROPA! Questo é solo il primo attacco.

Notizia dell’ultim’ora: il governo inglese attraverso i consolati invita i cittadini inglesi residenti UE a liberarsi dell’Euro e prepararsi al peggio.

Abbiamo ricevuto in redazione comunicazione da parte di cittadini inglesi che conosciamo personalmente sulla presunta fine dell’Euro. La riteniamo una manovra vera messa in atto dal governo inglese, depistante e propedeutica al desiderio di caduta dell’Euro che gli anglosassoni hanno in programma da quando hanno subìto la moneta unica europea. Ci riusciranno? Dipenderà da quanto panico riusciranno a provocare.

Il nostro umile parere é il seguente: fino a quando non avremo chiuso la bisca finanziaria e adottato una nostra moneta, l’Euro rimane l’unica ancora di salvataggio. Ficchiamocelo in testa. Lo diciamo anche se siamo i primi ad esserne insofferenti come avrete ben capito dalla nostra pubblicità data ai buoni locali, al localismo, alla sovranità nazionale. Ricordiamoci: quello che va bene per gli anglo-israelo-americani non va bene per l’Europa.
Tuttavia in questo momento dobbiamo mantenere i nervi saldi e non cadere nella trappola inglese.

A seguire una delle mail ricevute al riguardo ieri sera, domenica 27/11/2011 alle ore :

Scusate il disturbo a quest’ora, occhio alle prossime ore o ai prossimi giorni, il governo inglese ha comunicato ai suoi cittadini che vivono nella zona Euro di cambiare la loro moneta in Sterline o addirittura se hanno somme di denaro consistenti di ritirarle ma sempre in Sterline, a quanto sembra il Crasch dell’Euro è imminente.
saluti

A tutti i bloggher amici chiediamo di non prestarsi al terrorismo psicologico preparato dagli inglesi e dalle agenzie di rating angloamericane, loro voci e di smascherarne le intenzioni destabilizzanti. Questo é il terrorismo più distruttivo di ogni bomba.

A seguire un articolo di Lettera32

Requiem per l’euro

Crisi, banche Usa: un piano in caso di crollo della moneta unica

Link

Per riuscire a sopravvivere, bisogna anticipare gli scenari. Prevedere le possibili posizioni sulla scacchiera e preparare le contromosse vincenti. Se la partita è quella del mercato finanziario globale, il ruolo dell’alfiere è affidato alle banche. Per questo i più importanti istituti di credito del mondo si stanno preparando al peggio: il disfacimento dell’Eurozona. I dossier dedicati alla morte dell’euro sono conservati nei cassetti di numerosi uffici con le pareti a finestra nel centro di New York. O di Tokyo. O di Londra.
 Il New York Times il 26 novembre ha inanellato una lista di tutto rispetto:  Merrill Lynch, Barclays Capital, e Nomura hanno pubblicato decine di rapporti in settimana nei quali esaminano la possibilità di una disintegrazione dell’Area euro.
SE CROLLANO I BUND. Ma anche nel Regno Unito, Royal Bank of Scotland ha messo a punto piani di emergenza nel caso in cui l’impensabile diventi realtà. Negli Stati Uniti le autorità di regolamentazione hanno spinto le banche, fra le quali Citigroup, a ridurre la loro esposizione verso il Vecchio continente. La tendenza ad abbandonare le riserve nella moneta unica, poi, preferendole anche sterlina e yen, è registrata ormai da mesi.
«Al crescente coro di osservatori che teme che il crollo dell’Eurozona sia a portata di mano, Angela Merkel ha risposto a chiare lettere: è uno scenario che non potrà mai verificarsi. Ma alcune banche non ne sono più così sicure», è scritto nell ‘editoriale del Nyt, «in particolare perché la crisi del debito sovrano ha minacciato di investire la stessa Germania questa settimana, quando gli investitori hanno iniziato a mettere in dubbio il rango di principale pilastro della stabilità europea del Paese». Il punto di rottura è stata l’asta dei Bund di Berlino, disertata, anche a favore di titoli di Stato più a rischio, quindi più redditizi dal punto di vista dei tassi di interesse, come i nostri Btp a due anni.  La conclusione è lapalissiana: un ‘Europa che continua a viaggiare a due velocità rischia di spezzarsi in due.
IL CONTAGIO AL CENTRO. Che il contagio stia iniziando a toccare anche i Paesi core dell’Unione, l’ha dovuto ammettere di fronte ai deputati italiani anche il rigoroso finlandese Olli Rehn, supercommissario per gli Affari economici e, da quando è iniziata la malattia, anche per la Moneta unica. Del resto, è il ragionamento del quotidiano americano: «Ieri (25 novembre ndr), Standard & Poor’s ha ridimensionato il rating del Belgio da AA+ ad AA, evidenziandone l’impossibilità di ridurre in tempi rapidi il fardello del debito. Le agenzie di rating hanno inoltre avvertito che la Francia potrebbe perdere il suo rating AAA se le proporzioni della crisi aumentassero. Giovedì 24 erano inoltre stati abbassati i rating di Portogallo e Ungheria, accostati a spazzatura. Mentre i leader europei sostengono che non ci sia ancora bisogno di approntare un piano B, alcune delle principali banche mondiali, e i loro supervisori, stanno predisponendo proprio questo».

Nomura: «Il crollo dell’euro è più probabile che possibile»

(© Getty Images) Lo scheletro dell’euro in piazza Syntagma.
«La crisi finanziaria dell’Eurozona è entrata in una fase ben più pericolosa» hanno scritto venerdì gli analisti della Nomura. «A meno che la Banca centrale europea intervenga per aiutare dove i politici hanno fallito, un collasso dell’euro al momento sembra più probabile che possibile», hanno osservato dalla banca nipponica. Chiarendo una volta per tutte che è stata la paura e la fine della pazienza a spingere il presidente della commissione europea José Manuel Barroso a ribattere per la prima volta alla cancelliera Angela Merkel sulla faticosa questione degli eurobond, che divide le due sponde del Reno e su cui anche al vertice trilaterale di Strasburgo non si è trovato un accordo.
Non tutti, del resto, sono convinti dell’emergenza. «Le banche dei grandi Paesi dell’Eurozona che solo recentemente sono stati infettati dalla crisi non sembrano essere così agitate. Banche in Francia e Italia in particolare», ha rilevato il giornale della Grande Mela, «non starebbero creando piani di backup». Anche se hanno visto aumentare di giorno in giorno il rischio del credit crunch. Nonostante abbiano iniziato a chiedere prestiti alla Bce, che ha messo a punto un programma di finanziamenti illimitati a tre anni. Loro no, sembrano impreparate o tenacemente fiduciose.
INTESA NON PREVEDE CRISI. «Sebbene banche come BnpParibas, Société Générale, Unicredit e altre hanno recentemente scaricato decine di miliardi di euro di debito sovrano europeo, il pensiero è che ci sono pochi motivi per fare di più». «Mentre negli Stati Uniti vi è chiaramente una visione che l’Europa può naufragare, qui, crediamo che l’Europa deve rimanere così com’è», ha detto un banchiere francese, non autorizzato a parlare ufficialmente.
Andrea Beltratti, presidente del consiglio di amministrazione di Intesa San Paolo, ha spiegato ai giornalisti Usa che quando a marzo la banca ha valutato diverse situazioni in preparazione per il suo piano strategico 2011-13, nessuna si basava sul possibile crollo dell’euro. La situazione è cambiata, profondamente, ma niente: «non abbiamo rivisto il nostro scenario».
PAGATE IN DRACME, DANKE. «Mr. Beltratti», come lo chiama il New York Times, si è detto consapevole che le banche in caso di «nervosismo» sarebbero le prime del branco, le prime a lottare per sopravvivere. Intesa Sanpaolo, ha sottolineato il banchiere, è stata «molto attenta» dal punto di vista «della liquidità e del capitale», con un aumento di 5 miliardi a primavera.
«Mr. Beltratti», insomma, si è dichiarato ottimista, la «signora» Merkel si è detta pronta a raddoppiare gli sforzi per ottenere una maggiore unità fiscale e politica. Eppure i miscredenti sono dentro i confini dell’Eurozona, peggio, sono al cuore. Tui, il gigante del turismo tedesco, ha di recente spedito una lettera alle catene alberghiere della Grecia chiedendo che i contratti vengano rinegoziati per tutelarli da eventuali perdite se Atene uscisse dalla moneta unica. Quindi pagate in dracme, danke. Una mossa veramente imprevedibile.

Sabato, 26 Novembre 2011
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